James Conlon racconta Onegin
Pëtr Il’ič Čajkovskij nel 1877 iniziò a pensare di scrivere un’opera intimista, quasi una commedia borghese; un’opera molto differente da quelle che gli avevano assicurato il successo come Opričnik del 1872 o Kuznec Vakula (Il fabbro Vakula) di due anni più tardi. I teatri russi, in quegli anni, erano impegnati con una programmazione orientata al grand-opéra ma Čajkovskij era incuriosito da un genere diverso; sentiva l’esigenza di portare nell’opera russa un carattere meno eroico o favolistico e più intimo e crepuscolare. Iniziò a leggere il “romanzo in versi” Evgenij Onegin di Aleksandr Sergeevič Puškin su suggerimento della cantante Elizabeta Lavrovskaja. Rimase colpito dal personaggio di Tatjana, giovane introversa e sognatrice, scelse perciò dal romanzo di Puškin l’episodio dell’amore della fanciulla di campagna per il dandy snob che arrivava da Mosca a turbare i suoi sogni e le sue fantasticherie letterarie.
Convintissimo di dover cambiare le convenzioni dei teatri russi Pëtr chiedeva cantanti molto preparati ed in grado di recitare, voleva che il coro interpretasse la parte assegnatagli e non essere “un gregge di pecore”, suggeriva scene e costumi non sfarzosi ma adatti alla vicenda e una direzione d’orchestra non solo attenta alla tecnica. Il lavoro di scrittura di Evgenij Onegin fu molto travagliato a causa della triste vicenda del disastroso matrimonio con Antonina Ivanovna.
“L’opera certamente non avrà un contenuto molto drammatico, ma l’atmosfera sarà incantevole. Quanta poesia v’è nel soggetto, per esempio nella scena di Tatjana con la nutrice. E’ tanto bella” Così Pëtr, a giugno del 1877 scriveva a Nadežda Filaretovna von Meck, la sua generosa mecenate che lo sostenne economicamente per anni senza mai incontrarlo, ma con la quale intratteneva una fittissima corrispondenza.
Finalmente riuscì a completare l’opera, si trovava a Sanremo era il primo febbraio 1878. Come desiderava l’autore la prima di Evgenij Onegin si tenne non in un grande teatro ma al Teatro Malyi di Mosca il 29 marzo del 1879, con il coro l’orchestra e gli allievi di canto del Conservatorio, direttore Nikolaj Rubinštejn il fratello minore di Anton.
Il pubblico rimase perplesso, turbato dalla scelta di Čajkovskij che aveva osato modificare il romanzo di Puškin, il poeta russo per eccellenza. I suoi colleghi musicisti furono divisi nel giudizio.
Il grande successo arrivò però il 23 gennaio 1881 alla prima di Evgenij Onegin al Teatro Bol’šoj a Mosca.
Eugen Onegin torna sulle scene del Teatro dell’Opera di Roma dopo 19 anni; nel maggio del 2001 andò in scena – per la prima volta in lingua originale – con protagonista Dalibor Jenis, il Principe Gremin era Nicolaj Ghiaurov, Tatjana era la splendida Mirella Freni. A lei, che è scomparsa pochi giorni fa, sarà dedicata questa produzione storica con la regia che Robert Carsen creò per il Metropolitan Opera di New York nel 1997. A Roma l’opera più popolare di Čajkovski si era vista e ascoltata in italiano nelle tre volte precedenti nel 1965, 1975 e 1981. Dopo la prima dell’Eugen Onegin a Roma il 16 febbraio 1965, diretta da un trentacinquenne Lorin Maazel che curò anche la regia, il poeta Giorgio Vigolo scrisse in “Mille e una sera all’Opera e al Concerto”:
l’importanza dell’avvenimento merita di essere sottolineata poiché essa segna un passo avanti di incivilimento e di sprovincializzazione della nostra cultura operistica…
Il direttore di questo allestimento sarà James Conlon che torna a Roma dopo cinque anni, dal 2015 quando diresse Pique Dame con la bellissima regia di Richard Jones.
