Roma: Bostridge e Drake scandagliano Schubert

La comprensione della depressione come patologia, sviluppatasi solo nel Novecento, ha aperto nuove prospettive sulle emozioni umane. Forse, se Schubert avesse avuto accesso alle intuizioni psicoanalitiche di Freud, avrebbe trovato un sollievo per quel dolore profondo e inconsolabile che impregna il suo ciclo Die schöne Müllerin (La bella mugnaia). Composto nel 1823 su poesie di Wilhelm Müller — poeta affine alla sensibilità di Schubert, al punto che il compositore si rivolgerà nuovamente a lui per la celebre Winterreise (Il viaggio d’inverno) del 1827 — Die schöne Müllerin racconta, in venti liriche, il dramma emotivo di un giovane mugnaio innamorato. Fragile e incerto, il protagonista passa dall’entusiasmo ardente, che maschera una profonda insicurezza, all’abbandono di ogni speranza e al tragico epilogo.

Per l’ascoltatore, l’unità narrativa del ciclo non è immediata. Ogni Lied, con la sua struttura strofica, è come un tassello che si aggiunge gradualmente a una costruzione complessa. Solo ascoltando attentamente il susseguirsi dei brani, si attiva una rete di corrispondenze dialettiche che permettono all’ascoltatore di entrare in sintonia con il personaggio del mugnaio, di creare con lui una relazione affettiva; solo allora, l’anima delicata del protagonista si schiude a chi vuole conoscerlo, mostrando tutto il suo smarrimento e rivelando il significato profondo di un testo musicale potentemente suggestivo.

L’iterazione è forse la chiave per comprendere e “compatire”, nel senso etimologico di “soffrire insieme”, la frattura psichica del giovane protagonista di Die schöne Müllerin, che vede il suo mondo crollare senza poterlo fermare, intrappolato in un arrovellamento inconsolabile. In questo paesaggio mentale, il ruscello, principale confidente del protagonista, diventa un’immagine del fluire libero dei suoi pensieri, che si rincorrono e si sovrappongono in un flusso di coscienza, in pieno stile joyciano. Simbolo di vita, l’acqua è, allo stesso tempo, rappresentazione del destino umano in perenne corsa verso la dissoluzione.

Ricreare un’opera di tale profondità richiede interpreti dotati di sensibilità e intelligenza musicale fuori dal comune e Ian Bostridge e Julius Drake si rivelano perfetti per l’impresa. In concerto all’Aula Magna dell’Università La Sapienza di Roma per la stagione 2024/25 della IUC – Istituzione Universitaria dei Concerti, il tenore Bostridge e il pianista Drake danno vita a una lettura che non stupisce solo per la maestria tecnica, ma per la capacità di esprimere tutta la vulnerabilità di un’anima delicata come quella del giovane mugnaio, alter ego di Schubert stesso, oscillante tra baldanza e desolazione.

L’interpretazione di Bostridge e Drake rende appieno la coerenza narrativa dell’evoluzione del protagonista rintracciabile nei vari brani del ciclo. Ogni Lied scivola nel successivo, portando il pubblico dall’innocenza del sogno all’amara disillusione. Lieder come Ungeduld e Mein! vibrano di energia e speranza, mentre nei momenti più oscuri di Der Müller und der Bach e Des Baches Wiegenlied, Bostridge esprime una malinconia struggente e un profondo senso di rassegnazione.

Drake modula sapientemente la dinamica e la tensione ritmica della parte pianistica esaltando la funzione del pianoforte non come mero accompagnamento al canto, ma come vera controparte emotiva capace sia di mettersi in dialogo con la voce sia di contornarla di quei dettagli evocativi caratteristici della letteratura liederistica. Da parte sua, la voce trasparente e dal timbro così peculiare come quella di Bostridge si presta perfettamente a impersonare le angosce di un giovane vulnerabile, tradotte in un fraseggio che non si perde in “iperromanticismi”, ma che si concentra su una profonda sensibilità interpretativa che evita qualunque esagerazione melodrammatica, mantenendo saldo l’assioma fondamentale del Lied: l’equilibrio tra poesia e musica.  In questo modo, Bostridge e Drake offrono al pubblico la sottile rete di rimandi dell’intero ciclo, restituendo un personaggio autentico, realmente umano e intimamente “moderno”, che lotta costantemente contro un dolore travolgente e inevitabile.

Il pubblico percepisce ogni sfumatura di questa danza sottile tra rassegnazione e ossessione, applaudendo calorosamente; come ringraziamento, Drake e Bostridge intonano la folksong O Waly, Waly di Benjamin Britten, in cui la tematica e l’andamento cullante ben si collegano con l’ultimo Lied del ciclo schubertiano, quasi sottolineando quella spirituale filiazione che lega XIX e XX secolo.

Quando gli ascoltatori lasciano la sala, un pensiero li accompagna: il ventiseienne Schubert, già segnato dalla malattia, avrà forse tentato di sublimare il suo tremendo strazio in quest’opera? Grazie all’interpretazione di Bostridge e Drake, Die schöne Müllerin si rivela non solo il racconto di una morte autoinflitta, ma anche una confessione segreta di un artista che, attraverso la musica, tenta di dare forma al grido della propria anima.

Elisabetta Braga
(9 novembre 2024)

La locandina

Tenore Ian Bostridge
Pianoforte Julius Drake
Programma:
Franz Schubert 
Die schöne Müllerin D 795 Op. 25

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