Napoli: Rusalka e la fiaba che non c’è
Dopo 2700 anni dalla fondazione mitica della città – la parte vecchia, quella del borgo marinaro vicino a Castel dell’Ovo, perché quella nuova, Neapolis, venne due secoli dopo – due “sirene” si impongono nell’immagine della città di oggi: la Parthenope del film di Sorrentino e la Rusalka dell’opera di Dvořák.
A dodici anni dalla precedente edizione, per l’ultima apertura di stagione dell’era Lissner torna al Teatro di San Carlo la fiaba della sirenetta boema.
Ma proprio fiaba non è nella lettura di Dmitrij Černjakov: «Rusalka, ovvero la fiaba che non vedrete», annuncia minaccioso il regista russo, «siamo delle persone adulte e il tempo delle favole è passato». Nel libretto di Jaroslav Kvapil i personaggi non hanno un nome proprio, sono indicati come il Principe, la Principessa straniera, il Cacciatore, le Ninfe. Qui sono invece delle persone “vere”: Rusalka appartiene a una squadra femminile di nuoto sincronizzato (le Ninfe), la sua vita si svolge in piscina e il suo unico riferimento maschile è l’istruttore (Vodník), finché non trova il suo uomo, il suo “principe”, e se ne innamora. E l’incontro è particolare: il giovane la investe con la sua Ferrari lunga una strada di una città contemporanea.
L’opera di Dvořák inizia come il Rheingold: anche qui tre ninfe dell’acqua cantano e danzano e un basso scherza con loro. E pure qui c’è una rinuncia: se in Wagner Alberich rinuncia all’amore per il potere, qui Rusalka per amore rinuncia alla parola e all’affetto delle sorelle. Come nel Ring il tema principale è dunque l’amore, là maledetto, qui condannato alla maledizione di dare morte e rendere eternamente infelici. Per Černjakov tutti i personaggi sono in qualche modo correlati alla protagonista, tanto che anche gli originali Guardiacaccia e Sguattero diventano – con esito piuttosto incoerente – i genitori di Rusalka (!). Unica pecca di una drammaturgia peraltro convincente.
L’ambientazione fiabesca è stata abbandonata negli ultimi anni da registi come Pountney e Carsen, per citare due esempi tra i più notevoli, mentre il tentativo di Emma Dante alla Scala di mantenerle a suo modo l’immaginario fiabesco si è rivelato poco convincente. Neanche qui c’è dunque, ma c’è invece la raffigurazione della vicenda come una graphic novel. Con la drammaturgia di Tatiana Werestschagina, la storia è narrata infatti tramite cartoon disegnati da Alexey Poluboyarinov e animati da Maria Kalatozishvili su uno schermo a tutta scena in cui si aprono delle finestre per i cantanti. La sincronizzazione raggiunge livelli di perfezione virtuosistica – ricorda un po’ quello che aveva fatto Barrie Kosky col suo Flauto magico – per cui i due livelli, quello grafico e quello “reale”, procedono in perfetta sintonia. Ma quando il palcoscenico si svela in tutta la sua grandezza, Černjakov non si limita al vuoto, ma costruisce prospettive non realistiche con semplici ma geniali metodi: quinte mobili che scorrono, si innalzano e si abbassano, tubi al neon che scendono per suggerire una angosciosa profondità spaziale illuminata dal gioco luci di Gleb Filshtinsky. Disegnati da Elena Zaytseva, gli abiti di tutti i giorni – costumi da bagno, felpe, tute da ginnastica… – diventano fantasiosamente felliniani per la festa in costume, dove la protagonista derisa si presenta vestita goffamente da sirena, parrucca biondo platino, scaglie dorate e ingombrante coda comprese.
Lo stesso regista, nella conversazione con Natascia Festa pubblicata sul programma di sala, ammette che questa sua lettura non sarebbe stata possibile senza la presenza di grandi attori-interpreti, e il nome di Asmik Grigorian è il primo a venire in mente. Indimenticata Rusalka nella meravigliosa produzione di Christof Loy quattro anni fa a Madrid, il soprano lituano subisce un piccolo incidente nella prima scena con Vodník: nella foga della recitazione il baritono Gábor Bretz dà una tale testata alla povera Grigorian che in platea si sente il suo «Ahi!» e si teme che la cantante abbandoni la scena per il dolore. Invece, visto che non esce sangue dal naso colpito, con grande professionalità continua intonando un canto alla Luna che più struggente non si può! Connotata da un’insolita inquietudine, questa pagina nella sua interpretazione sembra far già presagire il tragico finale con toni di lancinante tristezza. Poi, quando la riacquista alla fine del secondo atto, la voce ha un colore ancora più drammatico e nei duetti prima con la Ježibaba e poi col Principe l’emozione è intensa. Come sempre con la Grigorian l’immedesimazione col personaggio è totale, ma le superlative doti sceniche – per la maggior parte del secondo atto è muta! – non mettono in secondo piano quelle vocali, con una voce dal timbro sontuoso che si piega alle minime inflessioni della parola, un fraseggio analitico, suoni ben proiettati e acuti abbaglianti.
Adam Smith è uno spigliato Principe, molto terreno, dagli acuti però talora sforzati, meglio il Vodník di Gabor Bretz. Anita Rachvelishvili, spietata maga Ježibaba al cui studio si accede citofonando, pratica l’ipnosi e sfoggia un sonoro registro basso. Inappuntabile vocalmente e scenicamente è la Principessa di Ekaterina Gubanova. Incongruo ma efficace Peter Hoare come guardiacaccia/padre, meno convincente vocalmente lo sguattero/madre di Maria Riccarda Wesseling. Ben delineate le figure delle tre ninfe (Julietta Aleksanyan, Iulia Maria Dan e Valentina Pluzhnikova) e del cacciatore (Andrey Zhilikhovsky).
Romanticamente drammatica la direzione di Dan Ettinger alla testa di un’orchestra non sempre inappuntabile negli ottoni, ma ricca di colori. La sua lettura alterna momenti di intima introspezione e scatenamenti di grande energia con un deciso effetto teatrale che restituisce lo stile tardo-romantico della composizione strutturalmente wagneriana ma includente dati poetici di matrice folclorica e popolare.
Pubblico molto convinto negli applausi e ovazioni per la protagonista che in questa stessa sala due giorni fa con un recital di liriche di Rachmaninov ha incantato un uditorio ahimè piuttosto scarso.
Renato Verga
(3 dicembre 2024)
La locandina
Direttore | Dan Ettinger |
Regia e scene | Dmitri Tcherniakov |
Costumi | Elena Zaytseva |
Luci | Gleb Filshtinsky |
Video designer | Alexej Poluboyarinov |
Lead Animation Artist | Maria Kalatozishvili, |
Drammaturgia | Tatiana Werestschagina |
Personaggi e interpreti: | |
Il principe | Adam Smith |
La principessa straniera | Ekaterina Gubanova, |
Rusalka | Asmik Grigorian |
Vodník | Gabor Bretz |
Ježibaba | Anita Rachvelishvili, |
Il guardiacaccia/Il padre | Peter Hoare |
Lo sguattero | Maria Riccarda Wesseling |
Prima ninfa | Julietta Aleksanyan, |
Seconda ninfa | Iulia Maria Dan |
Terza ninfa | Valentina Pluzhnikova |
Il cacciatore | Andrey Zhilikhovsky |
Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo | |
Maestro del Coro | Fabrizio Cassi |
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!