Milano: nell’Orontea va in scena il “Tout Milan”
Nell’appuntamento settembrino della Scala con l’opera barocca, è andato in scena quest’anno il nuovo allestimento dell’Orontea di Antonio Cesti con la regia di Robert Carsen e la direzione di Giovanni Antonini.
Opera dagli alterni destini, ampiamente rappresentata all’epoca della sua composizione (1656) e poi quasi dimenticata. Ripresa sporadicamente nel ‘900 con scarsa discografia, fu rappresentata alla Piccola Scala nel 1961. Una partitura tra il serio e il comico, godibile, con pagine brillanti e passaggi di struggente lirismo, testimone di un gusto seicentesco in cui gli intrecci, gli equivoci e gli amori tormentati erano il pane quotidiano che divertiva le corti europee dove quest’opera ebbe ampia fortuna.
La regia di Robert Carsen è una ventata di freschezza, con la sua ambientazione in un’ipotetica galleria d’arte contemporanea milanese.
È tutto un via vai di maestranze, opere d’arte e situazioni, fra le quali la regina egiziana Orontea veste i panni della direttrice-mistress, in versione underground. Nella sua reggia-galleria, Orontea comanda tutto e tutti tranne le sue emozioni. Infatti, dopo aver rivendicato fermamente la sua libertà, capitola tra le braccia dell’improvvisato pittore Alidoro, dopo patemi d’animo e scambi di persona.
La trasposizione è ben riuscita perché rende fruibile un materiale musicale di indubbio valore artistico, ma anche espressione di un’estetica a volte lontana dal sentire contemporaneo, specialmente in relazione agli intrecci amorosi, le traversie e i travestimenti, che agli occhi dell’ascoltatore contemporaneo possono apparire un po’ macchinosi ma sicuramente attualissimi all’epoca della sua composizione.
Le scenografie di Gideon Davy sono ampie e luminose e consentono di immedesimarsi nella storia, come se fosse un love affaire dei tempi di Tik Tok. Ad esempio l’ufficio con ampia vista su Piazza Gae Aulenti e torri Unicredit, o ancora la scena dell’evento in galleria, con immancabile passerella di fotografi, influencers wannabe e improbabili modelle.
Tutto molto divertente e in linea con un tipico evento di una design o fashion week milanese.
La parte musicale è gestita con cura da Giovanni Antonini e l’orchestra della Scala su strumenti storici. Il direttore offre una lettura elegante e scorrevole dell’opera. I volumi risultano esigui rispetto allo spazio della Scala, ma ciò non impedisce di godere appieno della brillantezza virtuosistica e dei passaggi più intimi delle “arie” specialmente dalle prime file della platea.
Sul piano vocale, Stéphanie D’Oustrac è un’Orontea molto credibile sul piano interpretativo, proponendo un personaggio dal forte temperamento, ma meno su quello vocale, con alcuni passaggi “duri” e non perfettamente a fuoco.
Carlo Vistoli è un valido Alidoro, a suo agio nella parte vocale, gestendo con solida tecnica le insidie della scrittura a lui riservata, restituisce un personaggio che da timido scapigliato si trasforma in arrivista in ascesa, aiutato, in ciò, da un cambio di costume particolarmente calzante.
Altrettanto riuscita è la performance di Hugh Cutting nel ruolo di Corindo. Voce morbida e ben controllata.
Luca Tittoto nei panni del servo ubriaco Gelone offre una performance eccellente. La voce è perfettamente a fuoco e a servizio di un’interpretazione brillante e mai macchiettistica.
Ottime performance anche dal resto del cast, specialmente Francesca Pia Vitale e Maria Nazarova.
A fine serata ampi applausi per tutto il cast.
Pietro Gandetto
(2 ottobre 2024)
La locandina
Direttore | Giovanni Antonini |
Regia | Robert Carsen |
Scene e costumi | GIDEON DAVEY |
Luci | Robert Carsen, Peter van Praet |
Personaggi e intarpreti: | |
Orontea | Stéphanie d’Oustrac |
Creonte | Mirco Palazzi |
Silandra | Francesca Pia Vitale |
Corindo | Hugh Cutting |
Gelone | Luca Tittoto |
Tibrino | Sara Blanch |
Aristea | Marcela Rahal |
Alidoro | Carlo Vistoli |
Giacinta | Maria Nazarova |
Orchestra del Teatro Alla Scala |
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