Lecce: Quattro giorni a Classiche Forme
Approfittando di qualche settimana libera a luglio, sono riuscito finalmente a vedere Classiche Forme, il festival salentino di musica da camera diretto da Beatrice Rana. Salvo una breve pausa a Martina Franca per l’inaugurazione del Festival della Valle d’Itria (qui la recensione), sono rimasto a Lecce da lunedì 17 luglio fino a venerdì 21, per assistere ai vari spettacoli del Festival, conclusosi il 23.07. Classiche Forme quest’anno ha alzato il tiro: più appuntamenti, con eventi pomeridiani e i “Notturni” in seconda serata, più pubblico e ancora più alto il livello dei solisti, tra cui spiccano i nomi di Emmanuel Pahud, Rosa Feola, Mario Brunello, Giovanni Sollima, ma anche diversi giovani protagonisti del panorama musicale internazionale quali il violinista Stephen Waarts, il violista Timothy Ridout e il suo Teyber Trio, composto insieme a Tim Crawford (violino) e Tim Posner (violoncello), il clarinettista Kevin Spagnolo e molti altri. Tra questi, ovviamente, Beatrice Rana stessa, che nelle più disparate formazioni e collaborando con partner nuovi e d’abitudine (quali il pianista e compagno Massimo Spada e la sorella Ludovica Rana, violoncellista) ha solcato il programma del Festival.
Ad inaugurare il festival, dopo un evento “ciclistico” di anteprima il 15 luglio, è stato il concerto del 17 presso il Chiostro del Rettorato, di fatto il cuore pulsante del Festival. L’ampio e splendido chiostro, beneficiato da un’acustica se non perfetta comunque ben al di sopra delle aspettative per uno spazio all’aperto, ha ospitato un programma peculiare: la Sonata di Respighi per violino e pianoforte (in duo Waarts-Rana) e poi il Trio in Re minore di Arenskij (con l’aggiunta di Ludovica Rana). Particolarmente convincente è stata la maestosa Sonata respighiana, che recentemente sta finalmente e giustamente ricominciando ad affiorare in programmi e incisioni, ma anche il Trio ha strappato ampi consensi al pubblico, grazie sia all’abilità degli interpreti sia alla scrittura brillante e ammiccante del Trio stesso. L’impaginato della serata testimonia inoltre l’interesse del festival a proporre repertori meno frequentati anche in serate, come quella inaugurale, in genere più mainstream.
La serata è proseguita con il primo “Notturno”: sul terrazzo di Palazzo Maresgallo, guardando dall’alto tutti i tetti di Lecce, il duo Piccotti-Ciampa (violoncello e chitarra) ha donato un concerto di musica spagnola e argentina estremamente suggestivo. L’atmosfera magica del luogo, tuttavia, non è bastata a compensare l’acustica non ottimale. Sarebbe necessaria un’intensa e ben studiata amplificazione per poter godere meglio dell’esperienza, che spero possa essere ripetuta nelle prossime edizioni.
Simili intoppi di acustica hanno riguardato i due concerti di mercoledì 19 presso il Giardino Pensile dell’Accademia di Belle Arti, uno alle ore 19.00 e l’altro nuovamente alle 23.00. Il primo concerto vedeva protagonista il Trio Tharsos (formato da Ludovico Mealli, Leonardo Ascione e Fabio Fornaciari), in rappresentanza dell’Avos Project di Roma. Lo spazio aperto, fin troppo baciato dall’impietoso sole leccese, ha portato in omaggio anche un agguerrito battaglione di cicale che, forse emuli delle leggendarie cicale de La Roque d’Anthéron, ha insensibilmente frinito sul Primo Trio di Rachmaninov, il Trio op. 120 di Fauré e il Trio op. 15 di Smetana. Ha funzionato meglio l’amplificazione del Notturno, anche se il bucolico cicaleccio è stato sostituito dal meno elegante strepitio del traffico serale di Lecce. Protagonista di questo appuntamento il Duo Sabatini-Rugani, alle prese con un ampio programma che dalla Terza Sonata di Brahms per violino e pianoforte è arrivato alla Sonata in Sol di Ravel, passando per il meraviglioso Tema e variazioni di Messiaen, probabilmente il pezzo meglio eseguito della serata.
