LA BOÎTE À JOUJOUX #1: La Wunderkammer di… Falstaff con Annalisa Stroppa

Benvenuti in questa nuova sezione di approfondimento, che andiamo ad inaugurare oggi. Essa prende il titolo dal celebre “Ballet pour enfants” di Claude Debussy e vuole essere una vera e propria “scatola dei giocattoli” nella quale ci troveremo tutti immersi, per scoprire così insieme le “camere delle meraviglie” di artisti, opere, testi teatrali e tutto quello che riguarda la musica, il teatro, l’arte. Non mi resta che augurarvi buon divertimento e buona lettura, e dulcis in fundo ringraziare Alessandro e Matteo per avermi voluto coinvolgere in questa splendida avventura, che affronterò con gioia, dedizione e passione.

Mirco

                                                                                                    mircomichelon.regista@gmail.com

Annalisa Stroppa, mezzosoprano bresciano, è un’artista poliedrica a tutto tondo. La sua carriera si è solidificata nel tempo grazie al lavoro con direttori del calibro di Bruno Campanella, Paolo Carignani, Riccardo Chailly, Ottavio Dantone, Zubin Mehta, Riccardo Muti, Stefano Montanari, Renato Palumbo, Daniele Rustioni, per fare qualche nome, e registi come Massimo Gasparòn, Terry Gilliam, Alvis Hermanis, Kasper Holten, Pier Francesco Maestrini, Leo Muscato, Pier Luigi Pizzi, Emilio Sagi, Adriano Sinivia e tanti altri. Oggi avremo modo di aprire la nostra Boîte à Joujoux e svelare, grazie proprio ad Annalisa, la Wunderkammer dell’opera Falstaff, in particolare guardando all’allestimento realizzato da Damiano Michieletto, al quale la stessa Stroppa ha preso parte, nella recente tournée del Teatro alla Scala ad Astana.

 

Cosa significa per Annalisa Stroppa aver avuto modo di lavorare in questa produzione di Damiano Michieletto? Che interpretazione egli ha dato al suo “Falstaff”?

Lavorare con Michieletto è sempre un enorme piacere e sicuramente un grande onore aver preso parte, ancora una volta, a questa sua produzione di Falstaff, che reputo geniale, poiché si sposa perfettamente con il messaggio di Giuseppe Verdi. Va detto, che questa produzione è una ripresa di una mise en scéne del 2013, a Salisburgo, che è stata ripresa nel febbraio 2016 al Teatro alla Scala di Milano e ha avuto luogo in questi giorni ad Astana, in occasione dell’Expo 2017. L’accoglienza è stata splendida. Michieletto ha immaginato Falstaff come uno degli ospiti di Casa Verdi (non dimentichiamo che lo stesso compositore definisce questa casa di riposo, creata da lui stesso, la sua opera più bella), circondato da noi altri personaggi che facciamo parte del sogno di Falstaff (tutti impolverati, per indicare che veniamo dal passato): saliamo dalle botole, come venissimo da chissà dove, circondati dalla polvere del tempo, per far rivivere al protagonista la sua gioventù. Tutto questo vive di grande effetto grazie anche alle scene favolose di Paolo Fantin, ai costumi squisiti di Carla Teti e alle luci splendide di Alessandro Carletti. Ovviamente, tutto grazie anche alla compagnia splendida, dominata dal Falstaff per eccellenza Ambrogio Maestri, e ultima ma non meno importante la direzione del grandissimo Maestro Zubin Mehta. La regia è dinamica e accattivante, grazie a tutto l’amalgamarsi della parte musicale con quella scenica, che riproduce fedelmente gli ambienti della Casa Verdi di Milano; a tal proposito, mi sento anche di ricordare il gruppo di anziani che hanno preso parte alla produzione interpretando gli ospiti della stessa casa di riposo. Tutto questo caratterizza il sogno di Falstaff, che da il “la” a tutta quanta l’opera, fino alla “burla” finale.

Chi è veramente Meg Page per Annalisa Stroppa? Qual è la relazione che lei tesse con tutti gli altri personaggi?

Partirei dal dire che Michieletto ha pensato Meg Page come la più sognatrice delle quattro “allegre comari di Windsor”. Meg è un personaggio che si diverte, come del resto io stessa, che crea man mano che la vicenda va avanti una forte complicità con tutti gli altri personaggi che ruotano intorno a Falstaff. Aggiungerei, per quanto concerne la relazione di Meg Page con gli altri personaggi, che in un’opera come questa sia fondamentale un gioco di squadra, con l’unico scopo di divertirsi e, ovviamente, di divertire. Questo anche perché Falstaff si presenta come un’opera strumentale d’insieme; possiamo dire che Meg è una ventata di freschezza in questa tragicommedia nostalgica che mescola sorrisi e lacrime. La complicità che crea con Alice, Nannetta e Quickly, è sicuramente un grande gioco di teatro, necessario proprio per prendersi gioco dello stesso Falstaff.

Qual è il messaggio che questo allestimento vuole lanciare secondo Annalisa Stroppa?

Bella domanda. Penso che quest’allestimento di Falstaff esalti il messaggio finale di Giuseppe Verdi, in quanto mette in evidenza non tanto il lato comico dell’opera, ma quello malinconico. Viene ad accentuarsi l’aspetto umano, caratterizzato dallo svelarsi dei sentimenti dello stesso Falstaff, che manifesta sempre più un attaccamento alla vita. Credo che la morale che ci vuole lasciare Verdi sia quella di accettare “di buon grado”, citando quel che dice Ford, la propria condizione e gioire di quel che si ha, proprio perché “tutto nel mondo è burla”.

Esiste ai giorni nostri la tragicommedia di Falstaff?

Certo che esiste! Direi che può essere trasposta nella nostra vita di tutti i giorni, quando ci troviamo a mescolare le nostre gioie e le nostre lacrime, i nostri momenti di forza e le nostre debolezze, per fare un esempio. La vita stessa si presenta come una tragicommedia, è innegabile. Gli anziani possono insegnarci tantissimo, con la loro forza, la loro saggezza, la loro fierezza e anche la loro fragilità. Essi ci insegnano che nulla è per sempre e, nonostante oggi sia un mondo che va di fretta, con frenesia, quello che conta oggi è vivere ogni attimo a pieno. Vorrei a tal proposito sottolineare che la tragicommedia di Falstaff rispecchia a pieno il senso della vita, e questo allestimento ha davvero esaltato questo messaggio.

Mirco Michelon

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