Parma: Sia gloria alla Regina
Si scrive Roberto Devereux, si legge Mariella Devia, che ancora una volta è stata protagonista di una prova perfetta. Tutto gira intorno alla sua Elisabetta dolente e disillusa il cui gesto si plasma su un canto tutto sui fiati, il suo, quello giusto, fatto di tecnica e passione. Per la Devia il tempo si è cristallizzato, la voce corre duttile al servizio della musica e della parola; fin dalla cavatina d’ingresso abbiamo avuto la certezza che saremmo stati partecipi di una serata eccezionale e così è stato. Il fraseggio si accende di innumerevoli colori, attinti da una tavolozza variegata come poche volte è dato ascoltare, e si unisce ad un gesto scenico misurato e intenso. Il suo stare sul palcoscenico, il suo canto diventano ispirazione per i suoi compagni di palcoscenico che sembrano nutrirsi della sua arte traendo il meglio da loro stessi in una sorta di effetto a catena positivo. Il finale è da brividi, con Elisabetta che schiacciata da un mantello gigantesco, opera di Gianluca Falaschi, sul quale è rappresentato tutto il suo vasto regno e che avvolgendola la schiaccia.
Si diceva della contagiosità positiva sul resto del cast; Sonia Ganassi è ancora una volta sontuosa deuteragonista, disegnando una Sara appassionata e fragile. La voce corre sicura, le agilità magnifiche, la recitazione mai sopra le righe.
Nel titre-rôle Stefan Pop esibisce una vocalità impeccabile, rendendosi protagonista di una prova magnifica; il suo Devereux fanciullesco e appassionato convince del tutto.
Sergio Vitale tratteggia un Duca di Nottingham, vilain suo malgrado, giocato essenzialmente sull’introspezione e forte di mezzi vocali di bella duttilità.
Il cast è ben completato dal buon Lord Cecil di Matteo Mezzaro e da Ugo Guagliardo, Sir Gualtiero Raleigh sicuro.
Non sfigurano il paggio di Andrea Goglio e Daniele Cusari come familiare di Nottingham.
Sebastiano Rolli, al quale va ascritto il merito di avere riaperto tutti i tagli, fatica a venire a capo di un’Orchestra resiliente e imprecisa e, per non far peggio, si trova costretto a limitare i danni e a garantire un buon equilibrio con il palcoscenico senza poter esprime appieno una linea interpretativa.
Lo spazio immaginato da Monica Manganelli, con una pedana centrale che richiama quella del Globe Theatre sulla quale si innestano pochi ed efficaci elementi mobili illuminati benissimo da Luciano Novelli, incornicia la regia di Alfonso Antoniozzi, che ha un’idea precisa e condivisibile di cosa sia il teatro. Il suo Devereux privilegia, come deve essere, l’elemento femminile, complici i costumi splendidi per tessuti e costruzione di Gianluca Falaschi che veste da donna la quasi totalità della corte di Elisabetta, armigeri compresi. Gli uomini sono fragili, talora pavidi al cospetto di Elisabetta, il gesto è ritroso, trattenuto a sottolineare la loro fragilità, al contrario delle due donne che agiscono sempre con il vigore di chi ha la situazione in pugno, nel bene e nel male. Geniale l’idea del giullare, che richiama il Matto dei tarocchi, onnipresente a sottolineare la mutevolezza degli eventi e al contempo l’aspetto sensuale dell’intera vicenda: nel Devereux Elisabetta è donna prima che regina.
Il Coro, col volto coperto da maschere e immobile come quello della tragedia greca, preparato con l’usuale perizia da Martino Faggiani, si rende protagonista di una prova maiuscola.
Successo pieno, meritato, per tutti, con ovazioni prolungate alla Devia.
Alessandro Cammarano
(Parma, 15 marzo 2018)
La locandina
Direttore | Sebastiano Rolli |
Regia | Alfonso Antoniozzi |
Scene | Monica Manganelli |
Costumi | Gianluca Falaschi |
Luci | Luciano Novelli |
Personaggi e interpreti: | |
Elisabetta | Mariella Devia |
Sara | Sonia Ganassi |
Roberto devereux | Stefan Pop |
Il duca di nottingham | Sergio Vitale |
Lord cecil | Matteo Mezzaro |
Sir gualtiero raleigh | Ugo Guagliardo |
Un paggio | Andrea Goglio |
Un familiare di nottingham | Daniele Cusari |
Maestro del coro | Martino Faggiani |
Orchestra dell’opera italiana | |
Coro del teatro Regio di Parma |
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