Michele Marco Rossi e la “Chiamata alle arti”
Michele Marco Rossi, non è solo uno dei voloncellisti di punta nel panorama musicale contemporaneo; è anche sperimentatore curioso, capace di creare alchimie sonore nelle quali si ricomprendono storico e contemporaneo. Da questa sua propensione a percorrere sentieri nuovi si è arrivati a Chiamata alle arti, un vero e proprio festival fatto di contaminazioni fascinose all’interno del Ravenna Festival
- Come nasce il progetto Chiamata alle arti?
Nasce dall’entusiasmo e dalla forza creativa di Cristina Mazzavillani.
In un giorno di diversi mesi fa, Anna Leonardi ed io abbiamo incontrato la signora a Ravenna, in un pomeriggio che si è trasformato in una sorta di piccolo concerto privato.
Ho suonato per la signora diversi estratti di brani, dal repertorio per strumento solo più recente scritto per me ad alcuni passi da bellissimi pezzi contemporanei per violoncello e orchestra, in un percorso incentrato sulla musica d’oggi.
La sua risposta alla fine dell’esecuzione, anzi le sue due risposte, sono state sorprendenti.
La prima è stata che, siccome i pezzi e il percorso musicale e concettuale le piacevano, li avremmo realizzati…tutti!
La seconda è stata che una “semplice” serie di concerti non sarebbe bastata, e che piuttosto bisognasse pensare a un progetto più grande, con un respiro più ampio, che a partire da questi programmi andasse a coinvolgere molte più persone e ambiti.
Nasce così, dopo mesi di intenso lavoro, la Chiamata alle Arti.
- Scendiamo nel dettaglio: in che maniera si articolerà il tutto?
Sono 4 giornate, dal 17 al 20 giugno, dove a Ravenna si alternano solisti, orchestre, gruppi teatrali, rapper, trapper, poeti esordienti o già affermati, danza, proiezioni video, istallazioni elettroniche, una mostra fotografica e una di arti visive.
Più di 130 giovani artisti hanno aderito a questo progetto e si esibiranno in quelle quattro giornate, poi ci saranno le Orchestre Toscanini e Cherubini, Valerio Magrelli, Marco Angius, Teatri 35, Tito Ceccherini, Samuele Telari, collaborazioni con i Conservatori di Milano, Bergamo e Ravenna…il tutto all’interno del Museo Classis, uno spazio splendido dove i mosaici e l’arte antica esposti dialogheranno con la creazione presente.
Insomma sarà un vero festival nel festival.
- Una scelta di impaginati decisamente fuori dagli schemi …
La possibilità insieme ad Anna Leonardi di proporre il repertorio musicale mi ha dato l’occasione di portare avanti quello che è il pensiero che mi accompagna da 15 anni, ossia che la creatività e la programmazione non possano prescindere dal nostro far parte di un’epoca, di un momento preciso della Storia.
Il mondo che ci circonda non può essere ignorato e la musica non può essere una “bolla” anestetica in cui rifugiarsi dal presente, quanto piuttosto una vera e propria lente di ingrandimento su quello che ci circonda, sulle persone, sulle gioie ma anche sulle difficoltà attuali.
Questa idea della musica come pura “bellezza” in cui chiudersi, qualcosa di quasi distaccato dalla quotidianità, non solo mi ha da sempre annoiato ma anzi credo che sia una vera contraddizione anche con i grandi autori del passato: non mi sembra proprio che la musica di Schumann sia distaccata da quello che era il suo tempo, o che Monteverdi o Prokofiev non fossero testimoni limpidi e vigili del loro presente.
E questo ha guidato la scelta dei repertori dei concerti: accanto a grandi lavori della musica antica (Biber, Bach, Haydn), si intrecciano infatti musiche di Larcher, Fedele, Sannicandro, Gander, Solbiati, Aperghis, Perocco, Xenakis, Gubajdulina, nonché istallazioni elettroniche di giovani artisti.
E sono assolutamente convinto che siano programmi forti, vitali e bellissimi, e adatti a qualsiasi tipo di ascoltatore.
- Dunque la musica d’oggi è solo una parte del tutto.
Esatto. Non è in alcun modo un “festival di musica contemporanea” (durante le giornate i ragazzi suoneranno anche Liszt, Schumann, Bach…), ma è piuttosto la nostra contemporaneità che abita un museo e che si presenta a chi vuole ascoltarla. Contemporaneità in un senso molto ampio: percorsi, ambiti creativi del presente, compositori, creatori e interpreti.
E credo che proporre un percorso come questo sia oggi un po’ una sfida.
Le stagioni tendono ad allontanarsi dalla programmazione della creatività contemporanea, ad avere paura del “poco pubblico” che potrebbe derivarne.
Ma il pubblico non è un’unità informe da manovrare; è piuttosto un insieme di persone che ancora oggi nel 2024, con tutte le difficoltà e preoccupazioni che conosciamo, è disposto a investire risorse e tempo per uscire di casa e venire ad assistere a un evento. Questo gesto apparentemente semplice ha invece dentro di sé una grande complessità, che sono convinto debba essere premiata con una ancora più grande convinzione nella volontà di essere tutti noi, ognuno con il suo repertorio, stile, tecnica e storia, dei testimoni attivi del presente.
Alessandro Cammarano
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