Ravenna: miracolo risicato per Suor Angelica e gag senza freno per Gianni Schicchi
Non garberebbe a Giacomo Puccini, che non voleva che il “Trittico” fosse «rappresentato in pezzi», ma dai suoi tempi a oggi si è consolidato l’uso di considerare le tre brevi opere come unità separate, da proporre in coppia o una alla volta insieme con altre. Su questa linea era anche l’abbinamento di Suor Angelica e Gianni Schicchi approdato nei giorni scorsi al Teatro Alighieri di Ravenna (che ha coprodotto i due allestimenti) dopo che i due lavori avevano circolato insieme o separatamente a Cagliari, a Lucca e a Firenze; qui, però, il “Trittico” è stato correttamente completato con Il tabarro.
Regia, scene, costumi e luci erano affidati a Denis Krief, uomo di teatro francese molto attivo in Italia da decenni.
Krief, è risaputo, non teme l’horror vacui e lo ha dimostrato anche nell’impostare la scenografia di Suor Angelica: in palcoscenico, solo alte pareti forate da finestroni e inclinate a formare un ambiente che si rastrema verso l’alto, un carrellino con qualche vaso di piante a rappresentare le erbe e i fiori coltivati dalla protagonista, la fontanella che si accende di luce con uno spot quando compare l’“acqua d’oro” e una pedana mobile con un piccolo tavolo e una poltrona, quando arriva la Zia Principessa; questa, in tailleurino nero e toque, è l’unica a distinguersi nel mare bianco e grigio delle tonache e dei veli delle suore.
La regia lineare e priva di sbavature, che ha qualche momento felice, come quando descrive la sofferenza anche fisica di Suor Angelica (convincente Alida Berti che l’interpreta) sconvolta per la scomparsa del suo bambino, alla fine però fa un passo falso: nel momento del miracolo non compare la Vergine, ma solo il figlio morto della giovane religiosa.
Senza la presenza salvifica della «Regina del conforto», però, si perde il senso della trasfigurazione e il bimbo, addirittura, potrebbe essere nient’altro che un’allucinazione della povera morente.
Uguali le pareti in scena, anche se in parte a piombo, in Gianni Schicchi e simile la povertà di oggetti, ma ovviamente ben diverso il clima della regia.
L’opera, già beffarda di suo, ben si presta a sottolineature comiche, con il gruppo di parenti sciacalli, il protagonista che imita la voce di Buoso Donati già morto e il medico che fa la sua breve comparsa blaterando con quello che dovrebbe essere un accento bolognese; difatti, i registi si sbizzarriscono con trovate non sempre di ottimo gusto. Krief, che dichiara di essersi ispirato al cinema italiano del dopoguerra, alla commedia all’italiana, e lo sottolinea con i costumi genericamente novecenteschi, nella sua regia sembra invece riferirsi alle farse più stantie.
È tutto un brulicare di mossette, sussulti, smorfie esagerate, svenimenti collettivi, braccia che sbattono come alucce (quando si citano i volatili destinati alla tavola dei frati), richiami sessuali espliciti delle dame nei confronti di Schicchi e via dicendo: un’accozzaglia di gag gratuite che al pubblico, almeno durante la rappresentazione a cui abbiamo assistito il 2 febbraio, hanno strappato ben poche risate.
Interessante la lettura orchestrale di Marco Guidarini, direttore esperto e competente che ben conosce il contesto in cui i due titoli pucciniani vennero composti l’uno dopo l’altro, tra il 1916 e il 1918; un periodo in cui operavano compositori come Schönberg, Stravinskij, Zemlinsky, Debussy, e altri ancora, sulla produzione dei quali Puccini era aggiornato e da cui ricevette diversi influssi che confluirono nella sua scrittura, dalle radici ben salde nella tradizione ma tesa verso la modernità. Guidarini lo mette in evidenza attraverso sottolineature timbriche e armoniche che la valente Orchestra della Toscana ben realizza, in esecuzioni coerenti e tese. Peccato che il direttore non dimostri lo stesso interesse nei confronti dei cantanti, che vengono regolarmente sopraffatti dal volume di suono dell’orchestra.
Nelle due compagnie di canto, adeguate, con la sensibile Alida Berti come Suor Angelica, Isabel De Paoli – un’interprete ben dotata vocalmente, ma incline alle forzature sia nel canto sia nella recitazione – come Zia Principessa e Zita, Francesca Longari, tenera Lauretta, e Giuseppe Infantino, un Rinuccio dal potente squillo, spiccava il Gianni Schicchi di Marcello Rosiello, provvisto di ragguardevoli doti vocali e di una simpatica sfacciataggine ben confacente al personaggio.
In Suor Angelica, pregevole la prova del Coro Ars Lyrica diretto da Elena Pierini e del Coro di voci bianche Ludus Vocalis diretto da Elisabetta Agostini.
Patrizia Luppi
(2 febbraio 2020)
La locandina
Direttore | Marco Guidarini |
Regia, scene, costumi e luci | Denis Krief |
Personaggi e interpreti: | |
Suor Angelica | Alida Berti |
Zia Principessa | Isabel De Paoli |
Badessa | Sandra Mellace |
Suora Zelatrice | Marina Serpagli |
Maestra delle Novizie | Lara Leonardi |
Suor Genovieffa | Antonella Biondo |
Suor Osmina | Consuelo Gilardoni |
Suor Dolcina | Janyce Condon |
Suora Infermiera | Diana Oros |
Gianni Schicchi | Marcello Rosiello |
Lauretta | Francesca Longari |
Zita | Isabel De Paoli |
Rinuccio | Giuseppe Infantino |
Gherardo | Santiago Induni |
Nella | Consuelo Gilardoni |
Gherardino | Diego Bustacchini |
Betto di Signa | Maximiliano Medero |
Simone | Adriano Gramigni |
Marco | Ricardo Crampton |
La Ciesca | Antonella Biondo |
Maestro Spinelloccio | Marco Innamorati |
Orchestra della Toscana | |
Coro Ars Lyrica | |
Maestra del coro | Elena Pierini |
Coro di voci bianche Ludus Vocalis | |
Maestra del coro | Elisabetta Agostini |
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