Roma: Borgia tra maschere e sudari

Torna all’Opera di Roma Lucrezia Borgia di Gaetano Donizetti, e la sorpresa è grande quarantacinque anni dopo l’ultima edizione diretta da Richard Bonynge con Joan Sutherland nel ruolo del titolo. A dirigere quest’opera travolgente, dove il comico si combina al tragico in un susseguirsi infernale di colpi di scena, è Roberto Abbado che alla guida dell’Orchestra del Costanzi esalta la classica combinazione donizettiana di timbri, corni e fagotti, sottolineandone il colore lugubre.

La regia dello spettacolo è affidata  alla talentuosa argentina Valentina Carrasco, che ha alle spalle una lunga collaborazione con la Fura dels Baus, prima di volare con le proprie ali, dirigendo fra l’altro una memorabile Carmen alle Terme di Caracalla e il capolavoro di Leonard Bernstein A Quiet Place alla Neue Oper Wien, e poi aprendo al Costanzi la stagione 2019-2020 con Les Vêpres Siciliennes con la direzione di Daniele Gatti e le scene di Richard Peduzzi, prima di debuttare nel 2023 all’Opéra di Parigi con Nixon in China, e vincere il premio Abbiati per il miglior spettacolo dell’anno con La Favorite di Donizetti, prodotta dal Festival Donizetti di Bergamo.

Quest’opera sinistra eppure dolcissima, composta in meno di un mese da Donizetti nel 1833 su libretto di Felice Romani e allestita alla Scala appena dieci mesi dopo il debutto parigino dell’omonima tragedia di Victor Hugo, ruota intorno a una figura femminile truce, un mostro del potere purificato dalla maternità, così come in Le Roi s’amuse, Hugo giocava con un mostro santificato dalla paternità. E infatti, Lucrezia Borgia, figlia di papa Borgia, sorella del Valentino e moglie in terze nozze di Alfonso d’Este, è alle prese col senso di colpa per una maternità negata e quanto mai bramata, che finisce per risolversi nella sua negazione. Tenendo a freno il suo estro naturale, Valentina Carrasco ha scelto una regia severa, alquanto epurata, a volte persino un po’ statica forse per meglio corrispondere all’ossessione dell’idea fissa. Un sudario formato da tanti veli di tulle rosso fuoco scende dall’alto.

Davanti una gigantesca maschera di argento, e altri veli intrecciati a mo’ di amaca, fungono da scenografia per il Prologo con la festa notturna sulla terrazza di Palazzo Grimani. Gli invitati. tutti in maschera, con gonne di tulle bianco e giacca nera, o lunghi pepli rossi, s’alternano senza lasciare una chiara indicazione di genere per raccontare l’antefatto e ricordare le nequizie di Lucrezia Borgia (“Ella è donna venefica, impura, /vilipese, oltraggiò la natura”).

Finché lei stessa non entra in scena algida e straziata, con la voce del grande soprano di agilità Lidia Fridman, giovanissima rivelazione al suo debutto romano, anche lei rosso vestita, tenendo un bambino per mano, per poi abbandonarsi subito alla contemplazione di un giovane addormentato, Gennaro, interpretato dal portentoso tenore bolognese Enea Scala, il figlio naturale che si ignora, e che il marito, duca d’Este, un possente, lugubre e iracondo Alex Esposito, scambia subito per il suo amante.

Atto primo la scena cambia per raccontare la profanazione del nome Borgia, con la rimozione della B dalla scritta in rame dorata, che diventa ORGIA affissa sul palazzo del duca di Ferrara. Anche qui si respira il buio pesto dell’oltraggio in una notte di festa. A compiere la prodezza è Gennaro, il figlio che s’ignora: “Stamparle in fronte vorrei l’infamia, che a stampar son pronto/ su quelle mura dov’è scritto Borgia”. Col che il poveretto va in contro al suo destino, per la vendetta del duca e il tentativo impossibile di frenarla da parte di Lucrezia. Mirabile il duetto e poi il terzetto che vede impegnati marito, moglie e presunto amante in una commedia degli equivoci. Dove Lucrezia chiede a Alfonso di punire l’infame per vendicare l’affronto, salvo poi ravvedersi quando scopre che il colpevole è Gennaro, cercando prima di discolparlo, poi di salvargli la vita, e riuscendo infine ad ottenere solo che muoia avvelenato anziché infilzato da una spada. Truce il destino, truce la scena in cui domina l’incomunicabile segreto, con la riproduzione gigantesca di un ritratto storico di Lucrezia su un fondale nero petrolio, circondato da fosche lampade e dalle maschere appese come teschi sugli steli d’oro, mentre Lidia Fridman fra le sue contraddizioni di donna perversa e madre tormentata volteggia in un o abito di veli azzurri meraviglioso disegnato da Silvia Aymonino, e ammalia tutti con la sua voce sottile eppure piena di vibrazioni potenti e sfumature magnifiche.

La luce esplode al secondo atto, col riconoscimento e l’epilogo durante la festa in casa della principessa Negroni. Il banchetto è imbandito su un tavolo ricoperto di stoffa dorata posto sotto un immenso velario dorato che cade dall’altro confondendo oggetti e personaggi. È il momento culminante, dell’avvelenamento dei compagni di Gennaro, a cominciare dal fedele Maffio Orsini, che seguendo la tradizione del controtenore è interpretato dal mezzosoprano Daniela Mack, e che finiscono uccisi per mano di Lucrezia, che taglia di netto sulle spalle la camicia bianca di ognuno loro, prima di rivelare al Gennaro “Un Borgia sei” e rivelarsi infine come sua madre “Ah! si, sono quella”. Alla prima, larghi applausi generosi dal pubblico romano per il coro di Ciro Visco, i cantanti, il direttore e la regista.

Marina Valensise
(16 febbraio 2025)

La locandina

Direttore Roberto Abbado
Regia Valentina Carrasco
Scene Carles Berga
Costumi Silvia Aymonino
Luci Marco Filibeck
Personaggi e interpreti:
Alfonso I D’Este Alex Esposito
Lucrezia Borgia Lidia Fridman
Gennaro Enea Scala
Maffio Orsini Daniela Mack
Jeppo Liverotto Raffaele Feo
Don Apostolo Gazella Arturo Espinosa
Ascanio Petrucci Alessio Verna
Oloferno Vitellozzo Eduardo Niave
Gubetta Roberto Accurso
Rustighello Enrico Casari
Astolfo Rocco Cavalluzzi
Usciere Giuseppe Ruggiero
Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma
Maestro del Coro Ciro Visco

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