Monte-Carlo: il Quatuor Diotima allo specchio
Due concerti speculari e al contempo complementari quelli proposti dal Quatuor Diotima – Yun-Peng Zhao Léo Mariller, Franck Chevalier e Pierre Morlet – al Festival Printemps des Arts de Monte-Carlo a celebrare il quartetto d’archi del Novecento attraverso l’Alfa e l’Omega dei due massimi autori del genere nel secolo scorso, ovvero Béla Bartók György Ligeti, entrambi ungheresi e transfughi, custodi del patrimonio popolare e insieme proiettati nel futuro.
Con loro uno sguardo sull’oggi con la prima assoluta di Extasis di Philippe Schoeller e un omaggio a Steve Reich con Different Trains.
Ad aprire il programma del 1º aprile il Quartetto n. 1 (1958) di Ligeti che a tutti gli effetti potrebbe essere il settimo dei quartetti di Bartók tanto gli è esteticamente vicino, anche se Ligeti esprime tutto in un unico movimento in cui si rincontrano attraverso frasi taglienti le angosce derivanti dalla situazione politica magiara.
Tutto poggia su quattro note proposte in forma di canone elaborate attraverso una serie di temi e melodie trasognate che il Diotima rende con un’esecuzione asciutta eppure carica di atmosfere sospese.
A seguire i quattro strumentisti nobilitano Extasis di Philippe Schoeller che per la prima volta si cimenta in una composizione per questo organico.
L’impaginato presenta tratti interessanti, soprattutto nella ricerca tematica e contrappuntistica – ispirata massimamente ai suoni e ai richiami della natura –, restando però un po’ in mezzo al guado per quanto riguarda lo sviluppo manifestando una certa qual sensazione di “inespresso” che lascia in certo modo contraddetti.
A chiudere il pomeriggio il Quartetto per archi n. 6 in re maggiore Sz. 114 che Bartók compose nel 1939 quando si accingeva, fiero antinazista, ad abbandonare il suo paese e nella quale si ravvisano tutte le lacerazioni e le tensioni derivanti dalla situazione storica e politica. Gli echi popolari lasciano il posto ad una sublimazione dolorosa dei ricordi, tutto si rarefà in una sorta pessimismo in cui non trovano spazio che il rimpianto e la delusione.
Qui il Diotima lavora di cesello mettendo prima a nudo e poi perfettamente a fuoco la composizione restituendola in tutta la sua dirompente complessità: le arcate sono perentorie, il fraseggio articolato attraverso scelte ritmiche stringenti.
Ruoli rovesciati al concerto del 2 aprile nella Sala delle Conferenze – un miracolo di acustica – del Musée océanographique con il Secondo quartetto di Ligeti (1968) e il Primo di Bartók (1909) e ancora una volta il confronto si mostra intrigante e sapidissimo.
La complessità delle forme nel lavoro di Ligeti si fa qui ancora più pressante e articolata rispetto a primo quartetto, articolandosi in cinque movimenti che non sviluppano temi ma si lanciano nell’esplorazione dell’organizzazione di un discorso che percorre una molteplicità di concetti sul modo di comporre stesso.
Qui l’esecuzione diviene quasi metafisica, il suono si sublima in mille rivoli cromatici il tutto a creare una narrazione le cui soluzioni e risposte restano volutamente sospese.
Nel Quartetto n. 1 in la maggiore op. 7 Sz. 40 Bartók è ancora legato alla componente popolare e con influenze ben riconoscibili delle opere di Liszt e di Strauss, ma pure con un uno sguardo ben fisso sulle avanguardie del secolo nascente con Debussy prima di tutto.
I contrappunti audaci, le dissonanze e la libertà delle linee melodiche che caratterizzano la pagina hanno trovato piena realizzazione nella lettura del Diotima che si è posto con intelligente intensità a servizio della musica dandone al contempo una visione affabulante.
Finale con quel capolavoro che è Different Trains (1988) di Steve Reich, in cui il compositore si interroga sull’indifferenza della memoria; quelli di Reich sono treni senza ritorno, che trasportano gli internati verso i campi di stermino o semplicemente passeggeri anonimi dei quali nulla è dato sapere.
La fusione delle voci ripetute e dei messaggi oltre che dai suoni degli strumenti stessi registrati su nastro magnetico è qui pressoché perfetta con il suono carnoso degli archi, dando vita ad un’esecuzione che non lascia respiro.
Successo pieno e meritatissimo al termine di entrambe le serate.
Alessandro Cammarano
(1º e 2 aprile 2023)
La locandina
Quatuor Diotima | |
Violino | Yun-Peng Zhao |
Violino | Léo Mariller |
Viola | Franck Chevalier |
Violoncello | Pierre Morlet |
Programma: | |
1º aprile – Théâtre del Variétés | |
György Ligeti | |
Quartetto per archi n. 1 | |
Philippe Schoeller | |
Extasis, pour quatuor à cordes (prima assoluta, commissione del Festival Printemps des Arts) | |
Béla Bartók | |
Quartetto per archi n. 6 in re maggio Sz. 114 | |
2 aprile – Musée océanographique | |
Programma: | |
György Ligeti | |
Quartetto per archi n. 2 | |
Béla Bartók | |
Quartetto per archi n. 1 in la maggiore op. 7 Sz. 40 | |
Steve Reich | |
Different Trains, per quartetto d’archi e nastro magnetico |
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