Rémy Brès-Feuillet: «Sono un controtenore, e non c’è nulla di cui preoccuparsi»

Voce dal timbro ammaliatore, presenza scenica coinvolgente e allo stesso tempo misurata, grande attenzione nelle scelte di repertorio: nato ad Avignone ma da tempo cittadino del mondo Rémy Brès-Feuillet incarna plasticamente l’ultima generazione di controtenori, capace di guardare al passato tenendo presente il futuro.

Lo abbiamo incontrato subito dopo le recite del Giulio Cesare di Händel a Bolzano (qui la recensione), dove sotto la direzione di Ottavio Dantone ha sostenuto il ruolo di Tolomeo.

  • Come ha scoperto la sua voce?

È difficile individuare un momento preciso in cui si prende coscienza della propria voce. Nel mio caso, essa è emersa inizialmente attraverso lo studio del jazz, della chanson française e della musica contemporanea (Sting, Freddie Mercury, Prince…). Avendo inoltre studiato la fisarmonica, la mia attenzione si è progressivamente spostata verso la musica classica, fino ad approdare al repertorio barocco. È stato ascoltando Klaus Nomi e immergendomi nel suo universo stravagante, e successivamente scoprendo le registrazioni di Alfred Deller, che ho potuto finalmente formulare una sorta di “diagnosi”: sono un controtenore (e non c’è nulla di cui preoccuparsi!).

  • C’è un cantante del passato che l’ha ispirata in modo particolare?

Tutta la prima generazione moderna di controtenori (Deller, Bowman, Ledroit, Jacobs…) è fondamentale per comprendere l’evoluzione tecnica di questa vocalità. Furono pionieri e protagonisti della riscoperta della musica barocca nella seconda metà del XX secolo: deve essere stata un’epoca entusiasmante! Le loro interpretazioni hanno lasciato un’impronta indelebile e, ancora oggi, rappresentano per me un’inesauribile fonte d’ispirazione.

  • Nel 2021 ha vinto il Premio Giovane Artista al Concorso Cesti di Innsbruck: quale importanza hanno i concorsi internazionali per un cantante?

I concorsi internazionali costituiscono autentiche rampe di lancio per i giovani interpreti e offrono un’esperienza umana straordinariamente arricchente. Si incontrano artisti provenienti da ogni parte del mondo, si scoprono nuovi modi di cantare e si sviluppa una maggiore capacità di relativizzare. Inoltre, si tratta di audizioni su larga scala: le finali sono spesso trasmesse in diretta sui social media, raggiungendo un pubblico internazionale e moltiplicando le occasioni di farsi ascoltare. La visibilità che ne deriva è fondamentale, soprattutto considerando che sempre più agenti e direttori artistici prestano attenzione a queste competizioni.

  • Il Barocco si estende per quasi due secoli: c’è un periodo che l’attrae particolarmente e che meglio si adatta alla sua voce?

Il repertorio barocco è sterminato e, in gran parte, ancora inesplorato: moltissime opere non sono mai più state rappresentate dalla loro prima esecuzione. Naturalmente, il grande opera seria è per me una gioia assoluta: Händel e Vivaldi sono pura melodia per la voce. Molte composizioni del XVIII secolo risultano estremamente gratificanti da interpretare. Tuttavia, ciò che mi affascina profondamente è la scoperta di nuovi repertori. Nel Barocco esistono compositori che si situano in periodi di transizione, in momenti di svolta stilistica, e adoro eseguire le loro opere. Ci si sente sospesi tra due epoche, in un equilibrio che risveglia tutti i sensi. Di recente, ho scoperto opere di Thomas Arne, John Stanley e Maurice Greene, compositori inglesi contemporanei di Händel. Essi hanno contribuito allo sviluppo dello stile galante, che ha progressivamente aperto la strada alla scrittura pre-classica di autori come Traetta e Gluck: le loro opere sono affascinanti, e il repertorio barocco “tardo” mi entusiasma enormemente!

  • Quali ruoli le piacerebbe interpretare in futuro?

La lista sarebbe lunghissima! Ci sono due elementi che mi fanno desiderare di affrontare determinati ruoli: la bellezza musicale e la densità drammatica. Finora ho interpretato spesso Tolomeo nel Giulio Cesare e Flavio nell’omonima opera di Händel. Sono ruoli entusiasmanti, scenicamente rilevanti, talvolta comici, ma sempre caratteristici. In futuro, vorrei esplorare ruoli più drammatici, più oscuri e meno “nervosi”: Giulio Cesare, naturalmente, ma anche Ottone in Agrippina, così come ruoli meno noti, come Endimione in La Calisto di Cavalli o Oberon in A Midsummer Night’s Dream di Britten. E l’elenco potrebbe continuare! Non dimentico, inoltre, la creazione contemporanea, che trovo altrettanto stimolante: Saariaho, Dove, Benjamin… Questo repertorio è in continua espansione e rappresenta un terreno di assoluto interesse per i controtenori!

