Milano: Romanovsky, Chung e il diabolico Rach 3

Un programma interamente dedicato alla Russia è ciò che la Filarmonica della Scala ha proposto per l’edizione 2019 del festival MiTo Settembre Musica. L’immancabile presenza della compagine orchestrale scaligera tra le stelle previste dalla programmazione dell’importante kermesse musicale, ha suscitato grande entusiasmo.

Ad accoglierla, lo scorso 11 settembre, un Teatro degli Arcimboldi gremito, sul podio Myung-Whun Chung, solista un indiscusso talento degli ottantotto tasti, Alexander Romanovsky. Pianista di origine ucraina, vincitore a soli diciassette anni del primo premio al Concorso Busoni di Bolzano, ospite regolare dei palcoscenici più prestigiosi al mondo. Ad aprire la serata una sua interpretazione del Terzo Concerto in re minore op. 30 per pianoforte e orchestra di Sergej Rachmaninov. Il “diabolico” Rach 3, temuto quanto adorato colosso del repertorio pianistico tardo-romantico.

Pagine dalla grande difficoltà esecutiva ma anche cariche di espressività e pathos, di quel virtuosismo trascendentale tardo-ottocentesco riconosciuto come di certa ispirazione lisztiana. La lettura di Romanovsky è leggera, quasi eterea, impalpabile.

Molto lontana rispetto a quello che nell’immaginario collettivo è associato al Rach 3. Non energia sanguigna, non quell’espressione di “ridondante sentire” che lo fece relegare dalla critica del tempo a manifesto di un romanticismo ormai corrotto, inno a una sorta di psicologismo sentimentalistico. Quella musica che «nasce dal cuore e si rivolge al cuore» appare veicolata con un tocco inaspettatamente timido. L’intensità partecipata, sentita ed estremamente passionale di cui è foriera arriva quasi dimessa, sussurrata.

Lo sconvolgente e travolgente entusiasmo lascia spazio ad un raffinato intimismo. Certo, non è ciò che ci si attende dal “famigerato” Rach 3 ma la lettura di Romanovsky è indubbiamente interessante e profondamente meditata.

Ottima l’intesa con l’orchestra, così come gli equilibri. I timbri e le sonorità si incontrano, inseguono e incrociano in un turbinio di sinuose volute armoniche. Il gesto morbido ma al contempo energico di Chung, la sua mimica, il suo disegno interpretativo, diventano suono, musica, in una perfetta simbiosi con lo strumento orchestra. La sua guida continua a garantire alla compagine orchestrale fondata da Claudio Abbado e dai musicisti scaligeri – con l’obiettivo di sviluppare il repertorio sinfonico accanto alla tradizione operistica del Teatro – solidità, insieme ed espressività singolari.

La serata è proseguita con un altro capolavoro di provenienza grande madre Russia, la Sesta Sinfonia in si minore op. 74 di Pëtr Il’ič Čajkovskij dal titolo “Patetica”, forse a sottolineare l’elemento di compassione e dolore che traspare dalla sua scrittura.

L’esecuzione di queste celebri pagine spazia da momenti di toccante e raffinato lirismo ad altri di incontenibile e trascendente energia. Pagine che, a fronte dell’entusiasmo con cui furono composte, destarono, in occasione della prima esecuzione avvenuta a San Pietroburgo nell’ottobre del 1893, un inatteso scetticismo del pubblico. Pagine ritenute eccessivamente cupe e sobrie che secondo l’autore crearono “un certo smarrimento”. Nulla di tutto ciò si è invece respirato agli Arcimboldi dove ad accoglierne l’esecuzione sono stati scroscianti applausi.

Luisa Sclocchis
(11 settemmbre 2019)

La locandina

Filarmonica della Scala
Direttore Myung-Whun Chung
Pianoforte Alexander Romanovsky
Programma:
Sergej Rachmaninov Concerto n. 3 in re minore per pianoforte e orchestra op. 30
Pëtr Il’ič Čajkovskij Sinfonia n. 6 in si minore op. 74 “Patetica”

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