Milano: in principio era la Resurrezione
Finalmente dopo tanta attesa prende il via, per festeggiare i 30 anni dell’Orchestra Sinfonica di Milano, il Festival Mahler con l’imponente Seconda Sinfonia diretta da Andreij Boreijko. Protagonisti con lui e l’orchestra, sul palco dell’Auditorium, il Coro Sinfonico di Milano diretto da Massimo Fiocchi Malaspina e le due soliste Valentina Farcas soprano e Bettina Ranch mezzosoprano.
Questa mastodontica architettura sinfonica trova dopo lunghi anni di gestazione una sua organicità in una struttura in cinque movimenti: i due estremi che da soli formano un blocco di quasi un’ora mentre i tre in posizione centrali hanno la funzione di intermezzi. L’inizio cupo e tormentato è insolitamente poco aggressivo e non ha l’impatto ineluttabile che ci si aspetterebbe. Con il proseguire del movimento si comprende che la lettura di Boreijko non è orientata ad evidenziarne la tragicità funebre ma piuttosto ad osservarne il succedersi degli episodi e degli eventi.
Il primo vero sussulto avviene con il crescendo che conduce alla riapparizione dell’incipit del movimento. Il direttore russo è molto impegnato a bilanciare di volta in volta le dinamiche cercando spesso di contenere la fragorosa esuberanza degli ottoni, che però con il passare della sinfonia riescono sempre più ad aggiustare il tiro.
Il secondo movimento, un Ländler, ci illude che si tratti di una serena parentesi campestre, ma subito un sapore mesto, velato di grottesca ironia ci si pone davanti. Boreijko descrive benissimo i luoghi e le ambientazioni in cui Mahler ci conduce in questo movimento ed anche in quello successivo che, centrale nella sinfonia, funge da Scherzo. L’instabile incredulità che porta con sé è affidata ai timpani tra l’umor nero dei legni (oboe e clarinetto) e alla grancassa. Arriva quindi il momento della voce con il quarto movimento “Urlicht” (luce primigenia): è premessa del finale e la chiave di volta di tutta la sinfonia. Il mezzosoprano Bettina Ranch intona il Lied della raccolta Des Knaben Wunderhorn con grande espressività, ma non tanta chiarezza di dizione. La voce nel registro più grave è un po’ vuota e con poca proiezione. La pagina è magica nella scrittura mahleriana con l’iniziale corale di trombe e corni, con il continuo mutare del tempo da 3/4 a 4/4: un atto di fede che ci conduce in una dimensione “sacra” e spirituale prima della grande apoteosi del finale. Nel quinto e ultimo movimento Mahler si gioca tutto: orchestra, gruppi strumentali in lontananza, i due solisti e il coro. Come spesso è solito fare, Mahler anticipa qui, proprio all’inizio del quinto movimento, il materiale che, dopo varie riapparizioni durante il movimento, verrà sviluppato nel finale della sinfonia. D’effetto la deflagrazione e la perorazione che precede il tumultuoso “Giudizio universale”. Arrivano poi gli interventi del coro e del soprano Valentina Farcas. Quest’ultima non sembra molto a suo agio con questo repertorio: la voce fatica a bucare l’orchestra e nei frangenti in cui canta con la Ranch tende a scomparire a vantaggio del mezzosoprano. Il coro invece a parte qualche imprecisione di intonazione è protagonista di una buona prova, nonostante il gesto di Boreijko non lo aiuti: invisibile dalla platea, Fiocchi Malaspina deve aver probabilmente fatto un grande e prezioso lavoro. Il tripudio del grandioso e luminosissimo finale trasfigura e risolve tutte le tensioni e le incertezze accumulate nei 70 minuti precedenti: solo qualche lievissima imprecisione di attacco del suono degli ottoni prova ad impensierire questa pagina conclusiva che imperturbabile e potente trascina la sala dell’Auditorium verso un applauso liberatorio.
Luca Di Giulio
(25 ottobre 2023)
La locandina
Direttore | Andreij Boreijko |
Soprano | Valentina Farcas |
Mezzosoprano | Bettina Ranch |
Orchestra Sinfonica e Coro Sinfonico di Milano | |
Maestro del Coro | Massimo Fiocchi Malaspina |
Programma: | |
Gustav Mahler | |
Sinfonia n. 2 in Do minore Resurrezione |
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