Ravenna: la lezione di Riccardo Muti sulla Messa da requiem di Verdi per l’Italian Opera Academy

Al Teatro Galli di Rimini, sabato 17 dicembre, dopo scroscianti applausi ha ricevuto da alcuni giovani l’omaggio di una bandiera tricolore; due giorni dopo, le tremilacinquecento persone che affollavano il PalaDozza di Bologna gli hanno tributato, entusiaste, una standing ovation. Riccardo Muti ha concluso così lunedì 19 dicembre, nel segno di quell’italianità che gli è tanto cara e nel caloroso abbraccio del pubblico, il percorso sulla Messa da requiem verdiana che aveva iniziato il 2 dicembre a Ravenna con l’Italian Opera Academy e che ha suggellato con le due repliche del concerto finale.

È dal 2015 che Muti ogni anno ritaglia, tra i suoi sempre numerosissimi impegni, almeno un periodo (quando non due, com’è avvenuto per esempio con la presenza a Tokyo dell’Academy) in cui trasmette, a direttori d’orchestra e maestri collaboratori che hanno da poco intrapreso l’attività professionale, la sua lezione: quella che ha ricevuto dai suoi maestri e le acquisizioni che ha maturato nella sua enorme esperienza di studio e di lavoro. Con lui i giovani allievi ritrovano una concezione del teatro d’opera ben diversa da quella tanto diffusa oggi, secondo la quale «interessa più quello che si vede rispetto a quello che si sente», come Muti stesso afferma sconfortato.

Quest’anno i prescelti, tra i direttori, erano la ventiseienne cinese Kerou Liu, l’ucraina ventunenne Polina Lebedieva, lo statunitense Nicholas Koo, trentatré anni, l’italiano Vsevolod Sieva Borzak, venticinque, e l’austriaco trentatreenne Andreas Ottensamer, che ha già un nome affermato in campo musicale come clarinettista solista di rango e come prima parte dei Berliner Philharmoniker.

Una volta il maestro collaboratore era, come riferisce Muti, «una figura gloriosa dell’opera, conosceva il teatro dalle fondamenta ed era in grado di portare avanti un intero spettacolo». Agli emuli di gloriosi musicisti come Antonino Votto o Tullio Serafin, che prima di diventare celebri direttori furono maestri collaboratori, sono affidate durante l’Academy le prove mattutine al pianoforte, sempre con il controllo e l’intervento di Muti. Quest’anno sono stati scelti due francesi, Richard Yu Fu e Rémi Geniet, entrambi trentunenni, la spagnola Elena López Górriz, ventisei anni, e le ventinovenni Alexandra Maria Tchernakova, britannica, e Ayaka Uenomachi, giapponese.

Come nelle edizioni passate, una forte presenza femminile accanto a quella maschile e una grande varietà di provenienze: soltanto per quanto riguarda i direttori d’orchestra, per il 2022 le domande di partecipazione sono state più di trecento da tutto il mondo. Al di là del genere e dei Paesi d’origine, a legare i partecipanti c’è ogni volta la musica: quest’anno, la Messa da requiem che Giuseppe Verdi compose nel 1874 in memoria di Alessandro Manzoni.

«In Verdi, come in Mozart, quel determinato suono corrisponde a quella parola» ­afferma Riccardo Muti; non c’è mai genericità nel rapporto tra testo e musica, nella Messa da requiem come nelle opere verdiane. Ecco un motivo fondamentale per cui, pur non essendo un’opera, il Requiem di Verdi è stato scelto come testo di studio e di esecuzione quest’anno. Muti, in quest’ottica, durante il corso non ha mancato di sottolineare quanto sia importante per un direttore straniero conoscere l’italiano. Ed è stato solo uno della miriade di suggerimenti, di consigli e di nozioni che ha trasmesso incessantemente durante le ore e ore quotidiane di lezione.

Il valore di un accordo, il carattere di un intervento strumentale, l’impostazione di un passaggio vocale, tutto durante l’Academy viene passato al vaglio da Muti, analizzato ed esposto con il contorno di aneddoti e ricordi, tra una battuta che allevia il carico del lavoro incessante e un intervento di correzione che non è mai duro e intransigente, ma si dimostra sempre costruttivo. Didatta eccellente, il grande direttore sa come farsi capire e come spingere l’allievo verso nuove acquisizioni e nuovi orizzonti, pur nel rispetto della personalità di ogni individuo. Tiene a sottolineare che sulle scelte interpretative i suoi sono solo suggerimenti, poi ciascuno seguirà, com’è giusto e naturale, la propria strada. E, per farlo correttamente, bisogna studiare: «Non è che ho trovato in un pozzo sotto la sabbia le verità nascoste: è sufficiente leggere la partitura», ma «leggere» significa analizzare, indagare e sforzarsi di comprendere.

