Matteo Parmeggiani e l’anima creativa dell’Associazione Senzaspine

Tra le attività musicali di Bologna occupa un posto speciale per versatilità e creatività, oltre che per qualità dei risultati, quella dell’Associazione Senzaspine: si basa sull’Orchestra giovanile omonima – fondata nel 2013 dai direttori d’orchestra Matteo Parmeggiani e Tommaso Ussardi e così chiamata per evocare un approccio agevole alla musica classica – intorno alla quale fiorisce una quantità di iniziative di vario genere, molto seguite e spesso innovative.

Abbiamo ascoltato la Senzaspine il 15 novembre nel capiente Teatro Auditorium Manzoni, affollato di un pubblico di tutte le età la cui risposta, alla fine delle due parti del concerto, è stata entusiastica. Impegnativo il programma, diretto con perizia da Parmeggiani ed eseguito con ottimo impegno dall’Orchestra: la Sinfonia n. 1 di Mahler (la serata si intitolava infatti Titanico!, dal nome Il titano imposto e poi tolto da Mahler alla sua sinfonia) preceduta dal Concerto per oboe e orchestra K 314 di Mozart.

Del brano mozartiano ha offerto un’interpretazione sensibile e vitale Paolo Grazia, primo oboe solista del Teatro Comunale di Bologna, collaboratore di altre importanti orchestre e vincitore, nel corso di una carriera ormai pluridecennale, di autorevoli premi internazionali. Una vetrina delle scintillanti doti virtuosistiche di Grazia è stato in particolare il bis, i Simpatici ricordi della Traviata, fantasia su temi dell’opera verdiana dell’oboista e compositore Antonio Pasculli, vissuto tra Otto e Novecento. Proprio Pasculli, il «Paganini dell’oboe», è il protagonista del primo cd dell’Orchestra Senzaspine, presentato in concomitanza con il concerto di novembre (Fantasie su temi di Giuseppe Verdi, direttore Parmeggiani, solista Grazia, etichetta Tactus).

Prima della serata al Manzoni abbiamo rivolto qualche domanda a Matteo Parmeggiani, compositore e direttore, a trent’anni già provvisto di numerose esperienze sia in campo concertistico sia in quello operistico.

  • Com’è nata l’Orchestra Senzaspine e perché è stata chiamata così?

Nel 2013 Tommaso Ussardi, mio socio e altro direttore dell’Orchestra, io e un gruppo nutrito di amici, tutti studenti di Conservatorio come noi, ci siamo ritrovati a pensare a quello che avremmo fatto in seguito in campo professionale; così abbiamo avuto l’idea dell’Orchestra. Alla base c’era l’intento di smuovere qualcosa: a parte la possibilità per i musicisti di fare esperienza e crearsi un repertorio, aspiravamo a rompere la barriera tra la musica classica e una certa fascia di pubblico, a combattere quel preconcetto secondo il quale la musica classica è un genere d’élite, riservato a pochi, e se non la capisci è inutile andare ai concerti. Il nome Senzaspine è nato proprio con il proposito di spiegare che la musica classica non punge; che, come spesso diciamo, la musica colta può essere colta senza farsi male. L’Associazione Senzaspine che abbiamo creato è servita, fin dall’inizio, a dare forma giuridica all’Orchestra ma anche a sviluppare, come è accaduto poi nel corso degli anni, l’idea di un mondo in cui la musica classica fosse sentita dalla società tanto necessaria quanto lo è la musica pop, jazz o di altri generi musicali. Ci sembrava che la maggioranza delle persone fosse disposta a investire una somma anche consistente di denaro per andare a sentire un cantante o un gruppo, ma invece avesse remore a spendere anche cinque euro per assistere a un concerto di musica classica. Ci siamo detti allora che forse il problema non sta solo nel prezzo, ma nel fatto che la musica classica non è sentita dalla società come una necessità, bensì come un superfluo, una cosa per pochi.

  • Come avete deciso di agire?

Abbiamo iniziato un’attività di flash mob, di presenze in vari posti, in piazza, nei supermercati; non tanto e non solo per farci notare, il che chiaramente era la prima intenzione, ma per infrangere quel formalismo che è giusto ci sia in teatro o in sala da concerto, ma che non è sempre obbligatorio. Le persone devono capire che a teatro si sta in silenzio perché è necessario, non perché è un’imposizione. Per fare un esempio, quando si va ad ascoltare un concerto nella nostra sede, il Mercato Sonato, prima si sente la musica di sottofondo dello stereo, il rumore del bar e della cucina, chiasso, gente che parla eccetera; poi, però, quando si inizia a suonare, le persone stanno in silenzio perché è indispensabile, non perché sia loro ingiunto da un formalismo, da un’etichetta imposta.

  • Che organico ha l’Orchestra?

