Parigi: Don Quichote e Salome all’Opéra
È un maggio 2024 musicalmente molto invitante quello proposto dall’Opéra National di Parigi al suo pubblico, gratificato – marketing oblige! – da offerte al quaranta per cento del prezzo sui biglietti alla Bastille e al Palais Garnier, provvidenziali per le casse della massima istituzione musicale di Francia e per le tasche degli spettatori che, in questo periodo, languono.
In cartellone due titoli molto appetibili: la ripresa del capolavoro giovanile di Richard Strauss su testo di Oscar Wilde, Salome nello scandaloso allestimento della regista statunitense Lydia Steier che fece molto discutere alla sua prima apparizione nella stagione passata e qui corroborata dalla presenza di Lisa Davidsen nel “rôle en titre”, e la nuova produzione del Don Quichotte di Jules Massenet su testo di Henri Cain ispirato a Cervantes secondo Damiano Michieletto.
Come dire, due proposte antitetiche per stile e argomento, sia pure collocate in una medesima temperie culturale europea del Novecento.
Entrambi gli spettacoli cui abbiamo assistito sono stati salutati da accoglienze trionfali e, nel caso di Don Quichotte, dar una sostanziale eco positiva sulla stampa parigina nei confronti dell’”équipe italienne”.
Come in tutti i suoi spettacoli, infatti, Michieletto si è giovato della collaborazione dei suoi abituali sodali, Paolo Fantin per le scene e il set design, Agostino Cavalca per i costumi, Alessandro Carletti per le luci, mentre i video che impreziosivano la bella rappresentazione della storia dell’eroe dalla lunga figura erano di Roland Horwath per rocafilm e le coreografie di Thomas Wilhelm.
È un Don Quichotte anziano sognatore in pantofole e pile di libri da leggere mentre indefessamente pensa alla belle Dulcinée cui lo lega un amore in sostanza virtuale o quanto meno di carta. Più evocato nella lettura di lettere che vissuto in prima persona, insomma. L’ambiente è un salotto borghese anni Sessanta del secolo scorso, il fedele Sancho è una sorta di badante dell’anziano protagonista, tutti gli incontri sono evocati dalla fantasia dell’eroe del titolo con grande nobiltà d’animo e bontà di cuore come la musica dell’ultimo Massenet suggerisce. C’è naturalmente il cavallo caro a Don Quichotte e ci sono i mulini a vento, ma sono appena suggeriti. Esclusi i due bassi protagonisti, le apparizioni degli altri personaggi, che sbucano dal sofà che troneggia nel soggiorno borghese o dalle pareti, sono orchestrate con grande abilità ed è percepibile un grande lavoro del regista sugli interpreti, tutti molto centrati nelle loro caratterizazioni.
Gaëlle Arquez è una Dulcinée impeccabile sia vocalmente, con il suo timbro brunito di mezzosoprano che negli anni si è arricchito di armonici, sia scenicamente: potrebbe essere una professoressa di lettere per com’è abbigliata.
La coppia protagonista è affidata a due bassi che a conti fatti veri bassi non sono, il che è abbastanza una regola per Sancho (l’eccellente Etienne Dupuis), ma non per Don Quichotte di cui alla Bastille ricordiamo le splendide interpretazioni di Samuel Ramey e José van Dam. Lo statunitense Christian Van Horn, in sostituzione degli annunciati Ildar Abdrazakov e Ildebrando D’Arcangelo, non può competere con loro, ma è un artista completo, immedesimato nella parte e in sintonia con lo spettacolo, il suo francese è nel complesso apprezzabile, e ancor più apprezzabile è la sua grande musicalità. Se proprio dovessimo esprimere una riserva, i due timbri virili di Don Quichotte e del fedele Sancho sono abbastanza simili, ma è un rilievo che lo spettacolo ci fa dimenticare tanto è coinvolgente e, per dirla in termini semplici, poetico.
Alla sua riuscita contribuisce, e non poco, la resa di tutti gli interpreti secondari e del coro ben preparato da Ching-Lien Wu. Quanto a Patrick Furniller alla testa dell’Orchestra stabile dell’Opéra National in grande spolvero, la sua concertazione e direzione, è sensibile ed energica al tempo stesso e fornisce un eccellente tappeto sonoro alle voci in palcoscenico, senza mai sopraffarle, ma anzi mettendosi al loro servizio. Nei fatti una bella esperienza d’ascolto.
