Premio Masi, il manuale cencelli della civiltà veneta

Amarone al Cencelli. Giunto alla trentasettesima edizione, l’autorevole Premio Masi – nella primigenia sezione intitolata “Civiltà Veneta”, per decenni punto di riferimento della cultura a Nordest –  adotta la tecnica “un colpo al cerchio, un colpo alla botte”. Nell’era dell’opinionismo social, questa accortezza può mettere d’accordo tutti e soprattutto mettere al di sopra della mischia chi il premio lo assegna. Del resto, un produttore di vino ha sempre a che fare con le botti. E si sa che i vincitori si portano a casa appunto una botte dell’Amarone prodotto dall’azienda di Gargagnago di Sant’Ambrogio di Valpolicella.

Per la verità, nella terna dei premiati una scelta inoppugnabile c’è, ed è quella dello scrittore padovano Ferdinando Camon. Si tratta del doveroso superamento di una poco comprensibile dimenticanza, tardivo “risarcimento” nei confronti di un autore che nel suo cosiddetto “Ciclo degli ultimi”, ma non soltanto, ha avuto un ruolo fondamentale nel raccontare e farci capire il Veneto e soprattutto la metamorfosi della “civiltà veneta” e il senso di smarrimento di fronte al cambiamento e alla metamorfosi delle tradizioni. Camon poteva e doveva essere premiato trent’anni fa, quando lo furono Cibotto, Tomizza, e via via Bandini, Magris, Meneghello, Rigoni Stern, Zanzotto. E diamo atto volentieri alla Fondazione Masi di avere riparato a una mancanza.

In pieno Cencelli, invece, siamo con gli altri due insigniti, l’ex magistrato settantunenne Carlo Nordio e l’egittologo quarantatreenne Christian Greco. Non è un discorso di merito, beninteso. Ma è un caso che siano stati scelti due personaggi recentemente finiti sotto i riflettori della cosiddetta narrazione pubblica su versanti così diametralmente opposti? Le posizioni sono note. L’arzignanese cosmopolita Greco, giovane e brillante direttore del Museo Egizio di Torino, è finito nell’occhio del ciclone per una campagna di marketing che concedeva sconti al pubblico di lingua araba, e per questo è stato virulentemente attaccato dalla destra non solo torinese e messo in discussione nel suo ruolo. Il che ha immediatamente comportato una sorta di ideale “adozione” da parte della sinistra.

L’ex Pm trevigiano Nordio, protagonista a Venezia di inchieste cruciali sulle Brigate rosse in Veneto, come pure sulle Cooperative rosse nell’ambito di “Mani pulite” e sul Mose, a lungo considerato il contraltare politicamente moderato delle cosiddette “toghe rosse”, è tornato prepotentemente alla ribalta di recente non tanto come presidente della “giuria dei letterati” dell’ultimo Campiello – lui che letterato non è anche se certamente coltiva la passione della scrittura e della lettura. Ma come citatissimo paladino delle ragioni del ministro dell’Interno Salvini nella questione della Nave Diciotti e dei profughi che trasportava. Che lo volesse o no, “eroe social” della destra più radicalmente anti-immigrazione e avvocato difensore di Salvini, con bocciatura nei confronti del suo ex collega di Agrigento, che ha deciso di indagare il ministro per il reato di sequestro di persona.

Due personaggi agli antipodi, che danno concretamente il senso dell’attuale situazione della “civiltà veneta”, immersa in una profonda crisi di identità. E probabilmente la Fondazione Masi, presieduta da Isabella Bossi Fedrigotti, è soddisfatta di questa “linea”. Ma il punto è un altro. Il punto è che per decenni, con poche evidenti eccezioni ma molte lodevoli affermazioni del principio, il premio “Civiltà Veneta” è stato oggettivo, non semplicemente soggettivo. Venivano premiati soprattutto veneti, naturalmente. Ma erano personaggi che sulla storia, la cultura, le tradizioni, la musica, la letteratura, le arti di questa regione avevano dato contributi creativi, analitici o interpretativi tali da andare oltre le loro origini e i loro schieramenti. Intellettuali, studiosi, imprenditori, artisti che non erano solo espressione di questa terra, ma che avevano saputo fare della loro appartenenza un punto di partenza, non un’etichetta. Che avevano aiutato tutti a capire. Che si erano occupati del Veneto in maniera universale. E lo straordinario albo d’oro del premio è davvero una sfilata di nomi fondamentali, in questo senso.

Considerando questa specificità, viene da chiedersi quale contributo alla comprensione e alla crescita della civiltà veneta abbia dato finora Christian Greco, che ha forgiato la sua preparazione all’estero e si occupa degli antichi egizi. O Carlo Nordio, che ha passato molta parte della sua vita professionale a combattere il terrorismo e il malaffare, che non sono un problema soltanto di questa regione.

Certo, sono entrambi veneti importanti, di successo, sotto i riflettori mediatici. Ma una volta questa sarebbe stata solo una pre-condizione, neanche davvero necessaria, comunque non sufficiente per ricevere il premio intitolato “Civiltà veneta”. Quest’anno, invece, l’assegnazione a questa “strana coppia” lascia la sensazione che abbia prevalso la notorietà d’immagine. Ci rendiamo conto che mantenere i livelli delle origini è molto difficile, ma dispiace che il Premio Masi provi a risolvere il problema prendendo qualche scorciatoia, quando ha nella sua storia un’esemplare strada maestra.

Cesare Galla

Pubblicato su Vvox.it il 15/09/2018 (https://www.vvox.it/2018/09/15/premio-masi-il-manuale-cencelli-della-civilta-veneta/)

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