Lugano: la Budapest Festival Orchestra a tutto Brahms

La Budapest Festival Orchestra torna a Lugano per la seconda tappa di una lunga tournée di ben sette date europee che vede l’orchestra ungherese portare in viaggio un programma tutto dedicato a Johannes Brahms nelle più prestigiose sale da concerto europee partendo dal Konzerthaus di Vienna attraverso il Lac di Lugano, il De Doelen di Rotterdam, la Lades Halle di Erlangen, La Philharmonie de Paris, l’Auditorium de Lyon e concludere questo viaggio alla Philharmonie di Colonia. Il programma prevede la Prima Danza Ungherese, il Primo Concerto per pianoforte e Orchestra, l’Undicesima Danza Ungherese e la Prima Sinfonia. Al pianoforte si sono alternati Sir András Schiff e Kirill Gerstein, quest’ultimo presente come solista a Lugano.

Ad aprire, letteralmente, le danze la prima Danza Ungherese di Johannes Brahms nell’orchestrazione originale dell’autore amburghese che delle ventuno danze nell’originale per pianoforte a quattro mani aveva dapprima approntato una trascrizione per pianoforte a due mani delle prime dieci danze e poi orchestrato la prima, la terza e la decima. Delle restanti diciotto danze le versioni per orchestra che frequentemente ascoltiamo in sala da concerto sono opera di numerosi trascrittori, tutti compositori che collaboravano con Simrock l’editore di Brahms: Antonín Dvořák per esempio (nn.17-21), Hans Gàl (nn.8-9), Paul Juon la n.4, Martin Schmeling (nn.5-7), Johan Andreas Hallén la n.2 e Albert Parlow (nn.11-16). Il suono pastoso degli archi dell’orchestra di Fischer unito all’innato senso del rubato e a uno spirito umoristico e brillante aprono il concerto con le migliori premesse possibili.

Dopo questi pochi minuti danzanti il programma prevede il primo dei due mastodontici lavori sinfonici di Brahms dell’impaginato: il Concerto per pianoforte e orchestra n.1 in re minore op.15. Progetto nato inizialmente come sinfonia fu trasformato poi in una sonata per due pianoforti ed infine nel concerto per pianoforte e orchestra che oggi conosciamo dopo ben sei anni di gestazione, idee, ripensamenti e trasformazioni. Il “Maestoso” iniziale fa subito valere il suo peso specifico con il suo denso incipit drammatico affidato ad una lunga introduzione orchestrale. Fischer ne sviluppa tutta la potenza preparando la pensosa entrata del pianoforte di Gerstein. Le complessità della struttura, del discorso musicale e della scrittura pianistica vengono dipanate con grande naturalezza dai due interpreti che si trovano concordi in una lettura che valorizzi la nobiltà di questa pagina brahmsiana. Gerstein non mostra mai i muscoli, anche quando ne avrebbe ben d’onde in una partitura dove le grandi difficoltà tecniche del solista non sono così chiare al pubblico, puntando più sulla forza interiore. L’intensità che ne consegue ha grande efficacia e non appesantisce l’ascolto di una composizione già di per sé impervia. Il meditativo Adagio, che funge da Intermezzo è forse la pagina più riuscita dal punto di vista esecutivo, dove l’intensità e questa nobile ed elegante visione di Gerstein e Fischer si esprimono al meglio. Nel Rondò conclusivo un altro aspetto ci colpisce: quello che potrebbe semplicemente apparire come uno stretto ed efficace dialogo tra direttore e pianista si dimostra in realtà un dialogo estemporaneo dove ognuno reagisce agli stimoli dell’altro che è quanto di più raro si possa ascoltare in sala da concerto.

Dopo l’intervallo un’altra Danza Ungherese, la numero undici nell’orchestrazione di Albert Parlow, fa da preludio alla Prima Sinfonia. Il suo lento incedere con malinconica mestizia le dona una connotazione davvero inusuale rispetto alle aspettative. La scelta metronomica è davvero decisiva facendo durare la danza quasi il doppio rispetto alla consuetudine di altri esecutori. Questo però non appesantisce il brano restituendogli un carattere unico.

Dopo il concerto per pianoforte il pezzo forte della seconda parte della serata è la Sinfonia n.1 in do minore op.68. Se già il concerto aveva avuto una gestazione travagliata quella della sinfonia è stata ancor più tormentata durando più di vent’anni se consideriamo i primi abbozzi del 1855 fino alle ultime modifiche dopo la prima esecuzione di Karlsruhe nel 1876. L’ampia introduzione del primo movimento viene letta in due grandi campate riuscendo a dare una direzione musicale ad una sezione che spesso risulta quasi un blocco di granito posto quasi ad impedire l’accesso dell’ascoltatore alla sinfonia. L’atmosfera conflittuale del movimento è magnificamente delineata e il finale che volte all’ultimo al modo maggiore sembra essere una mera consolazione dell’incapacità di soluzione al conflitto. I due movimenti centrali scorrono nella loro incredibile cantabilità quasi liederistica con una generosa dose di portamenti negli archi e una trasparenza nei fiati ammirevole. Il Finale possiede esattamente la giusta combinazione di maestosità e gioia, e la capacità di Fischer di variare il tempo su un’ampia gamma di metronomi senza mai frammentare il discorso musicale è davvero impressionante in una pagina così ricca di eventi e materiale musicale.

La sorpresa finale, che poteva essere più apprezzata dal pubblico luganese, è stata un bis cantatto come spesso accade con la Budapest Festival Orchestra. Dopo un programma tutto Brahms non poteva mancare un brano per coro misto a cappella tratto dalla piccola raccolta dei Sette Lieder op.62, nello specifico il numero 6 “Es geht ein Wehen”, “S’ode una brezza” (un soffio, un sospiro). Quello che puo’ fare Fischer con i musicisti della sua orchestra, e lo abbiamo visto più volte, è qualcosa di unico al mondo avendo la possibilità di trasformare l’orchestra in un coro o comunque destinandone una parte. Questo concede possibilità di repertorio pressoché infinite e un brano per coro a cappella può diventare il perfetto bis dopo un concerto sinfonico che non prevede affatto l’uso delle voci. Il miracolo anche questa volta avviene e i brividi di una esecuzione così chiara, precisa nell’intonazione e trasparente nella polifonia rimarranno a lungo nella nostra memoria.

Luca Di Giulio
(19 novembre 2024)

La locandina

Direttore Iván Fischer
Pianoforte Kirill Gerstein
Budapest Festival Orchestra
Programma:
Johannes Brahms
Danza ungherese per pianoforte a quattro mani n. 1 in sol minore, WoO 1 (trascrizione per orchestra di Johannes Brahms)
Concerto per pianoforte e orchestra n. 1 in re minore, op. 15
Danza ungherese per pianoforte a quattro mani n. 11 in re minore, WoO 1 (trascrizione per orchestra di Albert Parlow)
Sinfonia n. 1 in do minore, op. 68

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.