Ravenna: il Trionfo del Tempo e del Disinganno con Ottavio Dantone e l’Accademia Bizantina
Secondo Ottavio Dantone, che con l’Accademia Bizantina il 24 giugno ha portato al Ravenna Festival Il Trionfo del Tempo e del Disinganno, questo oratorio giovanile, il primo di Georg Friedrich Händel, è uno dei capolavori del compositore tedesco. Non si può che concordare con lui: la bellezza e la varietà delle arie che si susseguono l’una dopo l’altra conquista l’ascoltatore e, come rileva ancora Dantone, con questo lavoro Händel ventiduenne, nel 1707, getta delle basi per tutta la sua produzione successiva. Senza contare che proprio da qui proviene una delle sue arie più famose: «Lascia ch’io pianga», l’incantevole sarabanda del second’atto del Rinaldo, riprende la musica di «Lascia la spina», l’aria del Piacere, uno dei quattro personaggi dell’oratorio.
Händel rimaneggiò due volte Il Trionfo del Tempo e del Disinganno, nel 1737 e poi nel 1757, durante gli ultimi anni di vita, quando fece tradurre in inglese il libretto in favore del pubblico di Londra. L’originale è opera del cardinale Benedetto Pamphilj, celebre e colto mecenate della musica e della pittura che Händel incontrò nel suo soggiorno romano degli anni 1706-1710, stringendo con lui una duratura amicizia.
Il libretto si basa su quattro figure allegoriche, la Bellezza, il Piacere, il Tempo e il Disinganno, che sono poi veri e propri personaggi, con una teatralità evidente non solo nelle arie, ma anche nei recitativi che le collegano; per questo la definizione di oratorio è sempre stata un po’ stretta al Trionfo del Tempo e del Disinganno, che in tempi recenti è stato anche rappresentato come una vera e propria opera; ma non bisogna dimenticare che nella Roma di quei tempi, dove in certi periodi dell’anno l’opera era vietata, erano proprio gli oratori a sopperire alla fame di teatro del pubblico e i compositori spesso ne tenevano conto.
I quattro personaggi interagiscono a colpi di recitativi e arie (con due soli numeri a due e un «quartetto») finché la Bellezza si allontana dal Piacere, che l’aveva attirata a sé, e accoglie le esortazioni del Tempo e del Disinganno a vivere nel nome della verità e della salvezza dell’anima. Il Piacere non la prende per niente bene e lo esprime nella concitata aria «Come nembo che fugge col vento», la penultima della partitura e una delle più avvincenti. Qui in particolare Emmanuelle de Negri, che alla fine del 2018 avevamo ascoltato come spigliata Despina in Così fan tutte a Napoli con la direzione di Riccardo Muti, ha confermato la bella impressione che ci fece allora.
Con quella di Emmanuelle de Negri, le altre tre voci (Monica Piccinini, la Bellezza; Delphine Galou, il Disinganno; Anicio Zorzi Giustiniani, il Tempo) hanno composto un quartetto ben assortito ed efficace nella definizione dei rispettivi ruoli; le ragguardevoli doti vocali di ciascuno hanno ben servito l’espressione degli affetti, anche se l’interpretazione di Monica Piccinini, che pure è infallibile nelle agilità e nella condotta complessiva, avrebbe tratto vantaggio da una più ampia gamma di colori.
A partire dalla Sonata iniziale, Ottavio Dantone ha diretto dal clavicembalo il suo affiatato e valente gruppo con la competenza e il gusto ben noti, con raffinatezza ed energia, mostrandosi sollecito nel curare l’insieme e gli interventi solistici degli strumenti antichi e mantenendo sempre viva quella catturante pulsazione ritmica che è una delle tante attrattive di questo lavoro händeliano.
Il pubblico, nell’antica Rocca Brancaleone che è sede all’aperto degli spettacoli del Festival, alla fine ha applaudito con grande entusiasmo.
Patrizia Luppi
(24 giugno 2020)
La locandina
Direttore e clavicembalo | Ottavio Dantone |
Soprani | Emmanuelle de Negri, Monica Piccinini |
Contralto | Delphine Galou |
Tenore | Anicio Zorzi Giustiniani |
Accademia Bizantina | |
Programma: | |
Georg Friedrich Händel | |
Il Trionfo del Tempo e del Disinganno HWV 46a |
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