Macerata: Don Giovanni proiettato nel futuro

Qual è la dissolutezza per cui Don Giovanni viene punito? Certamente non solo quella che deriva dai suoi insaziabili appetiti sessuali – forse poi non così reali e messi in pratica; questa però è materia da analisi psicoanalitica –  ma per il suo essere costantemente “contro”.

È proprio Da Ponte nel suo libretto ad andare oltre rispetto a Tirso de Molina e a Molière, celebrando di fatto il nichilismo del personaggio, che usa il sesso per sovvertire qualsiasi valore universalmente accettato, non solo rifiutandolo, ma minandone alla base il suo stesso significato.

Religione, rapporti di coppia, lo stesso amore, la morte crollano sotto la risata beffarda di Don Giovanni, che dispone a suo piacimento di chiunque incontri, mostrandone vizi e debolezze; le sue vittime non sono migliori di lui, solo un po’ più ipocrite o forse semplicemente ignare del loro vero essere.

Davide Livermore accetta la scommessa di tornare ad allestire uno spettacolo d’opera quanto più possibile completo dopo l’emergenza Covid e le restrizioni che ne derivano e a cui si dovrà sottostare per un periodo ad oggi indefinito, facendo sì che – necessariamente ripensato – il Macerata Opera Festival, il cui hashtag di quest’anno è un profetico #biancocoraggio, possa svolgersi.

Il muro sterminato dello Sferisterio si rivela schermo ideale e l’ampiezza del palcoscenico consente movimenti sicuri – gli unici contatti avvengono con protagonisti e masse opportunamente protetti da veli – tanto che l’azione scenica scorre con fluida omogeneità.

Se ad Orange, dove lo spettacolo è nato, D-Wok  – capace ogni volta di stupire – era ricorso al videomapping a Macerata si affida a proiezioni che ancora una volta mostrano al via del futuro creando atmosfere, suggerendo, fungendo da controscena, il tutto in perfetta integrazione con il narrato musicale.

Livermore mette in scena un “noir” nel quale Don Giovanni muore subito, ucciso dal colpo di pistola sparato dal Commendatore – qui un boss con tanto di guardie del corpo – in un duello che però lo vede a sua volta freddato. Da qui in avanti è un lungo flashback, in puro stile noir, con il corpo del protagonista sempre in scena a rammentare al Don Giovanni “vivo” il suo destino.

Un taxi giallo, contrapposto al suv malavitoso del Commendatore, fa da Leitmotiv diventando di volta in volta alcova, nascondiglio, via di fuga.

Uno spettacolo asciutto, denso, in cui l’essenzialità del gesto scenico trova perfetta corrispondenza con la concezione che Francesco Lanzillotta – al suo debutto sul podio nel capolavoro mozartiano – imprime alla sua direzione fatta “per togliere” e tutta incentrata sulla verità del suono, lontana da qualsiasi autocompiaciuta piaggeria, più portata al graffio che alla carezza.

Lanzillotta sceglie tempi serrati – il “Fin che han dal vino”  è un precipizio meraviglioso, solo per fare un esempio – ritmi che non conoscono tregua, dinamiche frustanti; l’Orchestra Filarmonica Marchigiana, in formazione lievemente ridotta rispetto alle parti reali ma capace di un suono credibile anche a dispetto dei distanziamenti tra leggi, lo asseconda con gagliardia.

Ottima la prova di Mattia Olivieri nel ruolo-titolo, disegnando un Don Giovanni irridente ma al contempo atterrito da se stesso, il tutto con grande senso del fraseggio e voce sicura, oltre che con una presenza scenica che non passa inosservata.

Suo perfetto contraltare Tommaso Barea, Leporello dalla vocalità esuberante e sempre convincente nel gesto scenico, guascone ma non sguaiato.

Karen Gardeazabal dà voce e corpo ad una Donna Anna intensamente drammatica negli accenti, mentre Valentina Mastrangelo disegna la sua Donna Elvira incentrando l’interpretazione su un fraseggiare rigoglioso e un piglio volitivo.

Il Don Ottavio di Giovanni Sala è, per fortuna, lontano anni luce dai pallidi cicisbei di certa tradizione, trovando il suo punto di forza negli accenti decisi e in una linea di canto impeccabile.

Bene la coppia Zerlina-Masetto, affidata ai bravi Lavinia Bini e Davide Giangregorio, convincenti sia dal punto di vista vocale che scenico, e decisamente in parte anche Antonio Di Matteo nei panni di uno spietato Commendatore.

Il Coro Lirico Marchigiano “Vincenzo Bellini”, diretto da Martino Faggiani e Massimo Fiocchi Malaspina si disimpegna con onore.

Applausi meritati per tutti.

Alessandro Cammarano
(24 luglio 2020)

La locandina

Direttore Francesco Lanzillotta
Regia e scene Davide Livermore
Luci Antonio Castro
Videomaker D-Wok
Personaggi e Interpreti:
Don Giovanni Mattia Olivieri
Donna Anna Karen Gardeazabal
Don Ottavio Giovanni Sala
Commendatore Antonio Di Matteo
Donna Elvira Valentina Mastrangelo
Leporello Tommaso Barea
Masetto Davide Giangregorio
Zerlina Lavinia Bini
Orchestra Filarmonica Marchigiana
Coro Lirico Marchigiano “Vincenzo Bellini”
Maestro del coro Martino Faggiani
Altro maetro del coro.                                                Massimo Fiocchi Malaspina
Fortepiano Claudia Foresi

5 2 voti
Vota l'articolo
Iscriviti
Notificami

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

0 Commenti
più vecchi
più nuovi più votati
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti