Milano: esplosivo al Treviño per la Quinta all’Auditorium

Contemplazione, riflessione, emozione: queste le tre componenti alla base del concerto dello scorso sabato 4 novembre all’Auditorium di Largo Mahler. L’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai ha saputo restituire non solo l’impatto sonoro delle composizioni in programma, già di per sé notevole, ma anche il sostrato emotivo che, idealmente, le precede e le segue.

Se tutti i discorsi della filosofia, ma forse tutti quelli dell’umanità, nascono da una domanda, il programma ideato per questa ottava serata del Festival Mahler ne è la rappresentazione più immediata: The Unanswered Question, dell’americano Charles Ives, trascina il pubblico in un paesaggio evanescente, dove fortissima emerge la domanda a cui nessuno di noi sa rispondere definitivamente, quella sul significato ultimo dell’esistenza.

Fin da subito gli archi della Sinfonica della Rai si presentano nella loro compattezza e unità. La scrittura di Ives è piana e uniforme, è vero, ma per renderla al meglio serve altrettanta omogeneità tra gli strumentisti dell’orchestra: nessun suono tenuto è un suono di facile resa e gli strumentisti ne restituiscono uno amalgamato e morbido, perfetto per sostenere le aperture in domanda dei fiati che di lì a poco arriveranno.

La direzione di Robert Treviño è in questo primo brano chiara e discreta: l’orchestra è libera di esprimere le proprie potenzialità, con le voci soliste – come la tromba che per sette volte pone la domanda sull’esistenza, o i flauti che tentano di dare una risposta – che si distaccano benissimo dall’amalgama degli archi, che nell’idea di Ives rappresenta il silenzio dei druidi che conoscono, vedono e ascoltano il nulla nella loro solitudine indisturbata. Il messaggio filosofico che Ives riprende da Emerson è amplificato dall’esecuzione di Treviño: gli archi – i druidi – non sono minimamente modificati dalle azioni degli individui – i flauti – sempre più agitati e, in questo modo, sempre più lontani dalla verità.

Un’altra meditazione, sebben di carattere musicale diverso, è quella proposta nella seconda parte del concerto, con una struttura e una durata considerevolmente più articolata.

La riflessione sull’io è certamente più travagliata che in Ives, sebbene forse il motore alla base delle composizioni sia simile. Nella Quinta il dramma interiore dell’io si prende tutto il tempo musicale per dipanarsi e svilupparsi, fino ad arrivare alle viscere dell’espressione musicale e umana.

La pagina si apre con il richiamo della tromba, che, con un tonfo fragorosissimo, porta con sé tutta l’orchestra, in una marcia che è forse funebre – come da indicazione sulla parte -, forse semplicemente di scoperta. Roberto Rossi, prima tromba, fa suo questo inizio e Treviño lascia a lui ogni responsabilità: il suo carattere e la sua incisività fanno iniziare nel migliore dei modi l’esecuzione. La frase cantabile degli archi esprime poi tutta la compattezza di cui si diceva prima. Le cascate sonore che seguono sono un’esplosione travolgente.

Merita una menzione Ettore Bongiovanni, primo corno, il cui suono scorre senza incertezze e riempie la sala, guidando con sicurezza le altre parti nel III movimento, Tempestosamente mosso. Un tributo gli è giustamente riconosciuto anche dal pubblico, che al termine dell’esecuzione fa sentire tutto il proprio calore.

In generale, l’esecuzione si è distinta per aver fatto trasparire le singole voci dell’orchestra, così meravigliosamente misurate da Mahler, nel gioco di incastri e polifonie che emerge dalla partitura. Gli incisi tematici si sentono chiaramente di volta in volta in tutte le voci, che sanno emergere dalla massa sonora. Chiarissimi ad esempio, in questo ambito, gli scambi tra gli archi nel Rondò finale.

Se si volesse fare una critica a Treviño, 39enne texano di origini messicane, potrebbe essere la scelta dei volumi: fatta eccezione per alcuni punti di notevole leggerezza e profondissima cura – come le prime battute dell’Adagietto o alcuni pianissimo del primo movimento – l’ora di musica si mantiene complessivamente piuttosto sonora, a volte a scapito della varietà. Se con la Quinta si raggiunge un tale livello sonoro, verrebbe da chiedersi, che volumi avremmo raggiunto con la Sesta? La curiosità rimane.

Forse, però, vale la pena di lasciarsi semplicemente travolgere dall’entusiasmo, così com’è successo in sala al termine del concerto, quando una standing ovation ha richiamato più volte sul palco Treviño e numerosissimi sono stati i “Bravo!” per gli a solo.

La reazione degli ascoltatori, istruiti musicalmente o meno, è sempre una carta tornasole; è il segnale che gli esecutori sono riusciti a restituire ciò per cui la musica nasce: emozionare.

Elisa Nericcio
(4 novembre 2023)

La locandina

Direttore Robert Treviño
Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai
    Programma:
Charles Ives
The Unanswered Question
Gustav Mahler
Sinfonia n. 5 in Do diesis minore

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