Jodie Devos: il mio Offenbach in equilibrio tra agilità e ironia
A poche ore dal concerto all’Auditorium “Pollini” nell’ambito della stagione 2018-2019 dell’Orchestra di Padova e del Veneto – in collaborazione con il Palazzetto Bru-Zane – incontriamo Jodie Devos, soprano, che prosegue la tradizione dei “coloratura” francesi, impegnata in un programma tutto dedicato a Offenbach e fresca d’incisione del suo CD “Offenbach colorature”.
- Offenbach non richiede solamente delle agilità funamboliche, ma anche molta ironia. Come si conciliano queste due anime?
Ho tentato di comprendere al massimo il carattere di ciascun personaggio, di vedere ciò che si nasconde dietro al testo. Non è sempre facile riuscire a trasmettere completamente questa ironia nel disco; dunque ho cercato di trovare un giusto equilibrio tra il “bel canto” e il canto più vicino al parlato. E durante la registrazione bisogna esagerare abbastanza, perché sennò sul disco tutto questo rischia di sentirsi poco.
- Nel suo CD lei intrepreta una galleria di personaggi femminili offenbachiani molto variegata. Qual è il suo favorito e perché?
Amo moltissimo Ciboulette in Mesdames de la Halle. Magari avrà anche un’educazione contadina, ma è intelligente, sa come parlare agli uomini e come piacere alla gente. Ha un gran senso dell’umorismo e non si prende troppo su serio.
- Lei è una habituée delle stagioni del Palazzetto Bru Zane. Che ne pensa del lavoro che il Palazzetto svolge per la diffusione della musica romantica francese?
Sono felicissima di avere la fortuna di far parte dei privilegiati che difendono un repertorio dimenticato.
Per me il far riscoprire una musica ingiustamente dimenticata in un cassetto è diventata quasi una missione.
È importante avere persone appassionate come Alexandre Dratwicki, che portano un rinnovamento nel repertorio dell’Opéra francese.
Un vento fresco tra le Manon, i Roméo et Juliette e le Carmen, che comunque non saranno assolutamente oscurate da queste novità. Tuttavia penso che sia molto importante che il pubblico possa lasciarsi di nuovo sorprendere.
Alessandro Cammarano
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