Nelle sessioni di studio, Muti si occupa poi di tutti gli aspetti della direzione, a partire dal gesto, che non dev’essere mai enfatico: «Non si fa ginnastica sul podio» dice e rimanda all’esempio dei grandi del passato: «Il gesto di Fritz Reiner era molto piccolo e anche quello di Karajan era piuttosto limitato. Richard Strauss affermava: se il gesto è al trenta per cento, l’orchestra segue al settanta per cento». E soprattutto: «È quello che uno dice nella concertazione a essere importante, non tanto quello che fa sul podio. Una volta i direttori si muovevano poco, ma nelle prove dicevano tanto».

Durante le giornate di Academy, sul podio si susseguono a rotazione i giovani direttori, davanti all’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini che si presta alle numerose ripetizioni come i cantanti coinvolti: due soprani in alternanza, la spagnola Verónica Tello e l’armena Juliana Grigoryan, fresca vincitrice del Concorso Operalia fondato da Plácido Domingo, il mezzosoprano Isabel De Paoli, il tenore albanese Klodjan Kaçani e il basso Riccardo Zanellato, che è l’unico dei quattro ad aver già interpretato, e diverse volte, la partitura verdiana; per questo fa un po’ da tutor ai giovani colleghi. Nelle ultime prove arrivano anche i Cori Cherubini e Cremona Antiqua preparati da Antonio Greco e Diego Maccagnola.

Per tutto il periodo, su un tavolino posto sopra il palcoscenico e coperto da un drappo scuro, la presenza sempre aleggiante di Giuseppe Verdi si fa ancor più concreta con il facsimile del manoscritto della Messa da requiem pubblicato da Casa Ricordi ai primi del Novecento. L’esemplare fu donato da Vittorio Gui a Riccardo Muti, che l’ha reso disponibile alla visione e alla consultazione degli allievi durante l’Academy. «È un facsimile perfetto» assicura il direttore, tanto che si vedono addirittura i segni delle dita che Verdi lasciò toccando il manoscritto. Il volume catalizza l’interesse dei giovani durante i momenti di pausa.

Dal lavoro capillare svolto nei giorni di Academy sortisce ogni anno il concerto degli allievi, cui fa seguito quello in cui è Muti a dirigere la stessa partitura, questa volta replicato a Rimini e a Bologna. Al Teatro Alighieri, il 13 dicembre gli allievi hanno diretto una parte della Messa da requiem ciascuno, tranne Andreas Ottensamer che si è dovuto assentare per motivi inderogabili. Kerou Liu, Polina Lebedieva, Nicholas Koo e Sieva Borzak si sono fatti apprezzare con le loro personalità differenti e una sicurezza ovviamente molto rinforzata rispetto ai primi giorni di Academy. Di altissimo livello, sia con gli allievi sia con Muti, la prova dell’Orchestra Cherubini, sensibili e ben preparati i due Cori uniti, pregevoli i cantanti; con gli allievi si è prodotta Verónica Tello, che benché indisposta si è messa generosamente a disposizione, e due giorni dopo con Muti Juliana Grigoryan, che ha esibito qualità vocali di primissimo ordine.

L’esecuzione diretta da Riccardo Muti al Teatro Alighieri di Ravenna il 15 dicembre è stata illuminante per profondità interpretativa. Muti dirige la Messa da requiem da più di cinquant’anni e ogni volta l’affronta con rinnovata intensità e dedizione. Secondo lui, la partitura verdiana esprime «la battaglia cruenta dell’individuo davanti alla morte che dice a Dio: tu mi hai creato, tu mi devi liberare». È una battaglia che finisce nel dubbio, come la musica rivela: «Il Requiem si conclude con un accordo di do maggiore, che in genere esprime luce; ma, per come Verdi ci arriva, in questo caso è una tonalità in bilico». Il rapporto con la divinità e con la morte espresso nella Messa di Verdi è di matrice molto italiana: «Noi con Dio parliamo personalmente e il senso della morte e dell’aldilà fa parte della nostra cultura».

L’Italia, Paese della musica, è sempre nel cuore di Muti, che ha però molto da ridire sulla situazione odierna del nostro Paese. Nei suoi interventi durante il concerto degli allievi, ha dichiarato: «L’opera è un motivo di orgoglio per l’Italia», ma ha tenuto anche a sottolineare: «La città di Seul da sola ha diciotto orchestre sinfoniche, da noi ci sono regioni intere senza un’orchestra, mentre i Conservatori continuano a sfornare diplomati. Sono molto preoccupato per il nostro Paese e per l’Europa». Impossibile dargli torto.

Patrizia Luppi
(2-19 dicembre 2022)

La locandina

Direttori Riccardo Muti, Kerou Liu, Polina Lebedieva, Nicholas Koo e Sieva Borzak
Soprani Verónica Tello, Juliana Grigoryan
Mezzosoprano Isabel De Paoli
Tenore Klodjan Kaçani
Basso Riccardo Zanellato
Orchestra Giovanile Luigi Cherubini
Coro Cherubini, Coro Cremona Antiqua
Maestri del coro Antonio Greco, Diego Maccagnola
Programma:
Giuseppe Verdi
Messa da Requiem

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