Milano: un’Ariadne tranquilla
Ariadne auf Naxos di Richard Strauss esordisce al Teatro alla Scala nel 1950, dopodiché seguiranno altre cinque produzioni la cui ultima risale al recente 2019.
Il capolavoro straussiano torna in tutta la sua complessa bellezza per la stagione 21/22 in allestimento austriaco curato da Sven-Eric Bechtolf. Se la versione precedente ci era parsa un po’ disordinata questa, al contrario, risulta alquanto lineare e scevra da qualsiasi chiave di lettura che potesse inficiare il non facile libretto di Hugo von Hofmannsthal.
La verbosità di questo’opera, infatti, costringe l’ascoltatore a una dettagliata consapevolezza non solo della vicenda ma soprattutto del testo. Il canto di conversazione che si avvicenda per gran parte dell’opera non lascia molto spazio a quelle meravigliose parentesi melodiche alla quali Strauss ci ha abituato in altri titoli, pertanto l’ascolto a tratti può risultare ostico per un pubblico poco avvezzo.
Naturalmente Ariadne aut Naxos rimane un unicum nella storia del melodramma il cui peculiare interesse e importanza risiede in un’orchestrazione raffinatissima alla quale azione e canto si intrecciano mirabilmente.
Bechtolf assieme allo scenografo Rolf Glittenberg scelgono una lettura lineare, non priva di elementi scenici atti a movimentare la narrazione come ad esempio la grotta di Ariadne realizzata come uno spazio scenico in cui campeggiano una serie di pianoforti a coda in disarmo sui quali agiscono i personaggi. I divertenti ed eleganti i costumi firmati da Marianne Glittenberg hanno conferito un guizzo di vivacità ad alcune scene senza mai risultare eccessivi.
Tuttavia se la parte visiva è risultata nitida, la concertazione di Michale Boder è parsa estremamente posata, a tratti ferma, a volte interminabile come nel lunghissimo estenuante finale. La visione generale di Boder, più da kapellmeister che da uomo di teatro, ha messo in luce con estrema chiarezza la struttura di una partitura indubbiamente raffinatissima ma che richiede maggiori slanci.
Nella compagnia di canto si distingue per introspezione e pregevole linea di canto il soprano Krassimira Stoyanova la cui vocazione straussiana si eleva -e ci eleva sempre- in un ideale universo sonoro, quasi privo di emozioni carnali ma puro nella sua essenza.
Al contrario il tenore Stephen Gould, nell’impervia parte di Bacchus, è risultato piuttosto affaticato e compromesso vocalmente.
Piccante e vivace la Zerbinetta di Erin Morley che al termine della tanto attesa aria iper-virtuosistica ha riscosso caloroso entusiasmo da parte del pubblico.
Markus Werba affascina sempre per la presenza scenica, le doti attoriali e il timbro morbido che lo contraddistingue rendendo molto credibile e comprensibile il ruolo del Maestro di Musica.
Ottima sorpresa Sophie Koch nel ruolo del Compositore così come Samuel Hassehorn nei panni di Arlecchino. Bene il resto del cast.
Cosa rimane, uscendo da teatro, di un’opera così complessa? Forse il senso di un mistero per qualcosa di totalmente inafferrabile, che richiede tempo per essere realmente compreso, tempo che, forse, i frenetici ritmi del quotidiano non ce lo concedono ma che il teatro ci restituisce coraggiosamente in tutta la sua bellezza.
Gian Francesco Amoroso
26 aprile 2022
La locandina
Direttore | Michael Boder |
Regia | Sven-Eric Bechtolf |
ripresa da | Karin Voykowitsch |
Scene | Rolf Glittenberg |
Costumi | Marianne Glittenberg |
Luci | Jürgen Hoffmann |
Personaggi e interpreti: | |
Der Haushofmeister | Gregor Bloéb |
Ein Musiklehrer | Markus Werba |
Der Komponist | Sophie Koch |
Der Tenor/Bacchus | Stephen Gould |
Ein Offizier | Hyun-Seo Davide Park |
Ein Tanzmeister | Norbert Ernst |
Ein Perückenmacher | Paul Grant |
Ein Lakai | Sung-Hwan Damien Park |
Zerbinetta | Erin Morley |
Primadonna/Ariadne | Krassimira Stoyanova |
Harlekin | Samuel Hasselhorn |
Scaramuccio | Jinxu Xiahou |
Truffaldin | Jongmin Park |
Brighella | Pavel Kolgatin |
Najade | Caterina Sala |
Dryade | Svetlina Stoyanova |
Echo | Olga Bezsmertna |
Orchestra del Teatro alla Scala |
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