L’avvio del Ravenna Festival dedicato a Pasolini

I primi quattro appuntamenti del 33° Ravenna Festival hanno offerto nell’arco di pochissimi giorni uno spaccato rivelatore del carattere della manifestazione, che fin da quando fu fondata da Cristina Mazzavillani Muti non ha mai inteso essere un’effimera parata di stelle, ma ha sempre aspirato a offrire in modo costruttivo proposte di differenti generi musicali e di varie discipline artistiche (e perfino sportive, in passato).

Il filo conduttore è la musica, e non soltanto quella “colta”, ma pari dignità nel programma hanno il teatro e la danza; ci sono incontri con studiosi, serate con protagonisti dello spettacolo e un turbinio di altre iniziative, centoventi quest’anno in un mese e tre settimane, che costellano la città con il suo territorio e ne sollecitano l’interesse e la partecipazione, richiamando anche un gran numero di spettatori da fuori.

C’è sempre un tema, per il Festival, e quest’anno è Pier Paolo Pasolini nel centenario della nascita. L’artista e intellettuale, discendente da parte di padre da un’antica e nobile famiglia ravennate, è celebrato sotto il titolo Tra la carne e il cielo. Le parole sono tratte dai suoi Quaderni Rossi, in un punto in cui Pasolini ricorda le lezioni di violino che gli impartì la slovena Pina Kalc, durante la Seconda guerra mondiale, e in cui si diffonde in particolare sulla Siciliana della Sonata n. 1 dedicata da Johann Sebastian Bach allo strumento. Sono parole che esprimono il dilemma esistenziale di Pasolini, legate al compositore che egli predilesse e che gli ispirò le pagine più profonde sulla musica.

Con un titolo analogo, …tra la Carne e il Cielo, Azio Corghi ha composto nel 2015, su commissione del Teatro Verdi di Pordenone, un ampio brano basato sulla drammaturgia poetica di Maddalena Mazzocut-Mis e dedicato alla violoncellista Silvia Chiesa; con lei e con gli altri interpreti della prima esecuzione, il soprano Valentina Coladonato e Maurizio Baglini al pianoforte, oltre a Sandro Lombardi voce recitante (a Pordenone era Omero Antonutti, purtroppo scomparso nel 2019), il lavoro è stato portato a Ravenna il 1° giugno per l’inaugurazione del Festival.

Sede, il Pala de André finalmente riaperto a un pubblico vastissimo: fino a 3300 persone, quelle che l’hanno affollato il 25 maggio per l’anteprima affidata a Ludovico Einaudi, che ha presentato al pianoforte, con il supporto in alcuni casi di un piccolo gruppo (Redi Hasa al violoncello, Federico Mecozzi violino e viola, Francesco Arcuri elettronica e percussioni), le musiche del suo cd Underwater.

Durante il concerto inaugurale, Daniel Harding ha diretto la portentosa Mahler Chamber Orchestra nel brano di Corghi, una partitura magistralmente articolata dove i piani sonori dei quattro solisti si stagliano ciascuno con caratteristiche proprie, ben definite, sulla trama orchestrale e nella quale si riconoscono diverse citazioni bachiane, soprattutto per quanto riguarda la parte del violoncello. Poi Harding ha affrontato con impeto ardente, sempre però saldamente controllato, l’Ouverture di Ludwig van Beethoven dalle musiche di scena per l’Egmont di Goethe e infine la Sinfonia n. 7, uno dei capolavori di Antonín Dvořák, di cui ha messo in risalto la sapiente struttura formale, il rutilare di spunti melodici e la brillante gamma timbrica. Grande successo.

Il giorno successivo, nel Teatro Rasi da poco riaperto al pubblico dopo una sostanziosa e proficua ristrutturazione, l’omaggio a Pier Paolo Pasolini e al suo amatissimo Bach ha visto la partecipazione del violinista Giuseppe Gibboni, vincitore l’anno scorso del Concorso Paganini, e di Ermanna Montanari, fondatrice del Teatro delle Albe con Marco Martinelli, il quale ha curato la drammaturgia della serata.

