Milano: il claustrofobico Idomeneo secondo Hartmann
Il relitto di una nave giace come uno scheletro capovolto sulla scena, al suo fianco un’enorme testa di Minotauro, conchiglie sparse, il tutto su una piattaforma girevole.
Un grande microonde di lusso, in cui si consuma, in una claustrofobica visione dell’isola di Creta, il dramma interiore di Idomeneo.
Questa la concezione del regista tedesco Matthias Hartmann per la nuova produzione di Idomeneo del Teatro alla Scala: un’idea fissa, equilibrata nel suo ostinato divenire, in cui spesso sono le luci a sconvolgerne le sorti invadendo prepotentemente la sala. Tuttavia lo spettacolo non convince: se da un lato Hartmann lascia spazio alla musica, dall’altro i personaggi risultano privi di quello scavo introspettivo necessario a definire non solo i singoli caratteri ma anche le relazioni fra loro.
Sul versante musicale Diego Fasolis, intervenuto a sostituire il maestro Christoph von Dohnanyi, propone l’esecuzione pressoché integrale – qualche taglio c’è – dell’opera nella versione andata in scena in forma privata nel 1781 presso la residenza del principe di Monaco di Baviera.
L’utilizzo di strumenti moderni non impedisce a Fasolis di ricorrere a una prassi “storicamente informata” dalla quale deriva un Mozart asciutto nelle sonorità e risoluto nella scelta dei tempi. Se nelle arie di furia di Elettra, dove la giovane Federica Lombardi si è distinta per agguerrite doti vocali, timbro brunito e volume, la concertazione è stata efficace; in altri momenti – come nei mirabili quartetti – è venuta mancare quella celestiale cantabilità che solo Mozart sapeva creare. Tralasciando qualche scollamento col coro (come sempre sapientemente istruito da Bruno Casoni), se da un lato Fasolis ha cercato di conferire compattezza a una partitura complessa non solo musicalmente ma anche drammaturgicamente, nel contempo sono stati trascurati molti dettagli testuali nei recitativi e nel fraseggio.
Ne consegue un Idomeneo, interpretato dal tenore Bernard Richter, più a fuoco nei recitativi che nelle arie e funestato da una scelta registica – con buona pace di chi la pensa diversamente – che nel momento più impervio della celebre aria “Fuor del mar” è costretto ad arrampicarsi sulla testa del Minotauro, anziché cantare le agilità comodamente in proscenio.
La mancanza di cura nell’accento, soprattutto nei recitativi, si è avvertita in tutto il resto del cast: Julia Kleiter è un’Ilia compita (nonostante alcuni suoni fissi), Michèle Losier è un’Idamante temperamentoso nelle intenzioni ma spesso incolore. Giorgio Misseri, in difficoltà nella prima aria di Arbace, si riprende sorprendentemente nella seconda. Bene il resto del cast, poco d’impatto invece l’intervento del corpo di ballo del Teatro alla Scala.
Considerato il recente trionfo di Semele diretto da Gardiner in forma semiscenica, non sarebbe opportuno riflettere sulla natura di Idomeneo, dramma eseguito per la prima volta in forma di concerto e che per certi aspetti non è così lontano dall’ibrido nonché singolare (e pertanto interessantissimo!) oratorio profano di Händel?
Gian Francesco Amoroso
(16 maggio 2019)
La locandina
Direttore | Diego Fasolis |
Regia | Matthias Hartmann |
Scene | Volker Hintermeier |
Costumi | Malte Lübben |
Luci | Mathias Märker |
Personaggi e interpreti: | |
Idomeneo | Bernard Richter |
Idamante | Michèle Losier |
Arbace | Giorgio Misseri |
Ilia | Julia Kleiter |
Elettra | Federica Lombardi |
Gran Sacerdote | Krešimir Špicer |
Voce di Nettuno | Emanuele Cordaro |
Due Cretesi | Silvia Spruzzola, Olivia Antoshkina |
Due Troiani | Massimiliano Di Fino, Marco Granata |
Coro, Corpo di Ballo e Orchestra del Teatro alla Scala | |
Maestro del Coro | Bruno Casoni |
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