Madrid: Onegin tra silenzi e solitudini
Non resta che chiederci: “Sei il mio Angelo Custode o un demone tentatore?” Perché lui saprà sempre chi è, mentre lei non lo saprà mai.
Questo straordinario allestimento è forse la prova che “il vero amore non esiste”. Una coproduzione del Teatro Real con la Den Norske Opera & Ballett e il Gran Teatre del Liceu, che ha debuttato a Oslo più di quattro anni fa e, successivamente, a Barcellona, ricevendo recensioni entusiastiche. Ancora una volta, il geniale Christof Loy porta in scena una visione intensa e grandiosa, che si distingue per il suo carattere intimista: sono le radici emotive dei personaggi a tracciare e delimitare l’azione drammatica.
Un allestimento che può sembrare minimalista, ma che è in realtà profondamente eloquente. Nel suo stile più puro, Loy gioca con l’intensità in tutte le sue sfumature, costruendo un’immagine carica di simbolismo, in cui lo sguardo dello spettatore non trova tregua. Gli artisti si muovono come parte integrante della scenografia, una scenografia viva che arricchisce ogni istante della rappresentazione. E, sopra ogni cosa, emerge la solitudine: la solitudine visiva dello spazio, la solitudine dei personaggi, la solitudine dei sentimenti.
Lo scenografo Raimund Orfeo Voigt firma un ambiente austero, quasi spoglio, che evoca una sala da pranzo o un’area secondaria di una casa. Le finestre e, soprattutto, la porta a vetri lasciano intravedere ciò che accade oltre, regalando piccole pennellate – mai termine fu più appropriato – di quello sfondo bianco infinito che tutto avvolge, tutto riempie e, allo stesso tempo, tutto abbandona alla solitudine. Un’illuminazione abbagliante, firmata Olaf Winter, così candida e crudele da impedire persino la lettura dei sopratitoli nel Teatro Real. La luce è assoluta e totalizzante, tanto da rivelare ogni cosa. Nulla è nascosto, e il fatto stesso che alcuni elementi – come i testi proiettati – non siano leggibili diventa parte integrante del linguaggio visivo. Un dispositivo scenico che alcuni potrebbero considerare superfluo, ma che, senza dubbio, nulla toglie e tutto amplifica.
Il libretto di Konstantin Shilovskij, tratto dal romanzo in versi di Aleksandr Puškin, racconta la vicenda di un protagonista che condivide molto con il suo autore. La forza drammatica e il rilievo letterario dell’opera hanno sedotto Pëtr Il’ič Čajkovskij, portandolo a specchiarsi in essa per comporre questa straordinaria opera lirica. Adattando, modificando e, perché no, migliorando il testo originale, Čajkovskij dona ai suoi personaggi una profondità musicale che li rende più comprensibili, più umani, persino più compassionevoli, smussando l’ironia e il sarcasmo del testo di Puškin.
Il tempo ritorna sempre a confrontarsi con la verità. E in questo caso, il tempo torna per riproporre ciò che avrebbe potuto essere e non è stato. Un gioco di circostanze che lascia aperta la domanda: come sarebbe stato l’amore, se fosse riuscito a trionfare? Forse, proprio il suo fallimento ne sancisce il trionfo. Chi può giudicare ciò che sarebbe potuto essere, se l’unica realtà è ciò che è?
In questa storia di rimpianti, il contesto sociale gioca un ruolo imprescindibile. Tat’jana è sognatrice, malinconica, intelligente, ma anche profondamente passionale. Onegin è egocentrico, sarcastico, ribelle, seducente nella sua intellettualità e nel suo cinismo. E quando lei gli confessa ingenuamente il suo amore in una lettera struggente, dà vita a una delle arie più importanti dell’opera lirica romantica. Ma l’amore non trionfa – o forse sì, proprio perché si eleva sopra il duello che costa la vita all’amico di Onegin e sopra il matrimonio di Tat’jana con un altro uomo. Anni dopo, sarà lei a respingerlo, esattamente come lui l’aveva respinta quando tutto era ancora possibile.
Ma il vero cuore pulsante di questa produzione è la musica. E soprattutto le voci.
Gustavo Gimeno, che dal prossimo settembre assumerà la direzione musicale del Teatro Real, torna a dirigere un’opera russa, mettendo in risalto la dualità musicale che la attraversa:
La campagna, con canti tradizionali, antifone ortodosse e danze popolari, fluide e nostalgiche.
La città, con valzer, polacche e mazurche nei grandi saloni, dove l’orchestrazione si fa più densa e avvolgente, culminando nella maestosa Festa Splendida, un autentico trionfo di sonorità e canto corale.
