Matteo Valbusa: «Sono uno spirito eclettico»

A poche ore dall’andata in scena del Dido and Æneas, secondo appuntamento del Festival Settenovecento 2024, incontriamo Matteo Valbusa, direttore di coro, docente e soprattutto musicista dotato di una curiosità rara nelle scelte di repertorio che è chiamato a dirigere il capolavoro di Purcell.

  • Quali sono le difficoltà nel concertare ed allestire un’opera come Dido and Ænes?

La principale caratteristica è la brevità; è un opera breve ma molto molto densa e nonostante i numeri siano separati uno dall’altro serve una continuità che dia integrità all’arco drammaturgico.  Quindi bisogna recuperare la la capacità di far susseguire i tempi uno all’altro con le dovute proporzioni previste da Purcell e fare in maniera che siano chiari nel gesto del direttore, ma anche intuibili facilmente da parte dei musicisti e dei cantanti, facendo sì che l’opera proceda senza soluzione di continuità all’interno delle singole scene.

  • Che cosa ascolterà il pubblico?

Naturalmente  un’esecuzione storicamente informata con strumenti antichi o copie di strumenti antichi e un diapason a 415.

  • Allargando il discorso viene spontaneo chiederle cosa ne pensa nel passaggio, negli anni, dalla prassi rigorosa sen non “rigida” degli albori della Barocco Renaissance, penso a Leonhardt e al primo Harnoncourt ad esempio, ad un eccesso opposto per cui forse c’è troppa “fantasia” nell’interpretazione. Come ritrovare un giusto compromesso?

Sono convinto che l’eccessiva fantasia nell’ interpretazione sia data da motivi sostanzialmente discografici; cioè per vendere devo fare qualcosa di diverso da quello che fanno gli altri.
Sinceramente non mi preoccupo tanto di questo e nelle mie scelte cerco di basarmi su quanto indicato dai dagli antichi maestri quanto alle scelte dei tempi, sulle proporzioni e sul cercare di riconoscere gli andamenti giusti, incrociando i dati che abbiamo a disposizione quindi il segno di tempo la la figura soprattutto la figura musicale la lunghezza delle frasi, l’organonologia in generale e il rapporto che c’è tra musica e il testo.
Dopodiché gli effetti speciali probabilmente si sono sempre fatti, soprattutto a teatro ma probabilmente anche in chiesa, perché le chiese del tempo erano esse stesse teatri dove dove potente di turno metteva in in scena il proprio potere la propria ricchezza.

  • Dunque alla fine il desiderio di “stupire” è sempre esistito …

Sì; gli effetti speciali, come dicevo, ci sono sempre stati ed è giusto che ci siano ancora; la cosa importante è non travisare quello che è scritto e che probabilmente non è così difficile leggere.

  • Senza dimenticare la lezione dei primi interpreti?

Esattamente. Non si deve dimenticare che è stata la prassi esecutiva della prima rinascita barocca, che come ho detto prima è stata la lezione più grande e ci ha insegnato il rispetto delle fonti e l’attitudine a scavare non solo nella storia degli strumenti musicali ma anche nella storia delle fonti musicali per cercare di avvicinarci al pensiero dei compositori antichi e al loro gusto alla loro estetica.

  • C’è qualche autore o composizione che le piacerebbe affrontare, nell’ambito del repertorio che le appartiene?

Personalmente mi considero un eclettico: principalmente faccio il direttore di coro e insegno anche in Conservatorio e da buon direttore di coro ho davanti a me tutta la storia della musica, dal canto gregoriano alla musica contemporanea e sono abituato ad affrontarla come posso dire nel rispetto dei singoli stili ma a trecentosessanta gradi.
Però da tantissimi anni mi chiedo  quale sia la mia musica preferita e, sinceramente, non riesco mai a darmi una risposta, perché ogni volta che entro in un repertorio e mi ci tuffo e lo approfondisco mi innamoro ogni volta; e questo se da una parte può essere visto come un problema, perché la musica è tantissima, dall’altra mi da una gioia continua.
Gli altri mi hanno sempre detto che il mio animo è un animo del romanticismo … però me non l’ho detto io quindi io posso affermare di sentirmi più un eclettico amante di tutta la storia della musica.

Alessandro Cammarano

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