Milano: Sacré di Sergei Polunin, dionisiaco a metà
Visi bianchi come mimi francesi, che diventano marionette isteriche senza fili; zombie, ombre umane ridotte a puro simbolo su una scena desolatamente vuota. Con questa immagine si alza il sipario del Teatro degli Arcimboldi di Milano su Sacré, nuovo spettacolo del danzatore ucraino naturalizzato russo Sergei Polunin, il “cattivo ragazzo” della scena tersicorea contemporanea, che ha fatto molto parlare di sé ultimamente, non solo per la presenza sul Calendario Pirelli in cui prima balla il tango poi posa nudo insieme a Lætitia Casta, ma soprattutto in seguito al discusso tatuaggio del volto di Vladimir Putin sul petto.
La prima parte, Fraudulent Smile, sono trenta minuti in cui si susseguono diversi quadri con contributi d’insieme e assoli, passi a due e a tre, sulla straniante musica del trio polacco Kroke, un misto di musica Klezmer ed etnica contemporanea. Si crea così una sorta di teatro-danza denso di rimandi simbolici (come il pas de deux con un ananas), caricatura delle emozioni umane e del concetto di maschera, che sembra anche rimandare ai sette peccati capitali.
“Perché una persona buona fa cose sbagliate?” è la domanda che con questa nuova produzione, alla sua prima assoluta, il coreografo Ross Freddie Ray pone a Sergei Polunin; il quale risponde moltiplicandosi in sette danzatori più due ballerine – Johan Kobborg, Estelle Bovay, Julia Baro Claveria, Liam Morris, Razvan Cacoveanu, Killian Smith, Giorgio Garrett, Cristian Preda – proiezioni di una mente sola che mostra e sfaccetta i propri pensieri, le bramosie, le dolcezze, le angosce, le derisioni, le gelosie, le possessioni, gli innamoramenti e le paure. Il tutto eccessivo, quasi espressionista se consideriamo le manifestazioni facciali che sembrano proprie di un film di Fritz Lang degli anni Venti del secolo scorso. Ma anche profondamente intimista, nei gesti reiterati che svelano una schizofrenia dell’uomo alle prese con il suo doppio, una sorta di “Venom” malvagio che cerca di prendere il sopravvento sull’essere buono e razionale, cosa che culmina nell’assolo conclusivo dell’atto. Applausi da parte di un teatro decisamente pieno soprassiedono a una performance interessante, ma non convincente soprattutto nei momenti di ensemble, durante i quali si denota una certa asincronia del gruppo e confusione nel disegno coreografico, nonostante i danzatori in scena non siano più di 5 o 7 contemporaneamente.
Il secondo atto presenta quindi la coreografia che dà il nome alla serata, Sacré, firmata dalla giovane ballerina e coreografa Yuka Oishi per Polunin sulla nota composizione di Igor Stravinsky Le Sacre du Printemps. Presentato il 14 luglio scorso all’Origen Festival Cultural di St. Moritz, l’assolo vede il suo protagonista in tuta mimetica calarsi nei panni di un moderno Vaslav Nijinsky, leggendario danzatore e coreografo dei Ballets Russes di Diaghilev, alle prese con la schizofrenia che ha caratterizzato l’ultima parte della sua vita dentro e fuori dagli ospedali psichiatrici.
L’azione drammatica è una ricerca profonda nell’umanità della persona, oltre la fama dell’artista e al di là della follia che tutti possono vedere e che lo tiene isolato dal resto del mondo, all’interno di un cerchio-prigione di foglie cadute.
Qui più della tecnica ballettistica, che purtroppo ha poche occasioni di esprimersi e senza particolare rilievo, emerge una forte componente interpretativa, che lega questo secondo atto alla prima parte dello spettacolo. Il fil rouge – letteralmente, in quanto compare durante la coreografia una corda rossa che arriva ad imbrigliare e a sopraffare completamente il danzatore nel finale – lega infatti le due proposte coreografiche all’insegna della recitazione e del simbolo: la corda sembra innalzarsi a sintomo dell’incomprensione e dell’opprimente giudizio da parte della società, fino a portare all’emarginazione e alla solitudine del singolo additato come diverso e malato da parte di un Coro greco sottinteso, evocato dall’eloquente musica stravinskiana.
In ultima analisi, avremmo voluto vedere più danza in questa serata dal ritmo dionisiaco. Polunin ha fatto largo sfoggio del suo personaggio di bad boy, ma è mancato un po’ il danzatore atletico, prestante, dai salti mozzafiato che tutti aspettavamo.
Lo spettacolo si conclude quindi con un generale consenso, come rileva la buona accoglienza del pubblico, che tributa calorosi ma non sfegatati applausi per protagonista e coreografa.
Tania Cefis
(10 dicembre 2018)
La locandina
Sergei Polunin in SACRÉ | |
Balletto dedicato a Vaslav Nijinskij | |
Coreografia I atto | Ross Freddie Ray |
Coreografia II atto | Yuka Oishi |
Coreografo / danzatore | Johan Kobborg |
Danzatori | Liam Morris, Razvan Cacoveanu, Killian Smith, Giorgio Garrett, Cristian Preda |
Programma: | |
Fraudulent Smile | |
Coreografia Ross Freddie Ray | |
Musica Kroke | |
Sacré | |
Coreografia Yuka Oishi | |
Musica Igor Stravinskij La sagra della primavera |
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