Piacenza: la Messa di Requiem riempie di speranza il silenzio

Buio in sala dopo le note dell’Inno nazionale. Una serie di immagini in bianco e nero scorrono ancora vive nelle nostre memorie, un presente appena vissuto ma che pare durare da anni e che ancora ci appartiene. Le strade popolose diventano deserte, il silenzio interrotto dalle sirene delle ambulanze, la paura di un virus invisibile, la vestizione dei medici, le vite in un casco, in die illa tremenda… un Requiem di immagini che abbiamo vissuto, un video toccante di Andrea Pasquali.

Luci in sala. Silenzio e commozione generale.

Placido Domingo sul podio alza la bacchetta e ci accompagna in un lungo e intenso percorso spirituale. La Messa da Requiem di Giuseppe Verdi, intrisa di umanità, racconta della nostra terra nel suo incedere vivido, carnale e trascendentale. La richiesta di pietà si erge in tutta la sua prorompente esigenza da un incipit intimamente sommesso sfociando nella sequenza del Dies irae, una delle pagine più potenti e articolate della nostra letteratura musicale. 

La consapevolezza delle parti affidate al basso conferiscono un certo ordine alla narrazione sacra. Michele Pertusi non esita a dare il giusto equilibrio tragico e ieratico di alcune frasi che emergono come massime scolpite nel granito, accordando, senza mai essere stentoreo, nobiltà di sentimenti anche nello splendido Confutatis maledictis.

Ad esso si contrappone la linea tenorile, affidata al giovane Antonio Poli, la cui liricità verdiana sfiora più volte il sublime. Attento alla scrittura, Poli -dal timbro pieno e brunito- risolve il delicatissimo Hostias con un sapiente uso delle mezze voci creando una parentesi di espressiva elevazione.

A dar maggior peso drammatico nell’economia del Requiem verdiano è la spontaneità del canto femminile che estrinseca invocazioni di profonda umanità. 

Ottima la lettura di Annalisa Stroppa, elegiaca ed essenziale -quasi mozartiana- anche nelle espressioni di maggior abbandono.

Intensa la voce di Maria Josè Siri si staglia in tutta la sua bellezza mostrando una gamma di colori e accenti ragguardevoli che vanno da pianissimi di estremerà spiritualità a emozionanti impeti vocali.

Ad essi si inframezza il coro, protagonista indiscusso di una partitura che ad ogni rinnovato ascolto lascia senza parole. Dal doppio coro del Sanctus all’Agnus Dei di inarrivabile bellezza fino alla perigliosa fuga del Libera me Domine, la compagine corale è onnipresente in una varietà di scrittura che spazia da Monteverdi a Bach fino a Mendelssohn, aprendo squarci anche sul novecento.

Eccellente il lavoro del maestro Corrado Casati il quale ha saputo calibrare le sonorità nonostante il distanziamento dei coristi.

Quindici minuti di intensi applausi.

Trionfo per tutti, in particolare per il maestro Placido Domingo il cui percorso di musicista insegna che la direzione non è solo tecnica ma è fatta anche di emanazioni e conoscenza dello strumento vocale.

Difficile descrivere lo stato d’animo del pubblico, in parte segnato e commosso dalla commemorazione delle vittime del covid, ma anche profondamente grato al Teatro Municipale di Piacenza che con questa riapertura ha gettato un seme di speranza per una nuova ripresa della vita musicale e culturale del nostro paese.

Gian Francesco Amoroso
(16 maggio 2021)

La locandina

Direttore Placido Domingo
Soprano María José Siri
Mezzosoprano Annalisa Stroppa
Tenore Antonio Poli
Basso Michele Pertusi
Filarmonica Arturo Toscanini
Coro del Teatro Municipale di Piacenza
Maestro del coro Corrado Casati
Programma:
Giuseppe Verdi
Messa di Requiem per soli, coro e orchestra

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