Roma: un trionfale esordio di tournée per Santa Cecilia

Antonio Pappano seduto ad un pianoforte per spiegare Beethoven, Mendelssohn e Schumann: così è cominciato il concerto del 17 gennaio dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Dieci minuti per dire due parole sui brani in programma, una nuova iniziativa dell’Accademia che dimostra ancora una volta lo splendido rapporto tra il direttore e la città. Finito l’intervento ed entrata l’Orchestra, il concerto è iniziato con la poco conosciuta Ouverture dal König Stephan op. 117 di Beethoven. Poche battute sono bastate all’Orchestra per scaldarsi e la qualità dell’insieme ha fatto subito intendere il livello del concerto intero.

Pappano ha disegnato un’Ouverture la cui compatta energicità non si è negata alcuni momenti di innocente frivolezza (sì, persino nel tardo Beethoven!), mentre l’entrata sul palco di Janine Jansen ha segnato l’inizio di uno dei Concerti per violino di Mendelssohn più eccelsi mai sentiti dal vivo. Già accennavo su queste pagine all’evoluzione del violinismo della Jansen, che sta trovando una sintesi tra la spontaneità e l’istintività che le sono notoriamente congenite e la ricerca di un maggiore controllo sul materiale musicale. Maggiore controllo che si applica anche sulla tecnica: il suono della violinista è sempre stato caratterizzato da una ruvida trasparenza che lo rendeva leggero eppure aggressivo, intenso eppure aereo. Ora il suono della Jansen sta transitando verso una maggiore centratura, una nitidezza che porta con sé anche più morbidezza, senza per questo perdere la solidità e soprattutto la naturalezza espressiva che la rendono un’interprete così amata. E che la Jansen sia da anni un innegabile punto di riferimento per tutte le nuove generazioni lo dimostra la folla di giovani musicisti della JuniOrchestra in fila per fare una foto insieme durante l’intervallo. Dopo il Concerto di Mendelssohn, in cui il primo movimento rasentava davvero la perfezione per tenuta, chiarezza e spontaneità di fraseggio, Janine Jansen ha eseguito per bis la Loure dalla Terza Partita per violino solo di Johann Sebastian Bach, un autore che è sembrato quanto mai adatto dopo Mendelssohn. Applausi fragorosi per lei e per l’Orchestra dell’Accademia, veramente in splendida forma. Succede a volte, con tutte le orchestre, che nei concerti solistici la compagine presti meno attenzione, essendosi focalizzata per gran parte delle prove sul grande pezzo sinfonico. Questo non è stato il caso, sia per l’accortezza di Antonio Pappano (che si dimostra partner eccezionale per la violinista olandese), sia per una vera unità tra orchestra e solista. Unità aiutata dal costante dialogo di Janine Jansen con gli strumentisti, con quello spirito del solista-camerista à la Martha Argerich che la violinista incarna alla perfezione, ma anche dall’imminente tournée. Sono qui nel campo della speculazione, ma non è da escludersi che le date a Düsseldorf, Monaco, Stoccarda, Amburgo e Francoforte abbiano motivato l’orchestra a dare il meglio in una prova uniforme: un’ulteriore pregio del mandare le compagini in tour.

Questa motivazione si è sentita tutta nella seconda parte del concerto. La principale portata sinfonica della serata è stata la Prima Sinfonia di Schumann, la cosiddetta “Primavera”, affrontata magnificamente da orchestra e direttore. Nonostante qualche sporcizia nel corso del concerto, soprattutto nei soli a volte un po’ impacciati del primo oboe, l’Orchestra dell’Accademia ha davvero seguito magnificamente il gesto di Pappano, che è riuscito a conservare con l’usuale energia una sobrietà che favoriva l’unità dell’affresco sinfonico. Decisamente non un bozzettista, Pappano ha infatti rinunciato a sottolineare alcuni dettagli di orchestrazione o di fraseggio per favorire la lineare consequenzialità degli eventi. Cosa assai interessante, il risultato è stato di avvicinare il linguaggio sinfonico di Schumann al pianoforte da cui questa Sinfonia d’altronde scaturisce (si pensi alla citazione da Kreisleriana nel finale), un pianoforte senza dubbio sinfonico, come gli Studi op. 13, ma pur sempre un pianoforte. La Prima Sinfonia è così parsa certo meno sperimentale, ma ne ha beneficiato la logica strutturale che non si è mai persa in divagazioni, senza per questo rinunciare all’espressività e allo slancio così tipici dell’autore. Se n’è ben accorto il pubblico, che ha tributato a questo concerto lunghi e convinti applausi: il migliore augurio per una trionfale tournée in Germania.

Alessandro Tommasi
(17 gennaio 2020)

La locandina

Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Direttore Antonio Pappano
Violino Janine Jansen
Programma:
Ludwig van Beethoven
Re Stefano: Ouverture
Felix Mendelssohn
Concerto per violino
Robert Schumann
Sinfonia n. 1 “Primavera”

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