Milano: il ritorno alla danza si fa memoria e resilienza secondo i Kataklò
Attesa. Paura di toccarsi. Poi tentennamento nell’abbracciarsi, voglia matta di prendersi e fondersi, e bisogno di scontrarsi; e da lì lanciarsi di nuovo nella vita, insieme, in un moto perpetuo, come è la naturale tendenza delle particelle di un atomo.
L’apertura del nuovo spettacolo della compagnia Kataklò Athletic Dance Theatre, “Back to Dance”, andato in scena al Teatro Carcano di Milano dal 26 al 30 gennaio, è all’insegna delle pause e dei sospesi, fra moto e immobilità. Sei performer attendono di riprendere a fare quello che è naturale facciano, eccitati dal countdown della musica, tesi nella pulizia del movimento, pronti a dare sfogo all’energia e alla passione, ma un coitus interruptus costringe questi corpi a bloccarsi, ritornare sui propri passi e ripartire daccapo, reiterando follemente il gesto iniziale, ormai sclerotizzato, ancora e ancora. Il tutto sottolineato dalla musica elettronica che s’interrompe e si riavvolge, come si faceva con le audiocassette negli stereo di trent’anni fa.
Poi l’agonia cessa e le sonorità esplodono, insieme al gesto scenico che può prendere finalmente forma, compiendosi nella sua interezza. Da qui si susseguono, in un tempo unico, quadri e frammenti concertati nell’idea e nella coreografia da Giulia Staccioli, direttrice artistica e fondatrice della nota compagnia italiana di physical theatre. Non è una serata per chi cerca la purezza tecnica della danza, ma del resto non è l’obiettivo né della compagnia né di questo spettacolo. I Kataklò sono sempre stati un ensemble sui generis, la loro non è danza accademica, non è ginnastica e nemmeno teatro, ma è anche tutto questo insieme. E nel loro inconfondibile stile, il titolo “Back to Dance” pare quindi un invito a non dare nulla per scontato, come questa pandemia, di cui non riusciamo a liberarci, ci ha insegnato: non è scontato poter tornare a calcare un palcoscenico, non è scontato poter accogliere il pubblico nei cinema e nei teatri, non è scontato potersi allenare, non è scontato anche solo potersi toccare, vedere un sorriso o una smorfia sui visi di chi incontriamo, e non è più nemmeno scontato poter camminare per strada quando e come ci pare. E questo emerge bene dall’impianto generale dello spettacolo, che ci offre appunto come fil rouge l’idea del ritorno, un ritorno che non è, però, nostalgia del passato, ma memoria e fondamenta, per poter procedere verso il futuro, consapevoli che il presente è un continuo divenire e un modificarsi di accadimenti e situazioni a cui è necessario adattarsi per non esserne sopraffatti. Chi si ferma è perduto, si dice: ritorno e resilienza, forse potrebbero essere le parole chiave che sintetizzano la serata.
E quindi i sei in scena, Gian Mattia Baldan, Matteo Battista, Giulio Crocetta, Carolina Cruciani, Eleonora Guerrieri e Sara Palumbo, sono chiamati a dosare bene ironia e sentimento, energia e lirismo, preparazione atletica e interpretazione artistica, fisicità e attorialità, tra un quadro e l’altro proposti senza soluzione di continuità. Quattro le “tappe” proposte da questo viaggio nel mondo dei Kataklò: l’umanità, la mitologia, l’eroismo, la leggerezza. Ed ecco ritrovare momenti di Play, Eureka, Puzzle rivisitati, così come i costumi, per lo più riadattati da precedenti produzioni, accanto a nuove ideazioni, in un gioco di colori che aiuta a codificare l’atmosfera. Torna allora l’intramontabile Jump, con il bianco della sciatrice che abbraccia il vento e vi danza insieme, seguita dal turchese intenso dell’uomo-onda, per poi affondare in un’atmosfera urban di toni neri d’asfalto, fino al rosso infernale che sta tanto bene nel labirinto del Minotauro; e sul finale è un attimo passare da ritmi tribali coi suoi colori terrosi e dalle atmosfere primitive con pelli e foglie di tutti i toni del verde, alla disco dance anni ’80 con i suoi lustrini argentei.
Il pastiche presenta un’ora e mezza godibile di atletismo e poesia, se pur non di immediata comprensione nella sua narrazione per uno spettatore poco preparato. E se, potendo dividere idealmente in due parti l’atto unico, la prima metà convince e coinvolge in questo viaggio tra il passato e il nuovo, con giochi di luce particolarmente efficaci, la seconda parte propone accostamenti non sempre del tutto convincenti e un impianto coreografico meno accattivante, a tratti un po’ forzato. Il teatro pieno ha comunque accolto questa nuova produzione con applausi sinceri, donati a più riprese lungo tutto lo spettacolo, dimostrando affetto e apprezzamento.
Vero è, poi, che per tutta la serata, come suggerito dal programma di sala, è aleggiato un messaggio di speranza, quello di raccogliere tutti i pezzi, per ricostruirsi, rigenerarsi e mostrarsi nuovi ma sempre fedeli a se stessi. E quindi viva il ritorno a danzare, sperando di rivedere presto i Kataklò sfidarsi ancora in una nuova produzione.
Tania Cefis
(26 gennaio 2022)
La locandina
Kataklò Athletic Dance Company | |
Back to dance | |
Ideazione e direzione artistica | Giulia Staccioli |
Assistente alle coreografie | Irene Saltarelli |
Con | Gian Mattia Baldan, Matteo Battista, Giulio Crocetta, Carolina Cruciani, Eleonora Guerrieri, Sara Palumbo |
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