Su questa cornice musicale si intrecciano le vite dei quattro protagonisti:
Un cast d’eccezione ha dato vita alla rappresentazione:
Kristina Mkhitaryan, una Tat’jana di straordinaria intensità emotiva, dotata di una voce limpida e di una rara versatilità scenica.
Il carismatico Iurii Samoilov, un Onegin potente e magnetico, capace di regalare momenti di assoluta bellezza vocale.
Il passionale Bogdan Volkov, un Lenskij indimenticabile, soprattutto nella scena del duello.
Le splendide interpretazioni di Victoria Karkacheva (Ol’ga), Elena Zilio (Filip’evna) e Maxim Kuzmin-Karavaev (Principe Gremin/Zareckij).
Il sempre impeccabile Coro e Orchestra del Teatro Real.
Come nota di rilievo, la rappresentazione del 14 febbraio è stata registrata in una coproduzione tra il Teatro Real e Mezzo per la trasmissione in diretta su MEZZO e MyOperaPlayer.
La serata di San Valentino – o, meglio, la notte di chi è innamorato – si è trasformata, paradossalmente, nella notte del rimpianto. La notte in cui
Forse, alla fine, non resta che chiedersi: l’amore esiste davvero, o è solo un crudele inganno del tempo, destinato a lasciarci sempre e solo con il rimpianto?
Ricardo Ladrón de Guevara
(14 febbraio 2025)
Orginál en Español
Sólo cabe preguntarnos “Eres mi Ángel de la Guarda o un demonio tentador?” Porque él siempre sabrá quién es y ella nunca lo sabrá.
Este extraordinario montaje es quizás la prueba de que “el amor verdadero no existe”. Es una coproducción del Teatro Real con Den Norske Opera & Ballett y el Gran Teatre del Liceu que fue estrenado en Oslo hace ya más de cuatro años y posteriormente en Barcelona con extraordinarias críticas. En el que el genial Christof Loy una vez más irrumpe en este escenario con una propuesta cargada de fuerza, grandeza y con una visión intimista en la que las raíces emocionales de los personajes son las que escriben y circunscriben la acción dramática. Una propuesta que puede parecer minimalista pero que si algo es en verdad es elocuente. En su más puro estilo, juega con la intensidad en todos sus sentidos. Una imagen cargada de simbolismo y en las que el ojo del espectador no encuentra respiro y en la que los artistas se mueven sabiendo que son parte de ese decorado, una parte en movimiento que lo enriquece todo, pero, por sobre todas las cosas busca exaltar a la soledad. Por eso lo que se ve y lo que se siente es solo eso, la fuerza que genera algo que parte de un “uno” para si mismo. Los espacios visuales de la soledad, La soledad de los personajes , la soledad de los sentimientos.
Una estancia austera, o más bien simple con grandes espacios que denotan algo como una segunda área de una cocina o más bien un comedor de la casa. Que firma el virtuoso Raimund Orfeo Voigt En la que las ventanas y sobre todo la puerta de cristal que dejan entrever lo que sucede más allá, va dejando pequeñas pinceladas, y nunca mejor dicho, de lo que será un sin fin blanco que lo ocupa, lo llena y a la vez lo deja todo solo. Si solo, solo mil veces de la segunda escenografía. Con una iluminación, de Olaf Winter tan nívea que incluso el espectador en el Teatro Real no puede leer la pantalla de los textos traducidos porque el desgarrador brillo de la luz y de ese blanco inmisericorde, lo llena todo. Todo lo cubre y a la vez todo lo deja al descubierto. Todo está a la vista, porque el no dejarte ver, por ejemplo las letras de los textos luminícos con la traducción, es solo un elemento más del lenguaje visual y es que en verdad todo lo ves, si lo piensas bien., no hay nada que esté realmente oculto. Y es que este absolutamente genial dispositivo escénico algunos podrían decir de él que nada aporta, pero todos dirán, sin duds, que nada resta.
El argumento de Konstantin Shilovski que parte de esa novela en verso de Alexandr Pushkin en la que se describe las andanzas de este personaje que tiene similitudes con las del autor. Su fuerza dramática y su importancia en la literatura rusa seducen a Piotr Ilich Chaikovski y lo colocan si, “frente al espejo” para componer esta ópera. Adaptando, respetando, cambiando y porque no decirlo, mejorando, porque transforma con la música a cada uno de los personajes. Y la complejidad de cada uno la trastoca para darles comprensión e incluso compasión, para alejarse así de la versión original que está cargada de ironía y sarcasmo.