  • Qual è il suo rapporto con la musica contemporanea?

È un rapporto di curiosità e di avidità intellettuale. La voce di controtenore possiede, a mio avviso, tutte le caratteristiche ideali per questo repertorio: unisce ambiguità e raffinatezza, adattandosi perfettamente alla modernità e alle sfide culturali contemporanee (come le questioni di genere e d’identità). Questa vocalità ibrida, sospesa tra maschile e femminile, può diventare un vero strumento politico, nel senso più nobile del termine, oltre che un potente mezzo di emancipazione. Inoltre, la creazione contemporanea offre una libertà assoluta: permette di collaborare direttamente con i compositori, contribuendo alla nascita di un’opera dall’inizio alla fine. È un’opportunità straordinaria!

  • Cosa risponderebbe a chi – perché purtroppo ancora esistono persone con questa mentalità – le chiedesse: “Perché canta come una donna?”

Questa domanda mi è stata posta più volte, spesso da persone poco abituate ad ascoltare questa vocalità (e talvolta persino la musica lirica in generale!). Non mi sorprende né mi offende necessariamente: per molti, l’opera è un universo sconosciuto. C’è un grande lavoro di sensibilizzazione da compiere, sia presso le nuove generazioni sia tra coloro che, per motivi culturali o sociali, ne sono rimasti distanti.

Durante il periodo della pandemia, mi sono impegnato in un’associazione che mi ha portato a cantare nei centri sociali di Marsiglia, talvolta persino all’aperto, sotto le finestre delle persone. Esibirsi davanti a un pubblico inesperto è spesso la sfida più ardua, ma anche la più gratificante: all’iniziale stupore può seguire un sorriso imbarazzato, e spesso, infine, arriva l’emozione. Dopo il canto, iniziano le domande, le barriere si sgretolano, si instaura un dialogo e nasce un nuovo pubblico.

Quella domanda – “Perché canta come una donna?” – se affrontata senza condiscendenza, con pazienza e spirito pedagogico, può trasformarsi in una preziosa chiave d’accesso al pubblico di domani.
Alessandro Cammarano

Original en français

Voix au timbre envoûtant, présence scénique à la fois captivante et d’une retenue maîtrisée, soin extrême dans le choix du répertoire : Rémy Brès-Feuillet, natif d’Avignon mais depuis longtemps citoyen du monde, incarne avec une élégance plastique la toute dernière génération de contre-ténors, capable d’embrasser le passé sans jamais perdre de vue l’avenir.

Nous l’avons rencontré juste après les représentations de Giulio Cesare de Händel à Bolzano (dont voici la critique), où, sous la direction d’Ottavio Dantone, il a brillamment interpreté le rôle de Tolomeo.

  • Comment avez-vous découvert votre voix ?

Il est difficile de d’identifier un moment précis ou l’on découvre cette voix. Pour ma part, elle est apparue d’abord par l’étude du jazz, de la chanson française, de la musique actuelle (Sting, Freddie Mercury, Prince…). Ayant par ailleurs étudié l’accordéon, mon attention s’est progressivement déportée vers la musique classique, puis vers la musique baroque. C’est en écoutant Klaus Nomi et en découvrant son univers fantasque, puis en découvrant les enregistrements d’Alfred Deller que j’ai enfin pu mette établir un « diagnostic » : je suis contre-ténor (et ce n’est pas grave !)

  • Y a-t-il un chanteur du passé qui vous a inspiré d’une manière ou d’une autre ?

Disons que toute la première génération moderne de contre-ténors (Deller, Bowman, Ledroit, Jacobs…) est très importante pour comprendre le cheminement technique de cette voix : ils ont été pionniers et ont été au cœur du retour de la musique baroque dans la deuxième moitié du XXe siècle. Ce dût être excitant ! Leurs interprétations ont fait école, et encore aujourd’hui ces chanteurs restent une source inépuisable d’inspiration pour moi.

  • En 2021, vous avez remporté le Prix du Jeune Artiste au Concours Cesti à Innsbruck : quelle est l’importance de participer à des concours internationaux ?

