Rovigo: Rana e Spotti al cesello

Gli sguardi di Ravel sulla musica antica e su quella dell’altrove rispetto all’Europa erano al centro del concerto con il quale si è inaugurata la stagione sinfonica del Teatro Sociale di Rovigo, protagonisti l’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento diretta da Michele Spotti e la pianista Beatrice Rana. In apertura, la dolente ed elegante Pavane pour une enfante défunte portava nel contesto di una sorta di neoclassicismo “avant la lettre”, manifestazione cronologicamente anticipata di circa un decennio (nella versione orchestrale del 1910 – quella pianistica originale risale addirittura al 1899) della tendenza che avrebbe dominato la musica colta fino alla metà del XX secolo, “ritorno all’ordine” come lo definiva Cocteau dopo le esuberanze avanguardistiche degli Anni Dieci.

In realtà, dal punto di vista musicale si tratta di pura fiction, se così si può dire, nella quale il riferimento alla cinquecentesca danza di corte dall’andamento lento e rituale corrisponde per molti aspetti al dandismo intellettuale di un titolo inventato – secondo l’ammissione dello stesso musicista – per il gusto del gioco di parole in cui effettivamente consiste, al di là di ogni fascinazione descrittiva della musica. Causa, questo titolo, della tendenza a considerare un compianto funebre questo piccolo brano dalle seducenti campeggiature coloristiche, quando semmai la sua caratteristica più ammirevole è la morbidezza indubbiamente venata di patetico della melodia, e nella versione per orchestra la modernistica immediatezza dell’espressione garantita dalla magistrale strumentazione.

Seguiva il Concerto per pianoforte in Sol, uno dei punti alti – nel secolo scorso – dell’interazione, molto sognata e mai davvero realizzata fino in fondo, della musica colta con la ancora giovane esperienza del jazz americano e tutte le sue composite ed “esotiche” (agli orecchi europei) matrici. La tendenza era tipicamente francese: già nel 1922, con il balletto La création du monde, Darius Milhaud aveva dimostrato quanto il provocatorio sincretismo stilistico del cosiddetto Gruppo dei Sei potesse essere debitore (anche) nei confronti degli stilemi ritmici e armonici della musica africana-americana.

Il punto di non ritorno nella questione, naturalmente, è la Rapsodia in blu di Gershwin, eseguita per la prima volta nel febbraio del 1924: quattro anni più tardi, in occasione della tournée negli States di Ravel, il suo incontro con il musicista di Brooklyn, che nel frattempo ha scritto un vero e proprio Concerto per pianoforte e orchestra (1925) e sta per lanciare il poema sinfonico Un americano a Parigi (1928), ne è uno dei passaggi cruciali, al di là dell’aneddotica sullo scambio di battute fra i due.

In quel momento, il musicista francese sta già pensando a un Concerto con pianoforte, e al suo ritorno lo completerà compiendo un’operazione sofisticata, nella quale lo spirito jazz è “innestato” sulla forma classica di tradizione, con i suoi tre movimenti, i due svelti all’inizio e alla fine e quello lento al centro. Il risultato è una delle pagine più scopertamente moderniste di Ravel, capace qui di andare oltre la logica dell’alternanza e degli sviluppi tematici grazie all’adozione di un linguaggio armonico e ritmico sicuramente “contaminato”: bitonalità, trattamenti poliritmici, lo stesso gusto nella strumentazione provengono dall’invenzione gershwiniana e la superano, delineando una combinazione espressiva di affascinante ricchezza, all’insegna di una duttilità inventiva esemplare.

Beatrice Rana ha reso evidente la complessità e il fascino di questa partitura con una concentrazione e una profondità analitica che hanno sempre evitato il rischio dell’aridità tecnica grazie a una precisione adamantina e di grande forza, a una ricchezza coloristica multiforme, a un’impeccabile intesa con l’orchestra guidata con forte partecipazione da Michele Spotti. Orchestra della quale spesso la tastiera è elemento strumentale “inter pares”, oltre la logica solistica. La complessità ritmica è stata disegnata in chiaroscuro, le scelte dinamiche sono servite a delineare un contesto espressivo di fascinosa intensità poetica, sottolineata da tempi pensosi nelle parti lente, quasi elettrici in quelle rapide. Interpretazione sontuosamente novecentesca, se così si può dire, che introiettava il carattere jazzistico sempre presente nella partitura di Ravel con una musicalità che risultava al tempo stesso istintiva e controllata: il clou nella straordinaria apertura del movimento lento centrale, “Adagio assai”, una sorta di divagazione toccatistica per pianoforte solo che non sai se ritenere sogno o struggente meditazione nell’umbratile atmosfera disegnata da un’armonia sfuggente.

La seconda parte della serata è rimasta in ambito francese, retrocedendo cronologicamente poco dopo la metà dell’Ottocento, quando un diciassettenne Bizet scriveva – quasi come esercitazione personale – una Sinfonia in Do maggiore rimasta nei suoi cassetti e poi sconosciuta fino agli Anni Trenta del secolo successivo, quando è stata riesumata subito guadagnandosi una discreta popolarità non solo in Francia. Pare che il modello del futuro autore di Carmen sia stata una Sinfonia di Gounod, ma certo il ragazzo aveva qualche idea delle giovanili Sinfonie di Mendelssohn. La brillantezza ne è il contesto espressivo, la lucidità formale nel solco della tradizione, il presupposto: la pagina è accattivante, e l’orchestra Haydn – guidata da Spotti con gesto essenziale e di evidente funzionalità esecutiva – l’ha dipanata con suono rigoglioso, apprezzabile equilibrio fra le parti, bella evidenza per le sezioni dei fiati e degli ottoni (questi ultimi erano parsi meno precisi nel Concerto raveliano e nella Pavane), accattivante qualità negli archi.

Il concerto faceva parte della tournée in quattro serate con cui Beatrice Rana e Michele Spotti hanno iniziato la loro collaborazione con l’Orchestra Haydn (oltre che a Rovigo, a Milano, Bolzano e Trento). Il Teatro Sociale era al gran completo e le accoglienze per la solista, il direttore e l’orchestra sono state di grande calore; Beatrice Rana ha ringraziato cesellando con tocco sofisticato due “Romanze senza parole” di Mendelssohn.

Cesare Galla
(21 novembre 2024)

La locandina

Pianoforte Beatrice Rana
Direttore Michele Spotti
Orchestra Haydn di Bolzano e Trento
Programma:
Maurice Ravel
Pavane pour une infante défunte
Concerto in Sol Maggiore per pianoforte e orchestra
Georges Bizet
Sinfonia in Do Maggiore n.1

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