Alla provetta attrice, con il suo peculiare uso della voce, era affidato un percorso parlato su Pasolini con la lettura di suoi testi, mentre il violinista ha affrontato la Sonata n. 1 e le Partite n. 2 (quella della celeberrima Ciaccona) e n. 3. Gibboni, nato nel 2001, ha dalla sua parecchie qualità di primissimo ordine, tra cui l’intonazione impeccabile e la tecnica rifinita; ha chiaramente interiorizzato la lezione dei grandi maestri, ma la sua interpretazione di Bach è già molto personale e viene da chiedersi a quali vette potrà arrivare nel corso del normale processo di maturazione del musicista.

Si è passati al teatro il giorno dopo ancora, con la riscrittura di Uccelli di Aristofane realizzata da Marco Martinelli e affidata a sessanta bambini e adolescenti di Pompei, Torre del Greco e Napoli. Uno spettacolo toccante ed entusiasmante, in un’attualizzazione che fondeva l’umorismo e la serietà di temi impegnativi esposti senza retorica. Vi hanno partecipato Ambrogio Sparagna all’organetto e i suoi strumentisti: Erasmo Treglia, violino a tromba, ciaramella, flauto armonico; Clara Graziano, organetto, tammorra; Antonio O’ Lione Matrone, tammorra, grancassa. Lo spazio era ideato, come le luci, da Vincent Longuemare; i costumi fantasiosi e coloratissimi erano firmati da Roberta Mattera.

Martinelli, che era anche regista dello spettacolo, ha fatto in tutta evidenza un gran lavoro, infondendo ai suoi giovanissimi e inesperti attori disciplina e senso del palcoscenico, dando a ciascuno una definizione personale e guidandoli con accortezza nel lavoro d’insieme. Su tutto, spiccavano l’energia trascinante, la gioia e la partecipazione genuina dei ragazzi, che sono stati ricompensati da applausi scroscianti.

Ravenna possiede meravigliose basiliche, e un modo di abitare la città che il Ravenna Festival ha da tempo messo in campo è quello di legare esecuzioni musicali alla celebrazione delle liturgie nel ciclo “In templo Domini”. La rassegna si è inaugurata domenica 5 giugno nella basilica di San Giovanni Evangelista, la più antica della città, purtroppo ormai da molto tempo spogliata dei mosaici che la decoravano.

Nel giorno di Pentecoste, durante la celebrazione della messa si sono ascoltati brani sacri di Bach e del compositore ceco suo contemporaneo Jan Dismas Zelenka, la cui non estesissima ma preziosa produzione è, chissà perché, trascurata ai nostri giorni. Antonio Greco, studioso profondo e interprete di grande talento, ha diretto con felici risultati il Coro e l’Ensemble 1685 dell’Istituto Superiore di Studi Musicali Giuseppe Verdi: anche in questa occasione sono stati quindi chiamati alla ribalta artisti giovani e giovanissimi, questa volta ravennati, coinvolti grazie alla collaborazione sempre più attiva tra due delle maggiori realtà culturali della città.

Patrizia Luppi
(1º, 2, 3 e 5 giugno 2022)

La locandina

1º giugno
Direttore Daniel Harding
Voce recitante Sandro Lombardi
Soprano Valentina Coladonato
Violoncello Silvia Chiesa
Pianoforte Maurizio Baglini
Mahler Chamber Orchestra
Programma:
Azio Corghi
…tra la Carne e il Cielo
Ludwig van Beethoven
Egmont, Ouverture
Antonín Dvořák
Sinfonia n. 7
2 giugno
Voce Ermanna Montanari
Violino Giuseppe Gibboni
Programma:
Johann Sebastian Bach
Sonata n. 1 in sol minore per violino solo
Partita n. 1 in re minore per violino solo
Partita n. 3 in mi maggiore per violino solo
3 giugno
Sessanta bambini e adolescenti di Pompei, Torre del Greco e Napoli
Organetto Ambrogio Sparagna
Violino a tromba, ciaramella, flauto armonico Erasmo Treglia
Organetto, tammorra Clara Graziano
Tammorra, grancassa Antonio O’ Lione Matrone
Drammaturgia e regia Marco Martinelli
Musiche Ambrogio Sparagna
Spazio e luci Vincent Longuemare
Costumi Roberta Mattera
Programma:
Aristofane
Uccelli (riscrittura di Marco Martinelli)
5 giugno
Direttore Antonio Greco
Coro da camera 1685 dell’ISSM Giuseppe Verdi
Ensemble 1684 dell’ISSM Giuseppe Verdi
Programma:
musiche di Johann Sebastian Bach e Jan Dismas Zelenka

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