Ricordando Maria Malibran

Quando l’arte e la musica vivevano principalmente di mecenatismo e commissioni era usuale che si chiedesse ai compositore una sottolineatura musicale ad eventi cruciali della vita, soprattutto quelli legati ai sacramenti ecclesiastici. Non è un caso che le prime opere universalmente registrate nascessero dal bisogno di ‘addobbare’ musicalmente un matrimonio (l’Euridice di Peri/Caccini nel 1600 ad esempio) o che alcuni brani sinfonico-corali fungessero da celebrazione funebre o da anniversario delle stesse (il Requiem di Verdi nacque per la celebrazione del primo anniversario della morte dello scrittore Alessandro Manzoni, quello di Cherubini per il ventiquattresimo dalla decapitazione di Luigi XVI).

Esiste però una sotto-categoria di queste composizioni che segna anche il rispetto che determinati compositori potessero avere di altri compositori o interpreti loro coevi. Alla morte di questi, i compositori si impegnavano a comporre un brano a testa (quasi una donazione) per completare la struttura di una Cantata o di un Requiem. Così fu per Gioacchino Rossini, così fu anche per Maria Malibran, una delle interpreti di riferimento dell’opera Ottocentesca.

Una cantata, nel caso della Malibran, riposta nelle mani di cinque dei compositori più richiesti del periodo: Coppola, Donizetti, Pacini, Mercadante e Vaccaj (in rigoroso ordine alfabetico). Eseguita un’unica volta nel 1837, e ora riportata in auge al Rossini Opera Festival nella revisione di Valeer De Vlam, in collaborazione con il Conservatorio di Anversa.

Il lavoro a più mani si sente, si mentirebbe a sé stessi nel non notare una diversa mano fra la Sinfonia di Donizetti e, ad esempio, fra La Corona di Coppola, e il testo di Antonio Piazza non passa alla storia come il libretto di tanti letterati. Però a garantire il successo di questo concerto, svolto al Teatro Sperimentale di Pesaro, è soprattutto la buona resa sonora di Diego Ceretta, il direttore di questa esecuzione.

Nonostante la difficoltà delle dimensioni della sala da concerto, in cui il Coro del Teatro della Fortuna istruito da Mirca Rosciani è relegato a fondo palco a livello dell’orchestra, la Filarmonica Rossini, il direttore si districa con tranquillità nel triplo impegno sinfonico-corale e di accompagnamento solistico, fornendo una prova rigorosa e pulita ma al contempo di intensità e partecipazione.

L’impasto sonoro è ottimale e la gestualità del giovane direttore aiuta le tre componenti ad emergere ove necessario, in particolare nel rapporto con i solisti dell’occasione, i soprani Lyaila Alamanova e Giuliana Gianfaldoni, il mezzosoprano Shachar Lavi, il tenore Dave Monaco, i bassi Michael Mofidian e Giorgi Manoshvili, tutti encomiabili per motivi differenti, chi nell’emissione vocale, chi nella capacità interpretativa, chi, ancora, nella potenza sonora.

L’interessante varietà delle parti della cantata unita a esigenze strumentali e vocali non particolarmente virtuose fanno sperare che questa nuova revisione possa diventare di maggiore uso, insieme ad una ripresa di tutta questa sotto-categoria compositiva fino ad ora poco esplorata o quasi totalmente sommersa.

Carlo Emilio Tortarolo
(14 agosto 2023)

La locandina

Direttore Diego Ceretta
Soprano Giuliana Gianfaldoni
Soprano Lyaila Alamanova
Mezzosprano Shachar Lavi
Tenore Dave Monaco
Basso Michael Mofidian
Basso Giorgi Manoshvili
Filarmonica Gioacchino Rossini
Coro del Teatro della Fortuna
Maestro del Coro Mirca Rosciani
Programma.
Cantata in morte di M.F. Malibran

5 1 voto
Vota l'articolo
Iscriviti
Notificami

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

0 Commenti
più vecchi
più nuovi più votati
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti