Parigi: Bérenice e Tristan und Isolde. Due successi per Philippe Jordan
Commissionando Bérenice a Michael Jarrell, ginevrino, classe 1958, un compositore molto noto in Francia ed eseguito anche alla Philarmonie di Berlino, l’Opéra national di Parigi si è assicurata, dopo Trompe-la-mort di Luca Francesconi, rappresentata qualche stagione fa, una seconda novità assoluta in lingua francese. La lingua che Jarrel, riadattandola, ha deciso di mettere in musica, è quella alta di Jean Racine di cui l’autore ha scelto una delle tragedie a suo tempo più neglette e oggi più rappresentate.
Adattandola, ne ha fatta una pièce più legata alla contemporaneità e più vicina al modo di esprimersi di uno spettatore di oggi. Tutto questo senza aggiungere una sola parola al testo di Racine e puntando su quella che definisce la “modernità” di un testo classico.
La musica è densa, ricca di contrasti, a tratti brutale, e ha il pregio di sposarsi alla perfezione alle parole antiche. Tanto più che, per questo nuovo allestimento dell’Opéra National che ha appena debuttato a Palais Garnier, Claus Guth firma uno spettacolo molto elaborato, anche se in apparenza semplice e di grande pulizia che sviluppa alla perfezione i rapporti tra i personaggi e la loro tragedia. Lo realizza con le collaborazioni di Christian Schmidth per le scene, di Linda Redin per i costumi, di Fabrice Kebour per il disegno luci e di rocafilm per i contributi video.
Il sipario si alza su un video che evoca il popolo romano (il Coro, magnifico preparato da Alessandro Di Stefano canta fuori scena) che è l’autentico protagonista della tragedia e che, reclamando a gran voce il ripudio della regina straniera, provoca il dramma e i contrasti fra i tre personaggi principali. L’elettronica suggerisce il mormorio inquieto del popolo e crea immediatamente un’atmosfera sinistra.
La scena, divisa in tre porzioni, rappresenta due ambienti più raccolti, le camere reali, separati da uno spazio più ampio nello stile del castello di Versailles, dove i due s’incontrano. I tre protagonisti, Bérénice (Barbara Hannigan), Antiochus (Ivan Ludlow) e Titus (lo straordinario Bo Skovhus) occupano ciascuno uno dei tre ambienti.
Antiochus, che è il tramite fra i due amanti, è al centro. Ognuno di loro è accompagnato da un confidente, Phénice (Rina Schenfeld) che si esprime in ebraico ed è l’unico personaggio che non canta, Arsace (Julien Behr) e Paulin (Alastair Miles) che fungono da doppio di Bérenice, Antiochus e Titus.
I movimenti dei tre personaggi principali sono speculari e il loro canto è spesso all’unisono. Ciò rende non tutte le parole comprensibili in una sorta di destrutturazione del testo di Racine e di una rivisitazione dell’originario verso alessandrino.
Musicalmente ogni personaggio è caratterizzato da una diversa scrittura vocale. Titus, l’imperatore diviso tra l’amore per la sposa straniera e il dovere impostogli dal popolo romano di ripudiarla, si esprime su una nota ripetuta ossessivamente, quasi a definirne lo stato confusionale. Antiochus ha una linea di canto caratterizzata da grandi intervalli che rimandano al suo essere lacerato fra l’amore, non confessato, per la regina e il sentimento di lealtà per l’amico Imperatore. Il canto di Bérénice è invece di grande virtuosismo espressivo, a rappresentare l’ansietà del personaggio che vede il mondo crollarle addosso nel momento in cui apprende che sarà abbandonata dall’uomo che ama. Il musicista ha scritto la parte per il soprano canadese Barbara Hannigan, specialista del repertorio contemporaneo, che la restituisce dandone una definizione che miscela abilmente sensualità e isteria.
Antiochus, dal canto suo, si esprime con un’aggressività che trascende il testo di Racine mentre uno dei momenti forti della serata è il monologo di Titus, in preda ai suoi tormenti e lacerato dalla decisione orribile che è costretto a prendere. I confidenti sono caratterizzati in modo altrettanto efficace e i contrasti di cui sono messaggeri sono adeguatamente sottolineati dai loro interventi. Paulin è un servitore anziano che vuole solo la gloria del suo padrone, costi quel che costi. Arsace manipola Antiochus per garantirgli il cuore di Bérénice. Phénice, ruolo declamato, dice le sue battute in ebraico e ci ricorda che la sua padrona dovrà rientrare in Giudea. Tutti gli interpreti sono perfettamente in parte e offrono prove d’indiscutibile alto professionismo.
In buca, l’Orchestra stabile dell’Opéra National di Parigi è magnificamente preparata da Philippe Jordan che sa rilevare ogni momento dell’opera con grande precisione. Impressiona la concentrazione che il maestro svizzero impone a tutta l’esecuzione per un’ora e mezzo di spettacolo davvero potente e molto applaudito dal folto pubblico che ha acclamato lungamente maestro, interpreti e autore.
Un Philippe Jordan in stato di grazia ha ripresentato, parallelamente alle recite di Bérenice a Palais Garnier, il collaudato allestimento di Peter Sellars e Bill Viola della wagneriana Tristan und Isolde alll’Opéra Bastille giunto, alla rappresentazione cui abbiamo assistito, alla sua trentaseiesima recita.
Come dire un grande classico nel repertorio dell’Opéra National di Parigi che non finisce di stupire e provoca ancora qualche reazione indignata, se è vero che alla prima di questa ripresa d’autunno al suo apparire al proscenio, il regista è stato accolto da qualche “buh”. Detto questo, l’interesse della ripresa era soprattutto per la rinnovata compagnia di canto e per l’Isolde, statuaria, intensa, espressiva di Martina Serafin. Le era accanto un Tristan altrettanto immedesimato e intenso, il valido Andrea Schager mentre Matthias Goerne in Kurwenal si confermava lo straordinario musicista che da sempre apprezziamo. René Pape disegna un Marke di grande umanità e molto a posto si è rivelata anche Ekaterina Gubanova nel tratteggiare una Brangäne di bella linea espressiva e forte presenza scenica. Alla rappresentazione domenicale cui abbiamo assistito applausi senza contrasti per tutti e autentiche ovazioni per Philippe Jordan.
Rino Alessi
(29 e 30 settembre 2018)
La locandina
Direttore | Philippe Jordan |
Regia | Claus Guth |
Scene | Christian Schmidt |
Costumi | Christian Schmidt, Linda Redlin |
Lighting design | Fabrice Kebour |
Video | rocafilm |
Drammaturgia | Konrad Kuhn |
Personaggi e interpreti: | |
Titus | Bo Skovhus |
Bérénice | Barbara Hannigan |
Antiochus | Ivan Ludlow |
Paulin | Alastair Miles |
Arsace | Julien Behr |
Phénice | Rina Schenfeld |
Orchestre de l’Opéra national de Paris | |
Maestro del coro | Alessandro Di Stefano |
Direttore | Philippe Jordan |
Regia | Peter Sellars |
Video | Bill Viola |
Costumi | Martin Pakledinaz |
Luci | James F. Ingalls |
Personaggi e interpreti | |
Tristan | Andreas Schager |
König Marke | René Pape |
Isolde | Martina Serafin |
Kurwenal | Matthias Goerne |
Brangäne | Ekaterina Gubanova |
Ein Hirt / Ein Junger Seemann | Nicky Spence |
Melot | Neal Cooper |
Ein Steuermann | Tomasz Kumiega |
Orchestre et Choeurs de l’Opéra national de Paris | |
Maestro del coro | José Luis Basso |
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