Riccardo Frizza: “Non ci accontentiamo di soli tre titoli. Ne vogliamo di più”
Riccardo Frizza, bacchetta internazionale e Direttore Musicale del Donizetti Opera, rappresenta al meglio il rinnovamento che il festival bergamasco vive da qualche anno. Insieme a Franceesco Micheli ha dato nuovo impulso e una veste perfettamente equlibrata tra rigore scientifico e avvicinamento ad un pubblico sempre più ampio. A lui abbiamo rivolto qualche domanda.
- Com’è stato il ritorno del festival a qualcosa che assomiglia molto alla “normalità”?
È stato galvanizzante. Personalmente venivo già da un’esperienza di teatro tornato a capienza piena, quella Rigoletto a Firenze. Però a Bergamo è stato sto diverso, perché i bergamaschi si riappropriavano del loro teatro dopo tre anni in cui il Donizetti è stato chiuso per restauri primae poi per il blocco dovuto alla pandemia che ha costretto a spettacoli senza pubblico. Questa riapertura mi ha scaldato il cuore
- Quali sono stati i criteri seguiti per la scelta delle opere in cartellone?
Avendo dovuto posticipare la Fille du Régiment – che era prevista per lo scorso anno – ci siamo trovati in questa edizione 2021 con due tildi “giocosi” e appartenenti al Donizetti più eseguito quando il festival fa proposte più legate alla “riscoperta”. Nello stesso tempo abbiamo reputato giusto dare un afflato energia positiva per mitigare in qualche modo tutto quanto di negativa abbiamo passato nei mesi scorsi. Si potrebbe dire che è stato un ritorno alla vita dietro al quale c’è stata una lunga riflessione
- Venendo al tuo Elisir devo dire che la scelta di eseguirlo su strumenti storici è particolarmente azzeccata. Ci sono state difficoltà?
Assolutamente no; anzi ti dirò di più. La scorsa estate abbiamo realizzato con loro registrazione di un recital di Belcanto con Javier Camarena con strumenti accordati a 432. Per me era la mia prima esperienza con strumenti storici e ho trovato che Elisir fosse ideale per loro. I cantanti non hanno avuto nessuna difficoltà anche perché tutte le prove sono state fatte con accompagnamento di pianoforti a 432, cosicché hanno avuto modo di abituarsi. Interessante per me in questa esecuzione storicamente informata è anche nei tempi e nei silenzi che gli strumenti antichi richiedono rispetto alla “consuetudine”; pensa al clarinetto moderno che lega e trasporta mentre invece se si usano legni del 1830 servono due clarinetti diversi perché con uno si suona l’aria e con l’altro la cabaletta in quanto era impossibile trasporre. Stessa cosa con i corni che hanno bisogno di cambiare la ritorta e quindi si creano dei silenzi, oltre a dei tempi lontani dalla “concitazione” delle esecuzioni cui l’orecchio moderno è abituato. I silenzi e le altezze qui sono funzionali all’esecuzione.
- Trovo che Gli Originali siano una realtà di grande valore artistico capace di coniugare filologia e brillantezza. Dico una baggianata?
Anzi, sono completamente d’accordo con te. Filologia e brillantezza è esattamente quello che cercavo. Prima degli Originali non c’erano orchestre italiane che facessero il Primo Romanticismo Italiano e questo ensemble sta crescendo di anno in anno e i componenti, che provengono da esperienze diverse, soprattutto nel Barocco, si stanno davvero appassionando ad un repertorio che dà la possibilità di respirare. L’orchestra degli anni Trenta dell’Ottocento e figlia del Classicismo e da essa deriverà l’orchestra così come la conosciamo noi ora. Negli Originali risaltano immediatamente il colore dei legni e gli ottoni -– penso ai grandi drammi come Caterina Cornaro o Roberto Devereux – che sono penetranti ma non invadenti; mi sembra che tutto ritrovi intimità e che nell’Elisir in scena in questi giorni si percepisca.
- La Bottega Donizetti è un’altra realtà che fin dai suoi primi passi si sta dimostrando iniziativa vincente. Come è nato il progetto e come si svilupperà?
Ci abbiamo messo un po’ di tempo per realizzarla, anche perché ci si è messa di mezzo la pandemia, e adesso il progetto deve prendere peso e volare. Vogliamo trovare voci interessante e di valore, dando loro una struttura e avvicinandole a Donizetti, dando il giusto approccio e la tecnica corretta per poi poterle presentare al Festiva. La Bottega vuole fare lo stesso con i giovani direttori per insegnare loro un approccio corretto all’opera italiana partendo sempre da Donizetti. Chi dirige bene Donizetti dirige bene anche Rossini e Verdi.
- Il Festival 2021 è indubbiamente un successo anche di pubblico. Tu e Francesco Micheli vi accontentate o volete di più?
Vogliamo un ritorno ad una normalità vera, Il pubblico, soprattutto quello proveniente dall’estero – Bergamo tra l’altro è favorita dalla presenza di un aeroporto internazionale tra i più trafficati d’Italia – si sposta ancora con difficoltà. E poi non ci accontentiamo di solo tre titoli all’anno, ne vogliamo fare di più.
Alessandro Cammarano
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