Nicolò Balducci: la Generazione Z del controtenore

Voce limpidissima, tecnica impeccabile, stile ricercato – nel canto e non solo – e grande attenzione all’immagine social: Nicolò Balducci è incarnazione del controtenore “Generazione Z” – è nato nel 1999 – capace di trarre ogni insegnamento da chi lo ha preceduto restituendolo in chiave tanto contemporanea quanto rispettosa degli autori che interpreta e della musica che esegue. Oggi sarà al Ravenna Festival Le Vie dell’Amicizia  con replica il 9 a Lampedusa –dove sarà tra gli interpreti dello Stabat Mater che Giovanni Sollima ha composto in memoria dei migranti morti in mare.

Lo abbiamo incontrato per fargli qualche domanda.

  • Come ha scoperto la sua voce?

Sono nato cantante di musica leggera e ballerino; ad un certo punto ho detto ai miei genitori “no basta voglio provare a cantare, voglio vedere cosa succede”.
Sono partito dalla musica leggera, appassionandomi subito e sono andato avanti così per qualche anno, facendo in realtà una sorta di  crossover nel senso che dalla musica leggera poi sono passato a cantare in coro e in occasione della riapertura del Petruzzelli, avevo dieci anni, ho avuto la fortuna di cantare nel coro di voci bianche nella Carmen: quello è stato il primo imprinting col teatro.

  • Che cosa si ricorda di quell’esperienza?

La cosa che mi ha affascinato di più è che io guardavo dal palcoscenico, guardavo il pubblico di fronte e non vedevo nessuno perché le luci erano talmente forti da farmi pensare di stare cantando nel vuoto; mi sono sentito come se fossi solo e libero di esprimere tutto ciò che volevo.

  • E poi?

Niente. Ho continuato a fare musica leggera come se niente fosse sempre fino a quando non sono arrivato al liceo musicale, dove all’epoca il canto pop non era previsto tra gli insegnamenti e quindi ho dovuto scegliere canto lirico. E mai scelta fu più azzeccata perché la mia insegnante Anna Maria Stella Pansini con la quale lavoro tutt’ora; è stata veramente il mio angelo custode insieme alla meravigliosa Gemma Bertagnolli con cui mi sono laureato in canto barocco al Conservatorio “Pedrollo” di Vicenza.
La Maestra Pansini mi ha fatto scoprire questo mondo inizialmente come tenore poi ha avuto la lungimiranza, visto che io cantavo canzoni di Mika, Sam Smith o Freddie Mercury con le loro tessiture acutissime e lo facevo sempre sempre in falsetto, facendomi capire come “trasferire” tutto quello che facevo nella musica leggera nel nella musica classica, portandomi alla scoperta del mondo controtenorile.
Siamo partiti dalle arie per tenore di Parisotti e di Vaccaj, cantandole però all’ottava sopra; ovviamente non si poteva parlare di stile, non si poteva parlare di nulla anche perché lei è un soprano pucciniano quindi il barocco non è il suo non è proprio il suo repertorio, però a livello tecnico mi ha veramente preparato bene.

  • Poi è arrivata Gemma Bertagnolli…

Esatto, ho continuato con Gemma che mi ha trasmesso tutto il suo sapere per quanto riguarda stile ed espressività, aiutandomi a capire meglio come funzionasse questo repertorio e dandomi una base solida.

  • Quante volte, in Italia perché altrove non succede, si è sentito chiedere “Ma perché canti da donna?”?

 

(Sorride) Canto “da donna” perché credo che la mia voce risuoni in maniera più libera in quel registro; semplicemente per questo.  Non c’è un cantare da donna o un cantare da uomo: nel mio caso si tratta di cantare nella maniera più naturale per me. Semplicemente questo.

  • Il prossimo 6 agosto, tra i tanti impegni, sarà alle Festwochen der Alten Musik a Innsbruck, protagonista del Trionfo della Fama di Francesco Bartolomeo Conti. Ce ne parla un po’?

È una serenata che conti scrisse nel 1723 in onore dell’imperatore Carlo Vi in cui interpreto il personaggio principale il personaggio principale; mi aspetto una bellissima esperienza perché loavorerò con Ottavio Dantone e un gruppo di cantanti veramente molto importante Quella di Conti è musica che lascia spazio e libertà all’espressività.

  • Dunque, grande spazio a variazioni e abbellimenti.

Sì, esatto questo è la parte più bella, anche se ci sono barocchisti che sostengono che non barocco bisogna fare variazioni, magari perché sono magari più ligi allo spartito.
Io invece mi diverto così tanto e tantissime volte magari arrivano i direttori mi dicono “guarda ho scritto le variazioni per te” e io dico no perché me ne voglio scrivere io, perché conosco conosco bene la mia voce so come diciamo trarre il meglio da quelle che sono le mie potenzialità. Quindi scrivermi le variazioni significa provare a mettere in luce quelli che sono i miei punti di forza, anche se, come dicevo prima, quasi sempre i direttori scrivono delle cose bellissime per la voce.

  • E riguardo ai suoi impegni futuri?

Il più imminente al Ravenna Festival Le Vie dell’Amicizia il 7 luglio – replica a Lampedusa il 9 luglio – con Riccardo Muti e Giovanni Sollima. In programma lo Stabat Mater di Sollima, che è un progetto per commemorare i migranti morti in mare cercando di raggiungere Lampedusa.
Si tratta di una pagina meravigliosa per controtenore, coro orchestra e theremin, cantato in dialetto siciliano. Preciso che io amo il dialetto, che io, pugliese di Minervino Murge considero la mia lingua madre e che in famiglia parlo abitualmente; approfondire il siciliano è stato davvero emozionante perché il dialetto parla direttamente al cuore.
Poi farò un tour in Italia e in Europa con l’ensemble Dolci Affetti e con il programma proposto al Festival Monteverdi a Cremona, incentrato sulle cantate di Filippo Finazzi (qui la recensione) a cui farà seguito un disco.

Alessandro Cammarano

0 0 voti
Vota l'articolo
Iscriviti
Notificami

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

0 Commenti
più vecchi
più nuovi più votati
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti