Piacenza: Giulio Cesare in mezzo al guado

Il nuovo allestimento del Giulio Cesare di Handel, coprodotto dal Teatro Alighieri di Ravenna, Teatro Comunale Pavarotti-Freni di Modena, Teatro Municipale di Piacenza, Teatro Municipale Romolo Valli di Reggio Emilia, Teatro del Giglio di Lucca, Fondazione Haydn di Bolzano e Trento, convince fino a un certo punto.

Giulio Cesare non solo è uno dei capolavori della produzione operistica handeliana per invenzione melodica e drammaturgica, ma è anche modello di un melodramma che si sta emancipando verso un’estetica espressiva che va oltre le forme convenzionali.

Il fatto che si sia messo mano alla partitura tagliando i cori, convertendo i tre atti in due,  abolendo gli strumenti sul palco nella scena della seduzione (perdendo lo splendido effetto di teatro nel teatro e musica nella musica), e affidando al controtenore le parti maschili nel registro di soprano e contralto, tutto ciò ha lasciano non poche perplessità.

Sia chiaro, l’Accademia Bizantina diretta da Ottavio Dantone suona magnificamente bene, con dinamiche e fraseggi piuttosto articolati e vari, in un gioco timbrico sempre raffinato e privo di isterismi ma sempre volto alla cura del suono. Tuttavia, pur consapevoli che per far apprezzare il barocco in terre in cui il melodramma romantico impera è necessario andare incontro al publico, si ritiene più consono mettere in scena una partitura più accessibile anziché dover scendere a compromessi penalizzando uno dei lavori più geniali di Handel.

In quest’ottica la regia di Chiara Muti cerca di mettere in luce i caleidoscopici registri di un lavoro che a volte può apparire inafferrabile o addirittura immutabile. Se infatti l’unico personaggio in evoluzione potrebbe sembrare solo Cleopatra, in realtà la vicenda si articola con un mutar di affetti piuttosto vertiginoso, complice la scrittura di Handel che non lascia mai tregua anche, e soprattutto, nei fondamentali recitativi.

Chiara Muti fa agire i personaggi in uno spazio metafisico con sipari e siparietti, firmati da Alessandro Camera, che portano avanti l’azione ma al contempo non aggiungono nulla e poco più al vero senso del dramma, così come alquanto discutibili i costumi di Tommaso Lagattolla.

La sensazione è: essendo il dramma molto lungo dobbiamo inventarci qualcosa.

Non funziona così.

Sta di fatto che per alleggerire ulteriormente l’azione, oltre ai tagli apportati, spesso si è caduti nella farsa, creando scenette che a un occhio inesperto potrebbero apparire simpatiche ma che non hanno nulla a che vedere con la sottile ironia del libretto di Haym.

Sul versante vocale Raffaele Pe, nelle vesti di Giulio Cesare, parte alquanto cauto, musicale ed espressivo nel fraseggio spesso però eccede mostrando un’emissione un po’ troppo forzata.

Al suo fianco Filippo Mineccia, scenicamente eccellente, insiste su un’emissione tesa che lo porta a perdere il controllo della linea di canto che dovrebbe ergersi pura e omogenea.

Spicca invece Federico Fiorio nel ruolo di Sesto, la cui emissione risulta particolarmente a fuoco e ben proiettata.

Privato di non poche pagine il Nireno di Andrea Gavagnin appare integro vocalmente. Naturalmente queste parti impervie che erano proprie dei castrati, oggi, affidate ai controtenori, sono un gran compromesso e quasi fanno desiderare delle voci femminili en travesti piuttosto che rimediare a vocalità totalmente estranee alla prassi handeliana.

Delphine Galou affida tutta la disperazione di Cornelia alla sue doti attoriali.

Convincente è la Cleopatra di Marie Lys la quale piega il canto alla recitazione passando da un registro all’altro con disinvoltura senza mai eccedere ma mantenendo eleganza e classe nel canto.

Ottimo il Curio di Clemente Antonio Daliotti cosi come degno di nota è stato l’Achilla di Davide Giangregorio dotato di timbro flessibile ed espressivo.

Si apprezza l’impresa di mettere in scena un’opera colossale ma si auspica di poter vedere titoli più semplici e meno compromettenti.

Gian Francesco Amoroso
(31 gennaio 2025)

La locandina

Direttore al clavicembalo Ottavio Dantone
Regia Chiara Muti
Scene Alessandro Camera
Costumi Tommaso Lagattolla
Luci Vincent Longuemare
Personaggi e interpreti:
Giulio Cesare Raffaele Pe
Cleopatra Marie Lys
Achilla Davide Giangregorio
Cornelia Delphine Galou
Tolomeo Filippo Mineccia
Sesto Federico Fiorio
Nireno Andrea Gavagnin
Curio Clemente Antonio Daliotti
Accademia Bizantina

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