Più difficile è esprimere un giudizio sulla Salome che Victoria Sitjà ha rimontato sull’originale regia di Lydia Steier con le collaborazioni di Momme Heinrichs per le scene, i video e il set design, Andy Besuch per i costumi, Olaf Freese per le luci e con la drammaturgia di Maurice Lenhard. L’ora e quaranta di musica straussiana, che definire sublime non è esagerato, coinvolge comunque e la direzione musicale di Mark Wigglesworth è in questo senso encomiabile per come riesce a restituirla in tutta la sua complessità. Diremmo di più, è tale la capacità di coinvolgimento della musica che sopporta anche il disgusto provocato da certe scelte registiche, una fra tutte, trasformare la celeberrima danza dei sette veli in uno stupro della protagonista da parte del lascivo Erode e della sua corte lussuriosa. Anche il finale lascia perplessi, con Salome e Jochanaan sospesi in aria abbracciati e il doppio di lei che viene ucciso per ordine del Tetrarca.
Quanto alle voci, Lise Davidsen, alla sua prima Salome, è una protagonista eccezionale per come domina l’aspra tessitura in tutte le sue sfaccettature. La voce regge con disinvoltura i pieni d’orchestra e sa assottigliarsi in pianissimi eterei nei momenti di seduzione. Il personaggio è restituito con autorevolezza e grande precisione musicale, il che non è da tutte e con un’adesione totale allo spettacolo. Una grande cantante che vorremmo riascoltare in Salome in un altro contesto.
Accanto a lei Johan Reuter, anche lui scandinavo, è un Jochanaan un po’ scialbo, ma ne complesso più che accettabile. Gerhard Siegel ed Ekaterina Gubanova sono eccellenti nel tratteggio dell’efferata coppia regale. Pavol Breslik presta la sua bella voce tenorile e il suo fraseggio capzioso alla figura di Narraboth cui fa da contraltare il crudele Paggio di Katharina Magiera, impegnato nello spostamento dei cadaveri delle giovani schiave che sono sacrificati nel corso dell’orgia che si consuma ai piani alti del Palazzo.
Eccellenti anche le numerose parti di fianco, che nell’economia dell’opera tanto secondarie non sono, e al termine successo trionfale per tutti. A quest’opera di Richard Strauss, del resto, è difficile resistere.
Rino Alessi
(14 e 15 maggio 2024)
La locandina
Don Quichote | |
Direttore | Patrick Fournillier |
Regia | Damiano Michieletto |
Scene | Paolo Fantin |
Costumi | Agostino Cavalca |
Luci | Alessandro Carletti |
Video | Roland Horvath / rocafilm |
Coreografie | Thomas Wilhelm |
Personaggi e interpreti: | |
La Belle Dulcinée | Gaëlle Arquez |
Don Quichotte | Christian van Horn |
Sancho Pança | Étienne Dupuis |
Pedro | Emy Gazeilles |
Garcias | Marine Chagnon |
Rodriguez | Samy Camps |
Juan | Nicholas Jones |
Deux serviteurs | Young-Woo Kim, Hyunsik Zee |
Orchestre et Chœurs de l’Opéra national de Paris | |
Maestro del coro | Ching-Lien Wu |
Salome | |
Direttore | Mark Wigglesworth |
Regia | Lydia Steier |
Scene e video | Momme Hinrichs |
Costumi | Andy Besuch |
Luci | Olaf Freese |
Drammaturgo | Maurice Lenhard |
Personaggi e interpreti: | |
Salome | Lise Davidsen |
Jochanaan | Johan Reuter |
Herodes | Gerhard Siegel |
Herodias | Ekaterina Gubanova |
Narraboth | Pavol Breslik |
Paggio di Herodias | Katharina Magiera |
Erster Jude | Matthäus Schmidlechner |
Zweiter Jude | Éric Huchet |
Dritter Jude | Maciej Kwaśnikowski |
Vierter Jude | Tobias Westman |
Fünfter Jude | Florent Mbia |
Erster Nazarener | Luke Stoker |
Zweiter Nazarener | Yiorgo Ioannou |
Erster Soldat | Dominic Barberi |
Zweiter Soldat | Bastian Thomas Kohl |
Ein Cappadocier | Alejandro Baliñas Vieites |
Ein Sklave | Ilanah Lobel-Torres |
Orchestre de l’Opéra national de Paris |
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