El tiempo vuelve para enfrentar siempre a la verdad. Y en esta caso, el tiempo, pasa y regresa para confrontar aquello, que pudo ser y no fue. Aquella difícil secuencia de circunstancias de lo que podría haber sido. Cómo saber realmente lo que el amor sería si hubiese triunfado, sobre todo porque quizá el verse frustrado es en lo que radica su triunfo. Quien puede juzgar lo que pudo haber sido si lo único que realmente existe es lo que es.
En esta historia de arrepentimientos, juega un papel insoslayable el contexto social en el que cada personaje ocupa un lugar, un contexto. Ella es soñadora, taciturna, melancólica e inteligente, pero, apasionada y el es un ególatra, sarcástico y rebelde que seduce con su intelecto y con su mundano modo de ser. Y el error que comete al confesarle su amor en una carta llena de sentimientos y que le permite entonar una de las Arias más importantes del panorama lírico romántico del siglo pasado. El amor no triunfa, o quizá si que lo haga, porque se superpone al duelo que acaba con la vida del amigo de él y al matrimonio de ella con otro hombre algunos años después y que le permite rechazarlo tal y como él la rechazó a ella cuando ingenuamente le confesó lo que que por él sentía
Pero sin duda el elemento fundamental de todo es la música. Y sobre todo las voces. En esta ocasión Gustavo Gimeno, que asumirá, por cierto, la dirección musical del Teatro Real a partir de septiembre, una vez más dirige una ópera rusa, “Eugenio Oneguin” está estructurada sobre dos universos bien distintos y muy bien diferenciados por la música: Por un lado El Campo, con canciones tradicionales, antífonas ortodoxas y danzas folclóricas que son ágiles e instrumentalmente hablando fluidas, con ese toque necesario de nostálgia y por otro: La Ciudad que baila el vals, la polonesa y la mazurca en los grandes salones y para los que la orquestación se hace necesariamente más densa pero igual de seductora para el púbico, siendo la “Fiesta esplendida” un virtuoso alarde de sonoridad, musicalidad y canto coral. Y en la sutil interacción de estos dos universos se enmarcan las vidas de los cuatro protagonistas, Oneguin, barítono, Tatiana, soprano; Lenski, tenor, y Olga, mezzosoprano.
El reparto ha estado presidido por la Extraordinaria Kristina Mkhitaryan en una Tatiana llena de emociones puras, con una voz excepcional y sobre todo con una gran versatilidad en escena. Con momentos de auténtico brillo a nivel vocal. Y el grandísimo y extraordinario Iurii Samoilov en su rol de Eugenio Oneguin con una interacción engalanada por el poderío de su aparato vocal. Generoso en sus tiempos y muy entregado en escena. Bogdan Volkov , ucraniano igual que Samolilov, un apasionado Lenski que brilla de una manera inigualable en la escena del duelo. Y por supuesto las destacadas participaciones de la Olga de Victoria Karkacheva la Filipievna de Elena Zilio y Maxim Kuzmin-Karavaev en El príncipe Gremin/Zaretski. Y como siempre el optimo trabajo de La Orquesta y el Coro Titular del Teatro Real
Como dato curioso hay que resaltar que la función, del 14 de febrero se ha grabado en una coproducción entre el Teatro Real y Mezzo para su emisión en directo en MEZZO y MyOperaPlayer .
El día de los enamorados, o mejor dicho la noche de los que lo están. Paradójicamente ha sido la noche del alto precio que ha tenido que pagar Eugenio Oneguin por despreciar el amor puro en su momento y la noche de su arrepentimiento. Bien vale para preguntarse si existe eso que llaman amor y si no será un error grave del tiempo en su paso por nuestras vidas y del que simpre podremos arrepentirnos.
Ricardo Ladrón de Guevara
(14 febbraio 2025)
La locandina
Direttore | Gustavo Gimeno |
Regia | Christof Loy |
Scene | Raimund Orfeo Voigt |
Costumi | Herbert Murauer |
Luci | Olaf Winter |
Movimenti | Andreas Heise |
Personaggi e interpreti: | |
Lárina | Katarina Dalayman |
Tat’jana | Kristina Mkhitaryan |
Olga | Victoria Karkacheva |
Filípievna | Elena Zilio |
Evegenij Onegin | Iurii Samoilov |
Lenskij | Bogdan Volkov |
Il Principe Gremin | Maxim Kuzmin-Karavaev |
ll Capitano | Frederic Jost |
Monsieur Triquet | Juan Sancho |
Coro y Orquesta Titulares del Teatro Real | |
Maestro del Coro | José Luis Basso |
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