Milano: una Cenerentola elegiaca celebra Abbado e Ponnelle
Il processo della Rossini renaissance, avviato da Vittorio Gui, Gianandrea Gavazzeni Tullio Serafin e Carlo Maria Giulini con la reintroduzione in repertorio di alcuni titoli rossiniani completamente dimenticati, vide –com’è noto– in Claudio Abbado e Alberto Zedda i massimi esponenti di un movimento al quale saremo debitori a vita.
Nonostante i tagli che le opere subivano negli anni ‘50, il callassiano Turco in Italia ne è un esempio, già all’epoca emergeva l’esigenza di restituire il pensiero musicale e teatrale del compositore pesarese.
Negli anni ’70 l’importante e poderoso lavoro di carattere musicologico unito all’aspetto performativo, tramite il felice connubio artistico fra Abbado e il regista parigino Jean-Pierre Ponnelle, vide la nascita di due importanti produzioni: Il barbiere di Siviglia e La Cenerentola.
Nel quinto anno dalla scomparsa del maestro Abbado, il Teatro alla Scala ripresenta lo storico e intramontabile allestimento della Cenerentola, qui ripreso da Grischa Asagaroff, che, nonostante l’età, mantiene ancora intatto quel sottile e squisito equilibrio fra i contenuti giocosi ed elegiaci del dramma.
Contenuti che Ottavio Dantone fonde in una lettura più incline all’aspetto malinconico-sentimentale a scapito di quella ironica leggerezza che solo l’uso della bacchetta può conferire.
Tuttavia, nonostante alcuni scollamenti, il suono dell’orchestra è sempre molto curato e ottimi sono gli equilibri fra buca e palcoscenico così come gli interventi eleganti e mai invasivi di Paolo Spadaro al fortepiano.
A indossare i panni di Angelina è Marianne Crebassa, mezzosoprano dal timbro brunito, più a suo agio nelle parti cantabili, affronta la scrittura virtuosistica con intelligente cautela, conferendo al ruolo un’aura ancor più nobile e innocente.
Raffinato il don Ramiro di Maxim Mironov, chiaro nella dizione, puntualissimo nelle agilità e sicuro negli acuti, che, nonostante un’emissione delicata, è più che convincente.
Nicola Alaimo è un Dandini credibilissimo, completamente calato nel personaggio volteggia con elegante ironia sul palcoscenico dominando molto bene la parte vocale.
Carlos Chausson nelle vesti del pedante don Magnifico ricalca alla perfezione lo spirito registico di Ponnelle così come il sapiente Alidoro di Erwin Schrott.
Nonostante i ruoli diano adito a una certa vivacità, la Clorinda di Tsisana Giorgadze e la Tisbe di Anna-Doris Capitelli sono risultate oltremodo caricaturizzate.
Ottimo come sempre il coro diretto da Bruno Casoni.
Gian Francesco Amoroso
(12 febbraio 2019)
La locandina
Direttore | Ottavio Dantone |
Regia, scene e costumi | Jean-Pierre Ponnelle |
Regia ripresa da | Grischa Asagaroff |
Luci | Marco Filibeck |
Angelina | Marianne Crebassa |
Don Ramiro | Maxim Mironov |
Don Magnifico | Carlos Chausson |
Dandini | Nicola Alaimo |
Alidoro | Erwin Schrott |
Clorinda | Tsisana Giorgadze* |
Tisbe | Anna-Doris Capitelli* |
Maestro al fortepiano | Paolo Spadaro Munitto |
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala | |
Maestro del coro | Bruno Casoni |
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