Les concours internationaux sont de véritables rampes de lancement pour les jeunes chanteurs et une riche expérience humaine : on y découvre d’autres artistes, d’autres façons de chanter, cela fait relativiser. Et puis, ce sont des auditions à grande échelle car les finales sont souvent retransmises en direct sur les réseaux sociaux. L’audience est internationale, les possibilités de se faire entendre sont décuplées. La visibilité que cela apporte est très importante car de plus en plus d’agents et de directeurs de casting ont un œil sur ces compétitions.

  • Le Baroque s’étend sur près de deux siècles : d’un point de vue musical, y a-t-il une période qui vous intéresse particulièrement et qui convient le mieux à votre voix ?

Le répertoire baroque est immense, et il est en grande partie encore totalement inconnu (nombre d’opéras baroques n’ont jamais plus été représentés depuis leur création). Evidemment, le grand opera seria est jubilatoire pour moi : Händel, Vivaldi, c’est du miel pour la voix. Beaucoup d’œuvres du XVIIIe sont pour moi très agréables à chanter. Mais ce qui m’intéresse profondément, c’est la découverte de répertoire. Il y a dans la musique baroque des compositeurs qui appartiennent à des courants charnières, à des moments de bascule, et j’apprécie particulièrement interpréter ces œuvres. On se sent comme en équilibre entre deux périodes et cela met en éveil nos sens. J’ai récemment découvert des opéras de Thomas Arne, John Stanley et Maurice Greene, qui sont des contemporains anglais de Händel. Ils ont contribué à l’élaboration du style galant qui ouvre progressivement la voie à l’écriture pré-classique comme celle de Traetta et de Gluck : leurs œuvres sont fascinantes et ces pièces baroques que l’on peut qualifier de « tardives » me plaisent énormément !

Quels rôles aimeriez-vous chanter à l’avenir ?

Il y en a tellement ! Je n’ai pas fait le tour de beaucoup de rôles encore. Il y a deux choses qui me font me languir de certains rôles : la beauté musicale et la densité dramatique. J’ai pour le moment assez souvent interprété Tolomeo dans Giulio Cesare et Flavio dans l’opéra éponyme de Händel. Ce sont des rôles grisants, assez important scéniquement, comiques parfois, mais ce sont surtout des rôles de caractères. j’aimerais à l’avenir pouvoir épanouir ma voix dans des rôles plus dramatiques, plus sombres, moins « nerveux » : Giulio Cesare évidemment, Ottone dans Agrippina, mais également des rôles peut-être moins connus : Endimione dans La Calisto de Cavalli, Oberon dans Le Songe d’une nuit d’été de Britten… la liste est sûrement trop longue ! Évidemment, je n’oublie pas la création contemporaine qui pour moi est tout aussi excitante : Saariaho, Dove, Benjamin… ce répertoire est prolifique et est d’un intérêt absolu pour les contre-ténors !

  • Quel est votre rapport à la musique contemporaine ?

Il est curieux et avide. La voix de contre-ténor a, je crois, tout ce qu’il faut pour ce répertoire : elle mêle à la fois ambiguïté et sophistication, et s’adapte à merveille à la modernité et à certains enjeux contemporains (notamment aux questions de genre, d’identité) : cette voix hybride, à la fois homme et femme, peut être un véritable objet politique, au sens noble du terme, et un fabuleux outil d’émancipation. Aussi, la création contemporaine est un foyer de liberté absolue : elle nous permet de travailler directement avec le/la compositeur/trice et de participer à l’élaboration d’une œuvre de À à Z. C’est une chance inouïe !

  • Que répondriez-vous à une personne – car malheureusement il en existe encore – qui vous demanderait : « Pourquoi chantez-vous comme une femme ? »

Cette question m’a été posée de nombreuses fois par des personnes qui ne sont pas habituées à entendre cette voix (voire même toute autre voix lyrique !) et cela ne me choque pas nécessairement. Il y a beaucoup de personnes curieuses pour qui l’opéra est un monde totalement étranger. Il y a un vrai travail de pédagogie à faire auprès des jeunes générations notamment, mais aussi auprès des personnes plus isolées culturellement. Je me suis engagé, notamment pendant la période « covid », dans une association pour laquelle j’allais chanter dans des centres sociaux à Marseille, parfois en extérieur, sous les fenêtres des gens ! Chanter pour un public profane, c’est souvent la chose la plus difficile, mais parfois aussi, la plus gratifiante : avec l’étonnement, vient parfois le rire gêné, et souvent l’émotion. Ensuite, les questions fusent, les barrières tombent, le dialogue s’installe, et un public se crée. Cette question, « pourquoi chantez-vous comme une femme ? », si l’on prend le temps d’y répondre sans condescendance et avec pédagogie, c’est pour moi l’une des clefs qui ouvrent la voie au public de demain !

Alessandro Cammarano

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