Mario Castelnuovo Tedesco, da Firenze a Hollywood
A cinquant’anni dalla scomparsa, sono state numerose le iniziative che hanno celebrato la figura di Mario Castelnuovo-Tedesco, nato a Firenze il 3 aprile del 1895 in una famiglia di banchieri ebraica di origine senese e morto a Beverly Hills in California, il 17 marzo del 1968, anno cruciale per i destini dell’umanità.
La sua fu una famiglia di professionisti, il padre Amedeo, si occupava di finanza, i fratelli maggiori erano l’uno avvocato, Ugo, e, l’altro ingegnere. Mario, però, mostrò fin da piccolo un precoce talento musicale e ricevette le prime lezioni di piano dalla madre, Noemi Senigaglia, per iscriversi poi al Conservatorio Luigi Cherubini di Firenze, dove studiò pianoforte con Edgardo Del Valle de Paz, e, quindi composizione con Ildebrando Pizzetti, che, giunto a Firenze da Parma nel 1908, era il musicista allora più significativo a Firenze e nel resto del Bel Paese.
Castelnuovo-Tedesco gli dedicherà uno dei suoi Caprichos de Goya.
Ottenuto nel 1914 il diploma di pianoforte e nel 1918 quello di composizione, Castelnuovo-Tedesco ottenne da subito, e in tutta Europa, buoni consensi come concertista e compositore.
La sua produzione ebbe l’interesse di Alfredo Casella, che la incluse nel repertorio della Società Nazionale di Musica da lui fondata nel 1917, e già nel 1922 opere di Castelnuovo-Tedesco furono eseguite a Salisburgo al primo festival della International Society for Contemporary Music.
Nel 1925, con La mandragola, tratta da Machiavelli, vinse un importante concorso di composizione tra imprese di teatri lirici italiani bandito dal ministero della Pubblica Istruzione, Direzione delle Belle Arti, e l’opera fu tenuta a battesimo al Gran Teatro La Fenice di Venezia per tre rappresentazioni dal 4 maggio 1926 nell’ambito della Stagione di Primavera.
A Firenze Castelnuovo-Tedesco prese parte attiva alla vita musicale e culturale, non solo con la sua musica ma con una vasta produzione saggistica e collaborando con Vittorio Gui alla nascita del Maggio Musicale Fiorentino. Fu, tra l’altro, l’autore delle musiche di scena per il Savonarola che inaugurò la seconda edizione del Maggio in Piazza della Signoria e del cui testo si occupò, per volontà del Duce, mio nonno, Rino Alessi che del Duce era stato compagno di collegio a Forlimpopoli.
Nel 1939, in seguito alla sciagurata adozione delle leggi razziali, promulgate a Trieste e che Rino Alessi da principio non appoggiò entrando in rotta di collisione con la classe dirigente del regime fascista, Castelnuovo-Tedesco, che al fascismo aveva aderito, fu costretto a lasciare l’Italia Si trasferì negli Stati Uniti, in California, dove il suo immenso talento fu messo a frutto dalla nascente industria cinematografica di Hollywood.
Scrisse musica da film e contribuì a formare decine di musicisti americani, tra cui John Williams e Henry Mancini, celebri autori di colonne sonore. Questo impegno non lo distolse dal comporre la musica che più amava: in tutto oltre duecento numeri d’opera, tra musica per il teatro, sinfonica, vocale e da camera.
La sua palpitante vicenda umana e artistica è materia da romanzo – se non da sceneggiatura cinematografica –ed è raccontata da Angelo Gilardino, musicologo e compositore, legato a Castelnuovo-Tedesco da un profondo legame di stima e di amicizia che nel 2005, con il titolo Una vita di musica rielaborò, l’autobiografia del Maestro, che l’aveva scritta nel dopoguerra.
Ripercorrendo le tappe di un’irresistibile ascesa, rivediamo il giovane Castelnuovo Tedesco eseguito niente meno che da Arturo Toscanini e dalla New York Philharmonic Orchestra che presentarono in prima esecuzione diverse opere del musicista fiorentino, inclusi nel 1933 I profeti, Concerto per violino n. 2, con Jascha Heifetz come solista e, nel 1935, il Concerto per violoncello con Gregor Piatigorsky come solista. Nel 1932 Castelnuovo-Tedesco aveva nel frattempo incontrato per la prima volta a Venezia Andrés Segovia con cui stabilì una collaborazione destinata a protrarsi negli anni e che avrebbe fatto di Castelnuovo-Tedesco uno dei più importanti compositori per chitarra classica del Novecento.
Al suo arrivo a New York, nel 1939, Castelnuovo-Tedesco poté esibirsi come solista al pianoforte nella prima esecuzione del suo Concerto n.2 e con la New York Philharmonic Orchestra diretta da Sir John Barbirolli. Ricevette quindi un contratto – e un lavoro stabile -, a Hollywood firmando un’esclusiva con la Metro-Goldwyn-Mayer e affermandosi come autore di colonne sonore. Quelle a lui accreditate sono undici, ma tra il 1940 e il 1971 furono oltre duecento quelle a cui collaborò nel ruolo di compositore di musiche originali o come arrangiatore.
Accanto alla carriera cinematografica, Castelnuovo-Tedesco continuò la sua attività di compositore e dal 1946 lavorò come insegnante di composizione al conservatorio di Los Angeles.
Nel 1946 Mario Castelnuovo-Tedesco ottenne la cittadinanza americana, ma rimase molto legato all’Italia, tornandovi di frequente in visita o per lavoro. Nel 1958 vinse il Concorso Campari con l’opera Il mercante di Venezia, che fu rappresentata nel 1961 al Maggio Musicale Fiorentino sotto la direzione di Franco Capuana con Rosanna Carteri e Renato Capecchi. Nel 2000 il ricchissimo archivio contenente i manoscritti musicali e la corrispondenza epistolare del compositore fu donato nella sua interezza dagli eredi alla Library of Congress di Washington a formare la Mario Castelnuovo-Tedesco Collection.
Il fondo, che il compositore stesso aveva avviato nel 1966, si era già arricchito tra il 1970 e il 1978 con una serie di donazioni da parte della vedova. Consiste oggi in cento sessantuno scatole di materiale manoscritto. Il catalogo è accessibile online e a questi materiali hanno fatto riferimento Alessandro Avallone e Gianluca Bocchino nel curare per la Libreria Musicale Italiana di Lucca L’ignoto iconoclasta, Studi su Mario Castelnuovo Tedesco (pagg. 153, euro 25) nato a seguito del Convegno Internazionale di Studi sull’opera e la poetica musicale di Mario Castelnuovo-Tedesco, svoltosi presso l’aula Odeion della Gipsoteca del Museo di Arte Classica di Sapienza Università in Roma dal 12 al 14 giugno del 2018.
Il convegno era stato promosso dall’Associazione Assonanze, Giovani Musicologi di Sapienza, sostenuta dalla sezione di Musicologia del Dipartimento di Lettere e Culture moderne e dalla Scuola di Dottorato in Musica e Spettacolo con la collaborazione di ICAMus e il prezioso supporto della famiglia Castelnuovo-Tedesco rappresentata a Roma dalla nipote Diana che ha promosso senza risparmio il progetto e cui il volume è dedicato.
L’ignoto iconoclasta è già affascinante, oltre che nell’accuratezza della veste grafica curata da Ugo Giani, nel titolo dissacratorio, come l’oggetto di cui si occupa, di ogni luogo comune grazie a quel “sorriso di canzonatura” che Susanna Pisticci bene definisce nella coinvolgente prefazione. I contributi sono tutti di qualità e offrono un ventaglio sufficientemente esaustivo della prolifica produzione del Nostro.
Franco Piperno si occupa di Castelnuovo-Tedesco e il neoclassicismo, Aloma Bardi segue i flutti della lunga traversata da Firenze a New York e ne restituisce L’America musicale e culturale di Mario Castelnuovo-Tedesco, mentre Antonio Rostagno getta il suo sguardo indagatore su Mario Castelnuovo-Tedesco e l’assenza di una generazione.
I Nuovi Percorsi trovano conforto nei bei saggi di Mila De Santis che si dedica alla cantafavola tra due mondi Aucassin et Nicolette, lasciando a Gianluca Bocchino, Presidente di Assonanze, l’argomento che gli suggerii, ossia Castelnuovo-Tedesco e le musiche di scena per il Savonarola al Maggio Musicale Fiorentino che saranno il preludio, smaltito l’esaurimento nervoso che gli costò la fretta con cui dovette completare quel gravoso impegno fiorentino, del successo di Mario Castelnuovo-Tedesco a Hollywood: compositore di film score, original music e stock music.
Musica e Poesia nella produzione di Castelnuovo-Tedesco dà al tutto il suo significato più alto e sfuggente grazie ai bei contributi di Alessandro Maras su La polifonia vocale profana di Castelnuovo-Tedesco fra Monteverdi, Pizzetti e il “neomadrigale”.
Silvia D’Anzelmo e Valerio Sebastiani indagano a quattro mani su Il Crepuscolarismo di Mario Castelnuovo-Tedesco: intersezioni con la poetica di Aldo Palazzeschi. Sempre a quattro mani Alessandro Avallone ed Emanuele Franceschetti ragionano sugli esiti di un incontro musicale fra l’ignoto iconoclasta e Paul Valéry.
Il volume di cui mi occupo, mi è particolarmente caro perché mi è stato donato in occasione del mio sessantaseiesimo compleanno da Gianluca che, oltre a creare l’occasione d’incontrare e apprezzare la personalità di Diana Castelnuovo-Tedesco, mi ha coinvolto nell’esposizione del suo saggio in cui sono oggetto di ringraziamento. Trovare una persona grata è, come si sa, merce rara. Grazie a te Gianluca!
Rino Alessi
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