Paradise Bone, un viaggio nell’anima del trombone

Il trombone è un po’ un unicum nel mondo della musica classica: strumento con una storia antichissima e che ha seguito nella sua evoluzione quella di tutto il complesso orchestrale, si è scoperto nel corso dei secoli abbastanza duttile da poter spaziare anche in altri ambiti come il jazz e l’universo bandistico. Nonostante questo, in veste da solista ha sempre trovato poco spazio, specie nella musica colta. Qui, al netto di qualche eccezione di peso nel tardo romanticismo, è sempre stato guardato con un relativo sospetto – si sa che Strauss incoraggiava i giovani direttori a non dare mai troppa fiducia ai trombonisti, neppure con lo sguardo: si rischiava di farli suonare troppo forte!

Per fortuna l’evoluzione della musica e la riscoperta delle possibilità espressive e tecniche di quasi tutti gli strumenti che ha accompagnato il secondo novecento ha coinvolto anche il trombone. Per portare avanti questo processo verso una vera e propria affermazione dello strumento come solista in grado di spaziare non solo tra le tecniche ma anche tra le gamme espressive serviva un suo ambasciatore. E questo ambasciatore è diventato un trombonista pugliese, Francesco D’Urso, che con il suo disco Paradise Bone ha proposto un compendio di 11 tracce in cui il trombone si mostra in tutte le sue sfaccettature.

Prima di imbarcarsi in questa missione, D’Urso si è affermato con un percorso di formazione tradizionale ma molto impegnativo, che lo ha portato lontano dalla sua regione d’origine fino in Svizzera, dal 2006 collabora con l’Orchestra Sinfonietta di Losanna e dal 2011 ricopre regolarmente il ruolo di primo e secondo trombone dell’Orchestre de Chambre de Lausanne. Accanto a questo ruolo strumentale ha abbinato anche un mestiere di docente, cercando di trasmettere la vocazione dello strumento alle generazioni più giovani.

Nelle undici tracce di cui è composto “Paradise Bone” il trombone dialoga in svariate combinazioni strumentali che vanno dalle più normali a quelle più inusuali. Il disco propone inoltre un mix di brani di repertorio riarrangiati, come una suggestiva versione della celebre Meditation dal Thais di Massenet in cui il trombone scandisce dolcemente la celebre melodia su un accompagnamento d’arpa, e composizioni nuove, scritte spesso per lo stesso D’Urso. Tra queste spicca il duo trombone e voce previsto dal brano “Per il mio cuore” di Alexandre Mastrangelo, compositore e trombonista lui stesso. Il brano, che si apre a metà strada tra inno e fanfara, è probabilmente la proposta più originale di tutto il disco: la voce e l’intensità del testo lirico richiamano quasi alla mente dell’ascoltatore echi da musica antica, quando il trombone aveva effettivamente un’altra funzione; si staglia poi un passaggio solistico e virtuosistico del trombone solo, a cui segue una meditazione quasi da recitativo.

Altri brani degni di nota sono le Deux Danses di Defaye, in cui il trombone fa da contrappunto ad un quintetto di fiati e percussioni, e un più tradizionale Trombone e Pianoforte nel Concertone di Saglietti.

E proprio grazie all’eterogeneità di questi compagni di viaggio si esalta di volta in volta una caratteristica diversa del trombone solista, che mostra sfaccettature imprevedibili ma al tempo stesso fa risaltare di luce nuova gli altri strumenti con cui dialoga.

Spicca poi a completamente del progetto l’eclettico mix di diverse cultureche è Tromtchi di Khaled Arman, in cui D’Urso è accompagnato dall’ensemble Kaboul, artisticamente figlio dell’Asia centrale dimostrando quanto possa essere fertile l’incrocio di sensibilità musicali così distanti e in un repertorio così originale.

Paradise Bone è disponibile online su Spotify e tutte le principali piattaforme discografiche online.

Il sito web di Francesco D’Urso è disponibile a questo link.

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.