Martina Franca: Opera Italiana conquista il pubblico e fa riflettere gli addetti ai lavori

Con la “riscoperta” di un Titolo contemporaneo – Opera italiana di Nicola Campogrande per il Libretto di Elio e Piero Bodrato – si è conclusa la programmazione artistica della quarantottesima Edizione del Festival della Valle d’Itria di Martina Franca, organizzato dalla Fondazione “Paolo Grassi” che da questa Edizione ha scelto di affidare la Direzione Artistica al Dott. Sebastian Schwarz.

L’operazione ha previsto la Prima Esecuzione Assoluta di un lavoro pensato e costruito (dal 2008 al 2010) per le celebrazioni del centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia (2011), lavoro che non vide la realizzazione esecutiva al tempo delle celebrazioni a causa delle variazioni di pianificazione operate all’epoca dalla neo eletta Giunta Regionale del Piemonte (questo ha spiegato il compositore durante la Conferenza di presentazione tenutasi presso la Fondazione “Paolo Grassi” il 30/07/2022).

Così, avendo quest’anno il Festival una programmazione incentrata su ben cinque Titoli, mancando quello “contemporaneo” si è scelto di dare l’opportunità al lavoro di Campogrande vedere la luce e ciò è bene.

L’interrogativo posto alla base del processo compositivo, sia musicale che testuale, è quello di indagare sull’evoluzione psico-sociale dell’italiano medio dal 1961 (anno di nascita di Elio) sino al 2011 (anno di prevista nascita di quest’Opera). Essendo il frutto di un impegno artistico realizzato a più mani in un’ottica di condivisione di ideali, risultano evidenti all’atto esecutivi quegli intendimenti programmatici che, al di là della coincidenza anagrafica di cui prima, si sostanziano in un focus sull’energia (creativa, naturale, “del lavoro”, “dei valori”) che è sicuramente tema di attualità in tutte le sue possibili sfaccettature.

La trama si snoda su tre periodi focali della Storia italiana del dopoguerra (anni ‘60, anni ‘80 e anni 2000) e prevede la presenza di sei personaggi: Opera, soprano lirico spinto (traduzione umana del Genere musicale con tutte le sue peculiarità emotive, non immune da una incombente “Forza”); Scellerata, contralto “cantante” (figura femminile in opposizione alla prima che qui rappresenta la voluttà e il tradimento dell’ideale verso la rassicurazione offerta dai “dané”); Soldini, tenore lirico spinto (l’immobiliarista fraudolento travestito da benefattore – il sottile rimando critico del Libretto ad operazioni milanesi degli ‘80 si percepisce chiaramente); Mario, baritono lirico (l’Italiano che cerca di sbarcare il lunario, sia umanamente che economicamente… ma che alla fine ci resta secco); Balconi, basso cantante (servus che, nel corso dei secoli, oltre all’essere deus ex machina per lo scioglimento dell’intreccio di un canovaccio, ha imparato ad essere capace di scelte morali); Quello che suona, pianista (è il memento, il leitmotiv del Tempo che scorre e che insiste sulla Ratio).

Negli anni ‘60, in pieno Boom economico, la giovane Opera ritorna al Condominio di origine in veste di Assistente del neo imprenditore Soldini – lei è convinta di portare del bene, lui sa benissimo che il “progetto” va incontro solo ai suoi propri interessi – e, tra gli ingressi di una Scellerata in modalità sessantottina e la “preoccupazione del domani” di Mario, la complicità di Balconi permette di raggiungere lo scopo di un potenziale arricchimento (fraudolento) di Soldini senza che Opera se ne renda conto. Si passa agli anni ‘80 che si rivelano come quello che la nota canzone di Raf racconta: “anni allegri e depressi di follia e lucidità” come la love story di Opera-Mario-Scellerata… la prima perde l’appuntamento con l’innamorato sul tetto (“come i gatti”) e Scellerata ne prende il posto travolgendo l’ingenuo Mario nella storia di una sera che, in perfetto protocollo della “Milano da bere”, si trasformerà in un contratto a lungo termine; “ed ognuno pensa a sé […] anni veri di pubblicità” perché se Soldini ha promesso benessere a delle famiglie, in realtà il suo “progetto” prevede che un Centro Commerciale coi suoi 3×2 prenda il posto degli scaffali della nonna dove Mario custodisce il suo “progetto rivoluzionario” ed Opera il suo Diario di Liriche; “Un! No, no, no, no…” – allo scoprirsi del piano di Soldini segue la reazione di Balconi che, come carta straccia, fa coriandoli dell’assegno scoperto ricevuto a compenso del convincimento operato sugli altri per assecondare le mire di Soldini sino al quel momento a tutti celate; “… e la radio canta una verità dentro una bugia.”, come il pianoforte di Quello che suona.

