Padova: Mao Fujita medita su Schumann
È la liaison tra il pianoforte e il Giappone il filo conduttore della sesta edizione del Festival Pianistico Internazionale “Bartolomeo Cristofori” e il concerto inaugurale ha visto protagonista – insieme all’Orchestra di Padova e del Veneto diretta da Wolfram Christ – il giovanissimo pianista nipponico Mao Fujita, che della rassegna è anche artista in residenza, ne è stata brillante testimonianza.
In un Teatro Verdi torrido si è andato dipanando un impaginato concepito con acume che prevedeva, senza soluzione di continuità, il Concerto in La minore per pianoforte e orchestra op. 54 di Schumann e la Sinfonia n. 4 in La maggiore op. 90 “Italiana” di Mendelssohn con il Trittico per archi di Yasushi Akutagawa a fare da ponte.
Il peccato originale della serata è rappresentato dalla mancanza della camera acustica in palcoscenico, assenza penalizzante del suono soprattutto dell’orchestra che è in più di un momento è apparso ripiegato su se stesso e ovattato.
È comunque doverosa un’assoluzione in quanto il costo di allestimento della struttura per un solo concerto è proibitivo e dunque la scelta del Festival diviene non solo comprensibile ma condivisibile e dunque la piena indulgenza viene da sé.
Il programma si è aperto dunque con il concerto per pianoforte che Schumann compose tra il 1841 e il 1845 per essere esuguito a Dresda nel 1846 con Clara Wieck-Schumann al pianoforte e la direzione di Felix Mendelssoh, riscuotendo consenso pieno di pubblico e lodi tiepide dalla critica che lo ritenne manchevole di virtuosismo pianistico.
In effetti allo strumento solista Schumann affida più un compito meditativo, quasi cameristico, e in quest’ottica si è posta la lettura di Fujita che si incammina per sentieri di delicata introspezione sorretta da un fraseggio filigranato nell’esposizione della melodia ma capace di accendersi in fiammate sagaci quando si tratta di note ribattute e nell’ampia cadenza.
Nell’Intermezzo-Andantino grazioso centrale Fujita risulta particolarmente convincente sposando una lettura in più di un momento liederistica.
Christ concerta seguendo una riflessività raccolta, quasi trattenendo l’orchestra e concentrandosi su una visione cameristica della pagina schumaniana.
Fujita concede come bis una canzone giapponese in memoria delle vittime di Fukushima.
A chiudere la prima parte del concerto il Trittico per archi composto nel 1953 da Yasushi Akutagawa – figlio di Ryūnosuke, autore di Rashomon – che risente dell’influenza di Šostakovič del quale fu amico, ma anche in qualche modo rimanda alle Antiche arie e danze di Repighi.
Ascolto gradevole ma nulla di più, con però buona prova degli archi della OPV e Christ capace di sbrigliare il suono attraverso scelte rimiche incalzanti.
Dopo l’intervallo Christ offre all’ascolto un’”Italiana” di Mendelssohn finemente cesellata nelle dinamiche, ben equilibrata nella scelta dei tempi – brillanti ma non irruenti – il tutto in un caleidoscopio di colori che vanno scomponendosi per ricomporsi un attimo dopo dando vita ad un sentiero sonoro di grande fascino.
Grande successo di pubblico che applaude convintamente alla fine di ogni movimento, come si faceva durante le accademie ottocentesche; il che non è un male.
Alessandro Cammarano
(14 settembre 2023)
La locandina
Direttore | Wolfram Christ |
Pianoforte | Mao Fujita |
Orchestra di Padova e del Veneto | |
Programma: | |
Robert Schumann | |
Concerto in La minore per pianoforte e orchestra op. 54 | |
Yasushi Akutagawa | |
Trittico per archi | |
Felix Mendelssohn-Bartholdy | |
Sinfonia n. 4 in La maggiore op. 90 “Italiana” |
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