Al cuore di questo panino – o, per restare in zona, di questa puccia musicale, un nuovo appuntamento al Chiostro del Rettorato, il più bello dei concerti sentiti nei miei giorni di permanenza a Classiche Forme. Emmanuel Pahud e il Teyber Trio hanno aperto il concerto con una magnifica esecuzione del Quartetto per flauto in Re K 285 di Mozart, seguito per contrasto dal Secondo Quartetto di Ligeti, protagonista il Marmen String Quartet. Grazie anche alla breve introduzione di Beatrice Rana, l’iniziale disorientamento nel transitare da Mozart a Ligeti è stato presto sostituito da un ascolto attento e accorto, anche grazie all’intensità dell’esecuzione del Marmen Quartet. Solidissimo, entusiasta e sempre convincente, l’ensemble con base londinese, già vincitore di due dei più importanti concorsi per quartetto al mondo (il Banff in Canada e il Concorso di Bordeaux) è con ogni probabilità la mia scoperta preferita di tutto il Festival. A chiudere il concerto, una doppietta di sonate per flauto e pianoforte con Pahud e Rana: la Sonata in Mi minore K 302 di Mozart (originariamente per violino), il momento di più alta e intima poesia di tutto il concerto, e la Sonata di Poulenc, un po’ troppo pesante ma brillantemente eseguita. Entusiasmo roboante, alimentato anche dalla comunità di flautisti ritrovatasi di colpo a Lecce per ascoltare quello che da anni ormai è il flautista di riferimento in Europa e nel mondo.
Giovedì 20 luglio, l’usuale concerto al Chiostro è stato tutto dedicato agli archi, partendo dai deliziosi Märchenbilder di Schumann con Ridout e Beatrice Rana, subito seguiti (di nuovo per contrasto) dal fenomenale Quartetto n. 4 di Bartók, di nuovo con il Marmen Quartet, che si è poi unito al Teyber Trio e a Stephen Waarts per il brillantissimo Ottetto di Mendelssohn. Il concerto, meno sfavillante rispetto a quello del giorno prima, è stato comunque percorso da una tale gioia cameristica, esemplificata con grande efficacia dallo slancio dell’Ottetto, che il pubblico (composto anche da molti bambini e ragazzi) ha ricoperto di ovazioni tutti i musicisti.
Non avendo potuto seguire il terzo Notturno, il mio ultimo appuntamento per questa edizione di Classiche Forme, dopo un’interessante conversazione sulla musica di Rachmaninov negli audiovisivi alla Biblioteca Bernardini di Lecce al mattino, è stato il concerto del Trio Teyber presso la Basilica di Santa Caterina d’Alessandria a Galatina, il 21 luglio. La chiesa mozzafiato sembrava il contesto perfetto per ospitare il lungo viaggio delle Variazioni Goldberg di Bach, nella trascrizione per trio d’archi di Sitkovetsky con alcune modifiche dello stesso Trio Teyber. Lo spazio si presterebbe in futuro anche a concerti di repertorio barocco e dintorni con ad esempio violino o violoncello solo: l’atmosfera ieratica verrebbe rispettata e si eviterebbero i problemi di chiarezza d’insieme dati dal riverbero, nonostante in questo caso il Trio sia riuscito a mantenere la concentrazione lungo tutto il concerto, dando il massimo per tenere compatto il lungo ciclo di variazioni, anche se l’acustica avrebbe chiesto a volte tempi più dilatati e un ulteriore alleggerimento delle tessiture per bilanciare meglio la polifonia.
Il Festival è poi proseguito il 22 e il 23 con un concerto in ensemble a Casarano (in programma anche una prima assoluta di Domenico Turi, Le maschere per mezzosoprano ed ensemble) e un concerto-maratona al Chiostro del Rettorato che vedrà sfilare gran parte dei protagonisti del festival, per confluire nel Carnevale degli Animali di Saint-Saëns.
Alessandro Tommasi
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