Markus Werba e Saimir Pirgu Lensky entrambi debuttano nelle parti di Onegin e Lensky
Abbiamo incontrato il maestro Conlon e sentiamo cosa ci ha detto.
«E’ la mia quarta produzione di Evgenij Onegin che dirigo e più passa il tempo più amo Čajkovskij. E’passato tanto tempo da quando studente, per puro snobismo, non lo apprezzavo»
- Maestro Conlon che opera è Evgenij Onegin? Čajkovskij desiderava comporre qualcosa di diverso dalle opere che erano abitualmente in repertorio nei teatri in Russia; dopo Onegin c’è un vero cambiamento? Un’opera che apre una strada nuova per i musicisti russi?
Se penso a qualcuno che ha aperto una nuova strada per l’opera, non soltanto in Russia ma in Europa, penso a Mussorgskji. Certo Čajkovskij e Mussorgskji non potevano andare insieme però avevano una cosa in comune, tutti e due volevano interpretare e rappresentare la cultura russa attraverso la musica classica. Non c’era alcuna concorrenza tra i due, venivano da due concezioni assolutamente distanti…
- Čajkovskij era accusato dai colleghi di comporre musica europea, troppo vicina allo stile occidentale…
Assolutamente, lui ha voluto usare la sintassi musicale europea: ha scritto sinfonie in quattro movimenti, concerti per pianoforte e violino, quartetti… tutto con la struttura della musica occidentale. Verissimo, ma dal suo punto di vista ha portato l’anima e lo spirito russo in queste forme. Lo stesso fece anche Dvorak che introdusse l’anima ceca negli schemi della musica europea d’Occidente. Mussorgskji invece volle introdurre gli schemi della musica russa e farli conoscere fuori del suo Paese, ha aperto il futuro così. Tutti e due comunque hanno voluto andare fino in fondo alla ricerca di un linguaggio che esprimesse la loro cultura.
- Čajkovskij per questa sua opera sceglie una vicenda tratta da un “romanzo in versi” di Puskin, non un dramma teatrale né si rifà ad un avvenimento storico della Russia… in che maniera la sua musica rappresenta una storia così intima?
Molte opere di grande valore sono sui generis. Sono le parole, i versi di Puskin che hanno ispirato il musicista. Lui ha cercato nel poema e lì ha trovato il senso da dare alla sua musica. L’opera non era stata commissionata a Čajkovskij da un teatro, è stata una sua esigenza. E’andato in cerca di una suggestione e infine l’ha trovata. L’opera però non è mai letteratura: il Don Carlos di Verdi è differente dal dramma di Schiller e questo è altra cosa dalla vicenda storica. L’opera deve giustificare sé stessa con la qualità della scrittura musicale, e Onegin è questo.
- I protagonisti?
Onegin è un po’ come Don Giovanni, non ha un’aria tutta sua canta assieme agli altri. Somiglia a Lord Byron, un dandy bello e crudele, sdegnoso e narcisista. Siamo attratti da lui ma non lo amiamo. Tatjana è il modello perfetto della donna russa e la scena della lettera è un capolavoro; è una ragazza che aveva il coraggio di amare un uomo e poi ebbe il coraggio di rifiutarlo.
Tutti i Russi conoscono a memoria il testo cantato dal soprano, persino gli orchestrali. Hanno studiato Puskin a scuola e cantano anche la musica di Čajkovskij; lui era certamente attratto dal personaggio della ragazza innamorata ma decisa, si identificava in lei così come si sentiva affine a Lensky il poeta romantico e sventurato. La sua aria è nel repertorio di tutti i tenori.
Anche il Coro di contadini e di cortigiani sono personaggi, come l’Orchestra che è onnipresente e non diventa mai accompagnamento, ogni volta assume il carattere di ciascun interprete.
Annarita Caroli
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