Milano: la Winterreise onirica di Goerne e Andsnes

Al suo apparire in scena un artista è concepito, dall’immaginario collettivo, come un essere soprannaturale, esente da tutto ciò che la quotidianità comporta. Un’entità che vive nell’istante in cui si apre il sipario o si anima nell’ascolto domestico di un cd.
Tuttavia, sebbene il mito sia alimentato dai soliti luoghi comuni riassumibili nel celebre (e attualissimo) verso «Vissi d’arte», è altrettanto vero che «l’artista è un uomo» vulnerabile come tutti gli esseri viventi.
Può pertanto capitare che un cantante, per una serie di ragioni personali, e non sempre per mero capriccio, sia costretto a cambiare programma anche all’ultimo momento.
È stato il caso di Matthias Goerne, il quale, per il tanto atteso recital di canto alla Scala, ha sostituito due cicli liederistici di Schumann con la Winterreise di Schubert.
Nonostante il titolo sia piuttosto frequente nei cartelloni milanesi, la lettura di Goerne, in duo col pianista norvegese Leif Ove Andsnes, è stata positivamente insolita.
Discendente della gloriosa scuola di Elisabeth Schwartzkopf e Dietrich Fisher Dieskau, Goerne coniuga la raffinata ricerca timbrico-vocale dei suoi maestri con una peculiare componente scenica di forte impatto espressivo.
Se a un primo istante questo carattere può risultare invasivo nel suo essere prorompente, in realtà, nella cornice di un grande teatro frequentato da un pubblico italiano, si è rivelato un valore che amplifica il testo poetico potenziandone la narrazione.
Il lungo percorso poetico su versi di Wilhelm Müller ha avuto inizio con un Gute Nacht particolarmente sommesso ed estremamente drammatico che ha immerso immediatamente il pubblico in una lettura silenziosa e intimistica.
La linea di canto di Goerne alterna lirismi raffinatissimi ad accenti incisivi ricamando con mezze voci incantevoli le arcate dei lieder più espressivi.
La sua voce non solo racconta il viaggio interiore del viandante solitario ma dipinge scenari dettagliati con tinte contrastanti ed estremamente umane.
Al canto di Goerne si intrecciano i bagliori pianistici di Leif Ove Andsnes, il quale aumenta la prospettiva interpretativa grazie a un tocco di rara bellezza e a un dominio assoluto della tastiera.
Sognante nel quinto lied Der Lindenbaum, in cui Andsnes ottiene un suono ultraterreno suonando tutto a mezzo tasto, Goerne raggiunge l’apice interpretativo in Das Wirtshaus, dove la dilatazione dell’indicazione Sehr langsam gli ha permesso di sottolineare ulteriormente il malessere che pervade questa pagina.
Malinconico e rassegnato il congedo con Der Leiermann, lasciando il pubblico in profondissimo silenzio.
Schubert ancora una volta totalizza l’ascoltatore ed è difficile uscire da teatro senza quel sublime senso di malinconico abbandono che, seppur doloroso, eleva lo spirito confermando l’intraducibile spirito romantico tedesco della parola Shensucht.

Gian Francesco Amoroso
(3 dicembre 2019)

La locandina

Baritono Matthias Goerne
Pianoforte Leif Ove Andsnes
Programma:
Franz Schubert
Winterreise op. 89 D 911
Ciclo liederistico su testi di Wilhelm Müller

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