Milano: i molti corpi della Danza in scena nel trittico della Scala

Tre quadri, mille corpi. L’arte della danza viene incarnata con le sue molte facce nel trittico Smith/León e Lightfoot/Valastro, portato in scena questo febbraio per sei serate al Piermarini dal balletto scaligero.

Tre quadri, su base registrata, diversissimi per stile e messa in scena, accomunati da un fil rouge: la Danza, con la D maiuscola. Non si raccontano storie, non si viaggia in qualche posto esotico o favolistico, ma si entra nel corpo, anzi nei molteplici corpi del movimento. La Danza diventa oggetto totale della visione e personaggio di ciò che accade in scena, a cui siamo invitati ad assistere senza aspettativa, godendoci appieno ciò che ci è dato vedere nel qui e ora. Non c’è inizio o fine del discorso coreutico, solo il divenire presente.

Tre quadri, si diceva. Il primo è un debutto europeo, che porta la firma dello statunitense Garrett Smith. Nato per lo Houston Ballet nel 2015, Reveal è stato rimontato quest’anno a Milano per cast di dodici danzatori della Scala. Il fortunato pezzo sulla splendida musica di Philip Glass, con i costumi di Monica Guerra e le luci di Michael Mazzola, è accompagnato da una dichiarazione: It’s not what we see, but who we are. Is there a chasm between identity and illusion… (Non è ciò che vediamo, ma chi siamo. Esiste un abisso tra identità e illusione…). Una frase che contiene il senso del lavoro: un balletto degli opposti, dove si amalgamano e dialogano senza soluzione di continuità lo svelato e il celato, il bianco e il nero, la luce e la sua ombra, il giorno con la notte, il dentro e il fuori, il positivo e il negativo. Ma anche il maschile e il femminile, il classico e il contemporaneo, che si intersecano e si esaltano grazie alle proprie vulnerabilità. Reveal è lo svelamento di ciò che ciascuno di noi contiene in sé, delle dicotomie che caratterizzano l’essere umano. Chi siamo e chi vorremmo essere, o che diamo a vedere. Il tutto ben evidenziato dalla scelta musicale: la parte terza del Double Concerto for Violin, Cello and Orchestra e il secondo movimento del Tirol Concerto for Piano and Orchestra, anche qui opposti in dialogo creativo, dall’esplosione vertiginosa che incalza a uscire fuori alla calma introspettiva, e a tratti vorticosa, che riporta dentro come una spirale.

Nella coreografia si leggono, poi, i molti stili che hanno influenzato l’attività del coreografo, già danzatore, segnalato come giovane talento da Baryshnikov nel 2007, così come le sfaccettate personalità degli interpreti su cui il balletto è stato creato e che hanno trovato i perfetti corrispettivi scaligeri, i quali ottimamente hanno restituito l’interpretazione del lavoro coreografico, a partire da Agnese Di Clemente, che nel cast della nostra serata (la quinta rappresentazione) si è esibita insieme a Camilla Cerulli, Linda Giubelli, Maria Celeste Losa, Nicola Del Freo, Christian Fagetti, Emanuele Cazzato, Andrea Crescenzi, Matteo Gavazzi, Eugenio Lepera, Andrea Risso e Gioacchino Starace.

È seguito, quindi, un pezzo breve e sottilmente ironico, quasi un invito a prendersi un po’ più alla leggera nel lavoro introspettivo dell’essere umano in dialogo con sé stesso, sotteso alla serata.

Si tratta di Skew-Whiff, una produzione del 1996 per la NDT 2, la compagnia giovane del Nederlands Dans Theater, targata dal duo Sol León e Paul Lightfoot, che firmano coreografia, scene e costumi, con le luci di Tom Bevoort, sulla celeberrima Sinfonia della Gazza Ladra di Gioachino Rossini. Qui la Danza sta per circa dieci minuti in bilico tra musica classica e codici contemporanei, che restituiscono una sorta di corteggiamento simpatico e sottilmente erotico, quanto “sghembo” appunto, grottesco e, a tratti, isterico, di una donna (Alice Mariani) e tre uomini (Edward Cooper, Saïd Ramos Ponce e Rinaldo Venuti). L’espressione del volto, delle braccia e delle gambe, portata ai massimi livelli, la fa da padrona, fino all’inserimento stridente (anche se apparso un po’ incerto nella serata) della voce dei danzatori che in due momenti, con due brevissime parole, rompe la continuità coreutica, poggiata su movimenti fuori asse, linee spezzate, continui cambi di direzione, gesticolazioni volutamente esagerate. Anche in questo lavoro l’identità di genere si fa fluida, come fluide sono le relazioni umane, mutevoli i rapporti tra chi domina e chi è dominato, chi seduce e chi viene sedotto, e i tratti di femminile e maschile che emergono di volta in volta in ciascuno di noi. Da tanto altalenare, da una passione che si consuma in modo così immediato stile “fast food”, non si può che finire a terra tutti, esausti (e, lato spettatori, forse non del tutto convinti).

Dopo un breve intervallo, la chiusura della serata è affidata a Memento, nuova produzione 2024 del Teatro alla Scala creata appositamente da Simone Valastro, che con questa creazione torna simbolicamente “a casa”, sulle musiche di Max Richter e David Lang, con scene e costumi di Thomas Mika e luci di Konstantin Binkin. Qui danzatrici e danzatori perdono totalmente il proprio genere per incarnare un discorso corale e universale in cui musica, parole, emozioni, gesti, simboli, messaggi sono restituiti nel più eloquente movimento della Danza, ancora con la D maiuscola. Un Danza meno formale e più “umana”, un divenire continuo di corpi e forme che nascono e muoiono, e che acquisiscono senso solo grazie alla loro presenza in palcoscenico e alle luci che danno loro plasticità.

I corpi sembrano generati come note musicali dal Golfo Mistico, faticosamente scalano la ribalta e si guadagnano la scena, dove possono esprimere la propria completa vitalità facendosi quindi Danza, tra assoli, pas de deux, giochi d’ensemble, per poi andare a svanire (o morire, non ci è dato saperlo) oltre la collina che nasconde la vista del retropalco. E così via, come stessimo guardando la storia dell’evoluzione in fotogrammi accelerati. Ma siamo ben lontani dalla narrazione, si intenda. Assistiamo, invece, a una serie di evocazioni, suggestioni di eventuali situazioni, in un loop infinito (o quasi) di reincarnazioni possibili finché le luci sono accese, sottolineate dalla musica che decide quel che in scena deve accadere; una musica ora circolare e minimalista, “frattale”, come The so-called laws of nature e increase di Lang, fatta di percussioni e sonorità ripetute, a cui si intersecano i quadri lirici di Richter, che creano pause, emozioni, suspence, relazioni, incontri, da November a Laika’s Journey, ai famosissimi On The Nature Of Daylight e Written on the Sky, per chiudere con lo struggente brano cantato Simple Song #3, di nuovo di Lang (parte della colonna sonora di Youth di Paolo Sorrentino). In questo brulichio di corpi e movimenti lungo quaranta minuti (a un certo punto in scena c’è tutto il Corpo di ballo, per un totale di 32 ballerini), tra lift e salti, prendersi e lasciarsi in una continua tensione verso l’alto e verso l’altro, spicca l’ottima prova del duo principale di Benedetta Montefiore e Nicola Del Freo, a cui si alternano le altrettanto convincenti performance delle coppie formate da Linda Giubelli e Marco Agostino, Antonella Albano e Claudio Coviello, Mattia Semperboni e Domenico Di Cristo, oltre a un coinvolgente assolo di Saïd Ramos Ponce. A

lla fine, inesorabilmente, sembrano tutti dissolversi nel nulla che abbraccia il teatro, dalla platea al dietro le quinte. Esiste solo il palco: sopra la vita fiorisce, fuori vige l’assenza, il tutto in potenza. La Danza è Vita, vuole dirci Valastro? O anche solo, come ci ricordava Pina Bausch nel 1999, balliamo, altrimenti siamo perduti.

L’applauso finale è davvero convinto da parte di un teatro pieno che ha ben gradito la serata e lo trasmette senza riserve, in attesa del prossimo appuntamento con il balletto a fine mese, Madina secondo Mauro Bigonzetti.

Tania Cefis
(16 febbraio 2024)

La locandina

Reveal
Nuova produzione Teatro alla Scala
Coreografia Garrett Smith
Assistenti Jessica Collado, Maude Sabourin
Musica Philip Glass
Costumi Monica Guerra
Luci Michael Mazzola
Skew-Whiff
Produzione AT&T Danstheater, The Hague, 1996
Nuova produzione Teatro alla Scala
Coreografia, scene e costumi Sol León e Paul Lightfoot
Assistente Jorge Nozal
Musica Gioachino Rossini
Luci Tom Bevoort
Memento
Nuova produzione Teatro alla Scala
Prima rappresentazione assoluta
Coreografia Simone Valastro
Musiche Max Richter e David Lang
Scene e costumi Thomas Mika, scene e costumi
Luci Konstantin Binkin

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