Una trentina di musicisti ci sono da sempre. All’inizio, quando eravamo un gruppo di amici, facevamo uno o due concerti l’anno; da quando abbiamo ricevuto dei fondi dal Ministero e da altre fonti, l’Orchestra ha iniziato ad avere una stagione e una regolarità e l’organico iniziale si è allargato fino a una cinquantina di elementi. Poi è chiaro che quando sono richiesti organici molto grandi, di ottanta-novanta musicisti, chiamiamo aggiunti; però non sono proprio degli sconosciuti, ma persone con cui torniamo a collaborare in occasioni particolari. All’inizio eravamo tutti a Bologna, ma adesso l’Orchestra è formata anche da musicisti che vengono da tutte le parti d’Italia e che, per problemi di distanza, non possono essere sempre presenti.

  • Come vi sostenete dal punto di vista economico?

Gli introiti arrivano da tante fonti diverse, come da noi auspicato. Una parte, che si aggira intorno a un settimo del totale, viene dal MiBACT; c’è un capitolo di spesa del Ministero dedicato ai gruppi musicali under 35 e tra di essi noi siamo l’orchestra che prende più fondi. I nostri musicisti sono tutti scelti attraverso audizione – alle ultime che abbiamo fatto si sono presentati in più di 400, quindi è stata fatta una selezione accurata – e ricevono i rimborsi e una paga, anche se non esorbitante perché non ce lo possiamo permettere. Abbiamo una serie di introiti che vengono dalla Regione e da bandi privati, per esempio il Culturability della Fondazione Unipolis e il Funder35 della Fondazione del Monte. Devo dire che siamo abbastanza bravi a vendere biglietti, quindi anche da lì qualcosa arriva, e abbiamo una buona parte di fatturato derivante dalle prestazioni artistiche per altri enti: inviti a festival o in altri teatri, collaborazioni a eventi diversi.

  • Poi ci sono le attività nel vostro spazio.

Secondo me è proprio il nostro spazio che ci dà una marcia in più e stiamo ragionando su come implementare ancora di più questa risorsa. È l’ex mercato ortofrutticolo che, grazie al bando Incredibol! del Comune di Bologna, abbiamo in gestione dal 2015. Si chiamava Mercato S. Donato e, cancellando la “D”, l’abbiamo fatto diventare Mercato Sonato: abbiamo avuto la lungimiranza di non trasformarlo soltanto in una sala prove, ma in un locale che brulica di attività, come i laboratori sulla musica ma anche di altre arti, per esempio fotografia, sartoria e anche costruzione della scenografia per l’opera che abbiamo fatto nel mese di ottobre, Le nozze di Figaro (prima ancora avevamo rappresentato L’elisir d’amore e Il barbiere di Siviglia).

  • Avete inoltre una scuola di musica e proponete numerosi appuntamenti di vario genere.

Sì, la scuola a oggi conta circa un centinaio di bambini iscritti e questo per alcuni membri dell’orchestra è una fonte di guadagno ulteriore. Soprattutto nei weekend, il venerdì e il sabato sera, ma anche durante la settimana, il martedì e il giovedì, ospitiamo poi altre forme d’arte, soprattutto altri tipi di musica. Così lo spazio, che è comunque sotto la nostra direzione artistica, si trasforma in un locale, con un bar e una cucina; sta funzionando molto bene, infatti abbiamo diverse centinaia di ingressi tutti i weekend, e ciò che guadagniamo in questo modo lo reinvestiamo sempre nella musica classica: tutti i mercoledì sera al Mercato Sonato facciamo classica, o musica da camera – sia con gruppi nati all’interno dell’Orchestra sia con ospiti – o, com’è successo qualche giorno fa, la generale di un concerto come quello di stasera. Abbiamo poi una serie di attività per bambini, i Concerti animati, con illustrazioni, un’orchestra e un narratore; abbiamo realizzato per esempio Il carnevale degli animali, Pierino e il lupo, Le quattro stagioni, abbiamo composto musiche originali per Il piccolo principe e per la Batracomiomachia. Ci hanno chiamato al Teatro Comunale di Modena e a Torino: anche questo è un prodotto di quelli che funzionano e che ci procurano introiti.

  • I bambini vengono coinvolti anche in certi concerti, vero?

Certo. Abbiamo ideato un gioco divertentissimo, Conduct Us, cioè dirigici. Alla fine di qualcuno dei concerti più leggeri e meno formali, i bambini (anche gli adulti, ma ovviamente i bambini sono molto più liberi, si lanciano con maggiore spontaneità), salgono sul podio e provano a dirigere l’orchestra. È un modo per far toccare con mano la musica classica e il fatto che può essere interattiva come quella di altri generi. Perché durante un concerto pop le persone si sentono libere di cantare insieme, mentre invece la musica classica non dev’essere mai toccata? Gioca con noi! Ci sono i momenti seri, ma anche i momenti in cui la classica può, anzi deve, essere avvicinata alle persone.

Il prossimo appuntamento con l’Orchestra Senzaspine è per il 27 (ore 21) e il 28 dicembre (ore 16 e ore 21) al Teatro Duse di Bologna: Bollicineil programma di fine anno, che sarà diretto da Matteo Parmeggiani e da Tommaso Ussardi, proporrà brani del repertorio viennese e italiano. Previsti giri di valzer, polke, quadriglie e un brindisi con tutti i musicisti.

Patrizia Luppi

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