Palazzetto Bru Zane: Tra parole e canto
Venezia, 9 aprile 2016.
Benjamin Godard è una scoperta felice e ricca di spunti di riflessione.
Ancora una volta il Palazzetto Bru Zane punta il riflettore, o meglio in questo caso la luce più soffusa di un elaborato lampadario da salotto, su di un compositore del quale ci si innamora al primo ascolto. Qualcuno potrebbe dire che quella di Godard è musica facile, scritta per piacere; questo qualcuno, secondo noi, sbaglierebbe, perché confonderebbe la facilità di ascolto con la palpabile felicità compositiva che è tra le caratteristiche più peculiari di Godard.
Non vi è sostanziale differenza tra mélodies, pagine solistiche, composizioni sinfoniche ed opere: Godard si muove in un universo fluido, nel quale ciascuna composizione, anche la più imponente, può essere ricondotta all’intimità di un ensemble da salotto senza perdere la sua intima natura, e viceversa. La produzione destinata ad esecuzioni intime è vitale, fresca, mai banale, vibrante di accenti e colori e si influenza reciprocamente con quella destinata alla sale da concerto o al teatro.
Il concerto proposto lo scorso 9 aprile alla Scuola Grande di San Giovanni, ad inaugurare il Festival “Benjamin Godard nei salotti parigini” costituisce, attraverso un programma articolato con intelligenza e fantasia, un esempio paradigmatico.
Al soprano Olivia Doray, al tenore Cyrille Dubois ed al pianista Tristan Raes è affidato un percorso articolato ed al contempo magnificamente unitario, che si compie attraverso momenti topici della produzione di Godard, tra mélodies, pezzi pianistici ed estratti da alcune delle sue opere.
Se il testo di alcune, quasi tutte, le mélodies, è frutto di modesti lavori poetici, esso è arricchito da una musica completamente francese, lontana da qualsiasi germanismo, o per meglio dire wagnerismo. Tutto rimane sospeso ed al contempo presente.
La Doray e Dubois ne colgono pienamente il senso e lo rendono con bella varietà di fraseggio, che tocca le vette più alte in Le Sentier, Ninon e Viens, senza dimenticare Amour fatal.
Tra le arie e i duetti dalle opere proposti nel programma, ci ha colpito particolarmente il duetto dal Pedro de Zalamea “Madame…cette voix…”, cantato col giusto trasposto ma senza mai cadere in languori inappropriati. Ottima ci è parsa anche l’esecuzione dell’articolato duetto “Laurence! Mon ami!” tratto dall’opera Jocelyn, nel quale il coup de théàtre di un’agnizione inaspettata e drammatica dà il la ad un turbine crescente di sentimenti ed emozioni.
La Doray padroneggia con grazia decisa una vocalità corposa nei centri e salda in acuto, mentre Dubois si fa valere per la delicatezza di accenti ed il controllo dei fiati.
Resta da dire della prova maiuscola di Tristan Raes, pianista delicatamente deciso nel tocco, capace di interpretazioni ricche nelle dinamiche ed articolate nei ritmi, accompagnatore sempre presente ma mai prevaricante.
Praticamente perfetto il Valzer cromatico op.88 n°5, incredibilmente salottiero ed insieme ricchissimo di spunti melodici e contrappuntistici. Altrettanto ben eseguito il meditativo Nocturne n°4, nel quale l’iniziale tema malinconico si stempera via via in speranze trasognate.
Successo pieno e meritatissimo, con bis del duetto da Jocelyn. Davvero uno splendido avvio di Festival.
Alessandro Cammarano
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