Roma: una favola senza tempo racconta il dramma dei nostri giorni

Un viaggio per mare, un viaggio della speranza, un viaggio all’interno della nostra coscienza, una favola senza tempo, l’allegoria di una tragedia contemporanea, un’opera innovativa che condensa il meglio della tradizione madrigalistica per innervarlo in una sperimentazione innovativa, pacata, padrona dei propri mezzi e della propria ambizione.

È tutto questo e molto altro L’ultimo viaggio di Sindbad, racconto musicale in sette quadri di Silvia Colasanti composto su un libretto di Fabrizio Senisi liberamente tratto da un testo teatrale di Erri De Luca del 2003.  La nuova composizione è andata in scena per la regia di Luca Micheletti al Teatro nazionale dal Teatro dell’Opera di Roma in collaborazione col Roma Europa Festival, confermando il successo dell’apertura del Costanzi ai compositori contemporanei.

Abbiamo visto uno spettacolo memorabile, lieve ma intenso, profondo e però melodioso, e soprattutto mai retorico, senza alcune indulgenze alle pressioni dell’attualità, e per questo ancora più prossimo al dramma che da decenni scorre davanti ai nostri occhi.  Come se la tragedia dei migranti che solcano il Mediterraneo in cerca di una vita migliore dettasse l’urgenza di quest’opera, ma ritraendosi davanti all’autonomia dell’arte e al suo primato, Silvia Colasanti compone una splendida partitura, smentendo la morte del melodramma nel teatro contemporaneo. L’opera infatti risulta non solo vita, ma in piena salute, pronta a captare temi contemporanei come  facevano i maestri dell’Ottocento,  per declinarli con temi sorprendenti,  ultra contemporanei ma leggibili, accessibili,  restituiti alla perfezione dal giovane direttore Enrico Pagano con un’attenzione particolare per le melodie, un’intensità studiatissima per le parti corali  e per quelle  solisti del flauti, dell’arpa, delle percussioni, dell’oud, dello chalumeau.

Quanto al libretto, Silvia Colasanti ha lavorato mano nella mano con Fabrizio Sinisi, curando con lui ogni singola sillaba del libretto. Il risultato di questa corrispondenza di intenti è un  opera in musica altamente poetica, affidata a una ventina di voci che raccontano il loro dramma, la loro vita, il  passato di violenza, miseria e memorie, mentre attraversano il mare a bordo di una nave, e si fanno l’eco della voce stessa del mare, ora in tempesta, ora traversato da una calma piatta, mentre l’attesa s’intreccia di continuo alla speranza, e l’illusione danza con la paura e con la morte .

Non era facile mettere in scena tanta varietà. Ma Luca Micheletti, che ha l’estro del poeta, l’agio del cantante e l’esperienza di un teatrante di lungo corso è riuscito nell’impresa con una costruzione semplice e efficace.

La fiancata di una nave vista di tre quarti a filo dall’acqua a poco a poco si dischiude illuminata dalle luci di Marco Giusti per rivelare il suo interno, la stiva, il sottocoperta, i migranti che salgono ad uno per uno per imbarcarsi col loro carico di disperazione –l’acqua sopra una spalla, il fagotto sull’altra, mantelli, camicia e libri di preghiera – e si consegnano ai trafficanti, Sindbad, lo scafista,  novello Caronte che traghettava  le ombre dei morti verso l’Ade, ma in cambio pretende il pagamento di un obolo.

Sullo sfondo dal ponte si intravvede lo squarcio di un  cielo traversato dalle nuvole e segnato da una mezza luna, simbolo dell’oriente e delle mille e una notte, che alimentano come una favola senza tempo sia la partitura sia la regia. Perché i naviganti di questo viaggio per mare vengono dall’Oriente, dai tropici, sono arabi, musulmani, anche ebrei che inneggiano al Signore come Mosè alla testa dei figli di Israele nell’esodo dall’Egitto.

Sindbad interpretato alla meraviglia da Roberto  Frontali, dapprima chiuso, freddo, ostile, poi via via sempre più caldo, vibrante    aperto al lirismo, accoglie controvoglia le due sorelle, la prima cieca vestita di veli bianchi firmati come tutti i costumi da Anna Biagiotti, e interpretata da una struggente Elisa Balbo, e la seconda sorella (Alice Rossi) che ammantata di una velo scuro le fa da guida prestandole la vista, quando costei evoca l’antica violenza, il dolore vissuto, i fucili spiantati dei soldati che la puniscono del  suo sguardo fiero, accecandola.

Tante storie si susseguono durante il viaggio per mare. C’è il disertore estratto a sorte che deve sacrificarsi per placare il mare, un ottimo Giorgio Misseri, c’è la donna incinta che partorisce una creatura nata morta, e assiste alla sua scomparsa nel mare, che accoglie il fantolino come una culla, prima di trasformarsi in una tomba per i migranti vittime del naufragio. “Il mare è una bocca che sanguina spine, un fuoco che brucia e non ha mai fine, il passato che brulica nero, un paese di lieti un gran cimitero”.

Lunghi applausi generosi, alla seconda replica al Teatro Nazionale, da parte del pubblico romano, nonostante la perplessità davanti alla sfilata finale dei naufraghi che vagano come ombre fra le poltrone della platea.

Marina Valensise
(16 ottobre 2024)

La locandina

Direttore Enrico Pagano
Regia Luca Micheletti
Scene Leila Fteita
Costumi Anna Biagiotti
Luci Marco Giusti
Coreografo per i movimenti mimici Fabrizio Angelini
Drammaturgo Benedetto Sicca
Personaggi e interpreti:
Sindbad Roberto Frontali
Nostromo Paolo Antognetti
Uomo della preghiera Roberto Abbondanza
Uomo del mare Vincenzo Capezzuto
Disertore Giorgio Misseri
La madre Daniela Cappiello
Prima sorella Elisa Balbo
Seconda sorella Alice Rossi
La Memoria Annunziata Vestri
I passeggero Valentina Gargano
II passeggero Maria Cristina Napoli
III passeggero Benedetta Marchesi
IV passeggero Eduardo Niave
V passeggero Nicola Straniero
VI passeggero Luigi Di Martino
VII passeggero Alessandro Della Morte
Oud Peppe Frana
Percussioni Lorenzo Brilli
Chalumeau Luciano Orologi
Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma
Scuola di Canto Corale del Teatro dell’Opera di Roma
Direttore del Gruppo Vocalist e della Scuola di Canto Corale  Alberto de  Sanctis

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