Palazzetto Bru Zane: “Godard e la mélodie”. Christoyannis e Cohen, il duo ideale.
Venezia, 3 maggio 2016
Il festival “Benjamin Godard nei salotti parigini” si arricchisce di una nuova pagina, che illumina ulteriormente la figura del compositore e la innalza ad una considerazione che senza alcun dubbio merita. Nei concerti passati abbiamo conosciuto il Godard delle opere, quello del pianoforte e quello del complesso da camera, ove a confronto con suoi contemporanei più celebri mostra di reggere splendidamente il confronto. La serata di ieri ci ha posto dinanzi al Godard compositore di mélodies, ed anche qui la sua statura emerge con risoluta grazia, facendoci scoprire una duttilità narrativa che si sposa ad una costante ironia, senza mai scostarsi dallo scandagliare sentimenti profondi. La leggerezza sembra ancora una volta essere la caratteristica fondamentale dell’ispirazione di Godard, e tuttavia, come già detto, questa levità è densa di significati, profonda nei contenuti, precorritrice dei lavori di più d’uno tra i compositori che lo seguiranno. Godard sceglie con attenzione i testi, sui quali plasma la sua musica come farebbe uno scultore che, partendo da un’anima di fil di ferro, vi modellasse sopra con la creta sino ad ottenere la figura desiderata. Victor Hugo, Théophile Gautier, Lafontaine, Baudelaire, sono tra i suoi poeti preferiti, insieme ad altri meno celebrati, come Velnac o de Baïf o Guinand; tutti trattati con il medesimo rispettoso affetto. Il programma proposto dal baritono Tassis Christoyannis, in coppia con Jeff Cohen al pianoforte, corre suadente tenuità sulle ali delle mélodies godardiane, rendendole all’ascolto cariche di vitalità dirompente. Christoyannis è interprete assai raffinato prima ancora che cantante dalla tecnica impeccabile; ogni parola è meditata, ogni colore è cercato trovato con intelligenza e gusto, il gesto e le espressioni del viso secondano la musica senza mai scadere nell’effetto facile, ma anzi arricchendola ulteriormente. Delizioso il ciclo delle Six Fables de La Fontaine op.17, nelle quali il baritono greco esibisce, oltre al canto, straordinarie doti attoriali, caratterizzando di volta in volta i vari animali: la cicala e la formica, la volpe e il corvo, la mosca, il topo di città e quello di campagna, senza dimenticare la sciocca contadina che porta il latte al mercato. Tra le mélodies di natura più squisitamente intimista spiccano Le banc de pierre, su testo di Gautier, Dieu qui sourit et qui donne, di Hugo, e L’Invitation au voyage, di Baudelaire, tutte cantate con pathos e senza affettazione alcuna. Belle anche le Nouvelles Chansons du vieux temps op.24, nelle quali il sapore antico e popolare delle filastrocche si mescola sapientemente a soluzioni armoniche e contrappuntistiche di assoluta modernità; su tutte abbiamo amato l’ammiccante Suis-je belle? e Menuet. Resta da dire della superba prova di Jeff Cohen, non accompagnatore ma coprotagonista col suo tocco deciso e limpido, illuminato da un fraseggiare ricco nei colori, sapiente nelle dinamiche, vario nelle agogiche. Magnifica per intensità la sua interpretazione del Nocturne pour piano en la mineur op. 150. Serata di quelle che lasciano il segno in chi ascolta. Successo incondizionato di pubblico, che Christoyannis e Cohen hanno ringraziato con una meravigliosa Si mes vers avaient des ailes di Reynaldo Hahn e Les Adieux du berger.
Alessandro Cammarano
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