Gli anni 2000 rappresentano la svolta che promette il lieto fine ma che poi si rivela amara. Mario negli anni si è ormai asservito a Scellerata ma, sempre grazie al teatrale senso del Tempo di Balconi, ritrova Opera: l’incrocio dei loro sguardi (come il bacio nelle fiabe) di colpo fa sì che si abbandoni senza esitazione quella vita Scellerata. Soldini, ormai rivelato farabutto si mette in società con la di lui più prossima Scellerata, con la quale parte in vacanza all’insegna del “finché c’è grana c’è speranza”. Ma siamo all’Opera e, il Finale, non può essere così scontato: Mario aveva iniziato un Progetto di vita nei ‘60, cercando di aumentarsi come

essere umano e impegnandosi a trovare una soluzione sostenibile per i bisogni energetici del suo condominio progettando un generatore “fai da te”; aveva coltivato il progetto energetico negli ‘80 senza continuate quello di accrescimento umano; negli anni 2000 Mario ritrova sé stesso con il ritorno di Opera e crede di aver trovato l’ingranaggio perfetto che azionerà il generatore di energia che, solo nella sua testa, sarà perpetuo come l’Amore. Purtroppo non sarà così… all’azionare l’ultima versione del marchingegno ne resta fulminato e, come un Eroe del Mito, si trasforma in una stella che, lontana e umana al tempo stesso, invita a guardare dentro di noi per sperare di arrivare lontano.

Un lavoro così denso di contenuti, citazioni e riferimenti ha previsto una Messa in Scena perfettamente in linea con le richieste della Musica e del Libretto.

La Regia di Tommaso Franchin ha saputo trovare chiavi di lettura perfette, sia nella movimentazione dello Spazio scenico che nella caratterizzazione delle evoluzioni dei Personaggi. Mai banale il riferimento al metatesto e mai svilente l’azione verso le naturali esigenze fisiche dei cantanti. Una prova di eccellenza intellettuale ed operativa in una produzione tutt’altro che semplice. A questa vanno di pari passo i Costumi di Giada Masi che (come perfetto racconto) traducono e riferiscono lo scorrere sia del tempo che dell’evoluzione psicologica dei personaggi, senza mai risultare leziosi, offrendo anzi una serie di dettagli di gran pregio spesso da altri lasciati al caso. Le Luci (studiatissime!) di Alessandro Carletti si fanno tutt’uno con lo spettacolo, divenendone altro elemento di punta e gratificando la Drammaturgia testuale e musicale. Le Scene sono firmate da Fabio Carpene e si basano su un gioco intelligente di pannelli dalle porte nascoste unito all’uso raffinato di elementi scenici essenziali e simbolici: molto ben fatto!

Per quanto concerne la parte musicale non si può che partire dal lavoro di Nicola Campogrande. Non è compito facile arrivare a produrre della Musica che sia personale nel linguaggio e che sappia essere riconoscibile nella attualizzazione dei codici musicali: operazione riuscita, nel rispetto del concept originario della Commissione senza eludere la ricerca di possibilità e virtuosismi di nuova concezione. La scrittura vocale è efficace dal punto di vista della fruibilità del pubblico ma è tutt’altro che banale ed arriva ad essere trascendentale sotto diversi aspetti in quanto ad esplorazione della tessitura delle singole voci con il chiaro effetto di elevarsi dalla monotonia compositiva di altri coevi; la scrittura strumentale (pensata per un’ Ensemble cameristico classico cui si aggiungono anche chitarra e basso elettrici) si snoda anche qui attraverso consolidate e nuove prassi di gestione delle tessiture offrendo anche una prospettiva ritmico-frastica di pregio che scava e valorizza il Libretto, avendo anche l’intelligenza di citare brani famosissimi – in parte rielaborati – nella parte di Quello che suona (la “Toccata” di Pietro Domenico Paradisi docet). Tutto ciò detto, sicuramente questo lavoro potrà trovare spazio in molti altri Cartelloni dopo la Prima Assoluta del 3 agosto 2022.

L’indagine musicale e l’esecuzione trascendentale erano affidati alla responsabilità di uno dei giovani Direttori italiani di maggior successo negli ultimi anni: Alessandro Cadario. Gesto chiarissimo unito ad intenzioni musicali che si fanno Interpretazione (con la Contemporanea è impresa assai ardua!) ne hanno garantito una prova di prim’ordine, nonostante il rendimento alterno dell’Ensemble del Teatro Petruzzelli di Bari che, forse, necessiterebbe di una maggiore pratica di certi repertori (trombone, chitarra e basso elettrico da dimenticare!). Le Voci messe in campo hanno tutte dimostrato abnegazione alla causa e grande impegno visti i risultati. Opera era Cristin Arsenova (arrivata in corsa in sostituzione dell’annunciata Francesca Sassu) che ha offerto una Recita a tutto tondo attraverso salti di registro stupefacenti e una musicalità viva e convincente unita ad una presenza scenica elegantissima da riascoltare e rivedere; Scellerata era una travolgente Candida Guida – voce importante che ha dato prova di saper essere virtuosa sino alle estremità del suo range

senza mai tradire la necessità di una mimica facciale impeccabile: Chapeau! Soldini è stato Raffaele Abete che si è confrontato con una parte difficilissima (ad un certo punto ha incasellato una serie di 6 Do – “stellari” – uno dopo l’altro!) confermando quanto già nei Ruoli tradizionali ha dimostrato e regalando al sordido personaggio l’allure che contraddistingue l’artista completo; Mario (il vero protagonista del Libretto) ha trovato voce in un ottimo Gurgen Baveyan che ha conquistato la scena sia sotto il profilo musicale che attoriale: bellissima voce (da seguire) e artista da segnalare. Balconi è stato affidato ad un’eccellenza dell’Accademia di Belcanto “Rodolfo Celletti”, Yuri Guerra, in sostituzione dell’annunciato Andrea Mastroni. In questo caso è obbligatoria la specifica in quanto ben conosciamo il Basso italiano e, pensando ad una parte a lui destinata, si sarebbero avute delle preoccupazioni pensando ad un giovanissimo chiamato a sostituirlo: preoccupazioni tutte fugate da una prova eccellente che conferma quanto di buono ci sia nei prodotti Made in Martina Franca. Guerra ha presenza scenica e voce di tutto riguardo: anche nel suo caso il futuro è roseo e da seguire con attenzione. Quello che suona (sempre in palco e mai a vista, condomino presente ma non protagonista) è stato eseguito da Claudio Bonfiglio che ha adempiuto impeccabilmente a quanto prescrittogli dalla Partitura.

Grandissimo Il successo di pubblico tributato a questa “Opera Italiana”, il ché non era così scontato; questo permette di affermare che, secolo dopo secolo, l’Opera trova sempre il modo di essere attuale e che, non di meno, Martina Franca è un luogo che ne è stato e deve continuare ad esserne un porto salvo, anzi un baluardo!

La quarantottesima Edizione dell’amato Festival di Martina Franca è terminata: potremo avere la certezza di immaginarne almeno altre quarantotto, solo se saremo in grado di continuare a lasciarci ispirare restando fedeli al pensiero che segue. Un pensiero non nostro ma di Uno senza il quale non ci sarebbero né Festival né Generazioni di Operatori culturali.

Il Teatro è per me come l’acqua per i pesci. Il mio teatro è sempre stato un teatro vivo, con il sipario aperto, oppure un teatro semivivo, con il sipario aperto senza il pubblico, durante la prova, oppure anche un teatro apparentemente morto, senza nessuno in sala: sono stato tanto tempo in sala a gustare il silenzio sublime del teatro. Il Teatro è un modo di amare le cose, il mondo, il nostro prossimo. Io non ho mai amato il teatro come fine a se stesso (…) Attraverso il teatro io penso tutto il resto: io vedo la politica attraverso il teatro, vedo l’urbanistica(…)​ Ho creduto e ho vissuto per il momento fragile, insostituibile, della comunicazione teatrale” (Paolo Grassi).

Antonio Cesare Smaldone
(3 agosto 2022)

La locandina

Direttore Alessandro Cadario
Regia Tommaso Franchin
Scene Fabio Carpene
Costumi Giada Masi
Luci Alessandro Carletti
Personaggi e interpreti:
Opera Cristian Arsenova
Scellerata Candida Guida
Soldini Raffaele Abete
Mario Gurgen Baveyan
Balconi Yuri Guerra
Quello che suona Claudio Bonfiglio
Orchestra del Teatro Petruzzelli di Bari

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