Rovigo: rinasce il Pigmalione ed è un successo
Tra i danni collaterali del bombardamento di Dresda nel febbraio del 1945 si annovera anche la partitura autografa del Pigmalione che Giovanni Alberto Ristori aveva composto per il Teatro Manfredini di Rovigo – all’epoca dependance di Venezia e caratterizzata da un ambiente accademico e musicale, oltre che economico, decisamente frizzante – nel 1714 chiamato dallo stesso conte Manfredini che lo aveva strappato alla Serenissima dopo il successo, l’anno precedente del suo Orlando Furioso dal quale Vivaldi ebbe ad attingere senza troppi complimenti.
L’autografo del Pigmalione fu portato da Ristori a Dresda nel corso delle sue peregrinazioni – tra il 1715 e il 1753, come compositore e direttore di compagnia che lo condussero successivamente in Polonia per poi rientrare nella capitale della Sassonia nel 1732 e fino alla sua morte – e lì rimase presumibilmente integro sino al 1945 quando le bombe angloamericane causarono danni luogo dov’era conservato tali per cui la partitura finì per bagnarsi completamente tanto che dalla metà circa del secondo atto e sino alla conclusione del terzo le pagine risultarono progressivamente dilavate tanto da renderne impossibile la lettura.
Le storie tristi hanno talvolta un finale lieto e quello della “rinascita” del Pigmalione ne è esempio chiarissimo.
L’opera di Ristori prende nuova vita attraverso il lavoro certosino di Bernardo Ticci che, saggiamente, opta per un’operazione di integrazione e non di ricostruzione, attingendo a tutti gli altri lavori di Ristori giunti sino a noi e scegliendo la musica di arie che si adattassero ai versi del libretto di Francesco Passarini – figura singolare di poeta itinerante che finisce per incrociare i suoi destini con quelli di Ristori proprio a Rovigo – sia metricamente che per quanto attiene alle atmosfere.
Sfida vinta grazie anche all’impulso che il Teatro Sociale di Rovigo e il suo giovanissimo direttore artistico – il ventiseienne Edoardo Bottacin – hanno impresso all’operazione, la quale per inciso meriterebbe di essere oggetto di riprese future.
Federico Bertolani – e con lui lo scenografo Matteo Corsi e la costumista Eleonora Nascimbeni, entrambi vincitori del 1° Concorso di scenografia Gabbris Ferrari – riporta in vita il Pigmalione calandolo nell’atmosfera della sua prima esecuzione durante la Fiera d’Autunno del 1714 e in concomitanza con la partenza del Podestà Girolamo Trevisan richiamato a Venezia e che dunque andava celebrato.
L’ambientazione boschereccia realizzata con quinte dipinte e mobilissime che richiamano, anticipandole di poco, le atmosfere dei quadri di Fragonard fa da cornice alle schermaglie delle ninfe, tutt’altro che sprovvedute, Isifile ed Eburnea che si contendono l’amore dello scultore Pigmalione per altro invaghito dalla statua che sta scolpendo.
Alla fine, con un trucco ben congegnato sarà Eburnea che, già forte del suo nome, si farà passare per la statua infusa di vita – come recita la fumosa profezia di Afrodite – conquistando lo scultore amato mentre Isifile si consolerà con l’antico amante Laurindo ed Elviro, amasio intrigante di Eburnea, resterà con un palmo di naso.
La narrazione procede leggera, quasi a passo di danza, con le fronde ad assecondare i movimenti dei personaggi, il tutto in un’atmosfera che fa della finzione teatrale esaltata al suo massimo grado il suo punto di forza.
Particolarmente azzeccato il Finale, con i protagonisti ad inchinarsi dando le spalle al pubblico in sala mentre le scenografie vanno rapidamente smontandosi: la compagna ha fretta di partire per esibirsi in nuove piazze e non c’è tempo da perdere.
Ottima anche l’idea di portare alla ribalta lo stesso Podestà – il bravo attore Giulio Canestrelli – innamorato della primadonna e protagonista di sapidi siparietti.
Federico Guglielmo – e con lui l’ensemble L’ Arte dell’Arco che suona su strumenti d’epoca – si conferma ancora una volta interpreti tra i più sensibili ed al contempo rigorosi del repertorio barocco. La sua direzione è lucidamente analitica ma sempre attenta a non perdere di vista l’elemento melodico che viene messo a servizio del canto senza tuttavia assumere posizione subalterna, rimanendo anzi interlocutore incalzante.
Ancora una volta maiuscola la prova di Roberto Loreggian, continuista di gran classe e arguto accompagnatore dei recitativi.
Bruno Taddia disegna un Pigmalione deliziosamente distaccato dalle vicende che gli accadono intorno, il tutto con un canto sempre convincente e una presenza scenica sempre ben calibrata.
A dare voce e corpo alle due ninfe pestifere sono Silvia Frigato, Eburnea dalla linea di canto luminosa, e Marina De Liso, Isifile caratterizzata da una consapevole vena di malinconia e detentrice della più bella tra le arie dell’opera, “Ricorda all’idol mio” la cui musica deriva dal Temistocle (I, 15).
Nicolò Balducci, controtenore soprano vincitore del Concorso “Cesti” di Innsbruck nel 2022, è un’autentica bestiolina da palcoscenico. Il suo Elviro è un capolavoro di canto e recitazione, il tutto con grande misura espressiva.
Bene anche l’altro controtenore in scena, ovvero l’esperto Antonio Giovannini capace di ravvivare il personaggio di Laurindo, invero quello che soffre di minor caratterizzazione da parte del libretto, con un fraseggiare sapiente.
Grande successo per tutti, con la speranza, come si diceva, che questo allestimento fortunato possa continuare a vivere in uno o più dei teatri di verdura e giardini storici, oltre che nella galassia dei teatri-bomboniera, che punteggiano la nostra Penisola.
Alessandro Cammarano
(30 novembre 2023)
La locandina
Direttore | Federico Guglielmo |
Regia | Federico Bertolani |
Assistente alla regia | Chiara Villa |
Scene | Matteo Corsi |
Costumi | Eleonora Nascimbeni |
Personaggi e interpreti: | |
Pigmalione | Bruno Taddia |
Eburnea | Silvia Frigato |
Isifile | Marina De Liso |
Laurindo | Antonio Giovannini |
Elviro | Nicolò Balducci |
Attore | Giulio Canestrelli |
L’Arte dell’Arco | |
Clavicembalo | Roberto Loreggian |
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