Siena: Shaham tra Bach e la musica nuova

Il 14 agosto del 1992 Gil Shaham aveva compiuto ventuno anni da qualche mese. Quel giorno face il suo debutto a Siena con un recital accompagnato al pianoforte da Gerhard Oppitz. In occasione di quel concerto Shaham fu insignito del prestigioso “Premio Internazionale Accademia Musicale Chigiana” che aveva visto tra i beneficiari Gidon Kremer, Anne Sophie Mutter, Shlomo Mintz, Frank Peter Zimmermann. Questo premio, come il violinista statunitense ha ricordato proprio in questa occasione, gli ha aperto le porte delle più prestigiose istituzioni musicali in Europa, dove al tempo era un musicista pressoché sconosciuto.

Shaham ritorna a Siena a vent’anni esatti dalla sua ultima apparizione con un programma per violino solo di grande interesse dove, a tre dei sei capolavori per violino solo di Johann Sebastian Bach, affianca tre brani di compositori americani viventi.

La Sonata per violino solo in la minore BWV 1003 apre il concerto con la sua suddivisione, tipica delle Sonate “da chiesa”, in quattro movimenti secondo la scansione lento-veloce-lento-veloce. I movimenti si succedono con molta naturalezza in un racconto che va dal Grave iniziale, quasi una toccata, attraverso una Fuga, una melodia accompagnata ad un finale con suggestivi effetti di eco. Alla seconda sonata segue la Partita per violino solo in re minore BWV 1004 mantenendo l’originale idea di Bach di organizzare questi sei capolavori in coppie: ad ogni Sonata corrisponde una Partita.

La Partita n.2, come le altre due, segue invece la forma della suite di danze. Shaham pensa questa composizione in un modo non comune. Volontariamente o meno, difficile stabilirlo, la maggior parte dei violinisti legge questa partita guardando già al quel monumento conclusivo che è la Ciaccona, spesso mettendo un po’ in ombra le danze precedenti. Il violinista statunitense invece riesce a creare un percorso verso il finale dando comunque pari dignità a tutti i movimenti ricordandoci come anche la meditativa Sarabanda sia uno degli apici spirituali della raccolta. La Ciaccona, giustamente, non ha bisogno di favoritismi essendo già di per sé una pietra angolare del repertorio violinistico da quando esiste lo strumento ai giorni nostri. Qui davvero la scrittura di Bach raggiunge le estreme conseguenze ottenendo da uno strumento prettamente melodico come il violino una scrittura polifonica di una complessità inaudita creando l’illusione di una tessitura a due, a tre e a volte a quattro voci accennata più che reale, chiedendo all’ascoltatore di completare idealmente le diverse voci e richiedendogli una concentrazione all’ascolto fuori dal comune. Le difficoltà esecutive e di ascolto vengono però ampiamente ricompensate dall’eccelsa fattura da un’ispirazione poetica assoluta. Shaham amplifica ulteriormente lo stupore che già ci avvolge di fronte a tanta maestria compositiva con un senso dell’architettura fuori dal comune: tornando per un attimo all’Allegro della Sonata n.2 ci sembra che dosegno le volte di una cattedrale gotica. Il nitore di un suono ben proiettato e ricco di armonici si accompagna meravigliosamente ad un fraseggio tanto naturale quanto autorevole, che ci convince quasi che la sua sia in qualche modo l’unica interpretazione possibile.

Dopo l’intervallo troviamo tre brani composti nel brevissimo arco di tempo compreso tra il 2015 ed il 2020. Il primo è “Isolation Rag” (2020) di Scott Wheeler. Il brano, dedicato a Shaham, è stato scritto durante uno dei lockdown che si sono susseguiti in questo periodo di pandemia. All’ascolto è chiara la funzione consolatoria per il pubblico, ma anche per l’esecutore. Fatto di giochi di attese presenta alcune citazioni di altri brani per violino di cui la più evidente e un frammento del Concerto per violino e orchestra op.64 di Felix Mendelssohn-Bartholdy. Tutto il materiale musicale asseconda il ritmo sincopato di ragtime, tra attese ed esitazioni. A seguire “Anger Management” (2015) di Max Raimi, compositore e violista della Chicago Symphony Orchestra. Originale per viola sola è uno studio brillante e ironico sui cliché virtuosistici che riguardano gli strumentisti ad arco. A concludere questa piccola silloge del ventunesimo secolo “When the violin” (2020) di Reena Esmail. La compositrice indo-statunitense cerca con il suo linguaggio una sintesi tra musica occidentale e musica tradizionale dell’India del nord. Gil Shaham introduce questi brani in inglese con grande chiarezza e recitando con grande comunicativa i versi del poeta persiano Hafiz su cui si basa la composizione della Esmail. Ogni ostacolo tecnico è risolto con grande facilità, ma non la facilità sommaria e superficiale del funambolo tecnicamente insuperabile, ma con quella del musicista che pensa dal punto di vista musicale ogni soluzione.

Il concerto termina tornando a Bach con l’unica Partita in maggiore che è la n.3 in mi maggiore BWV 1006. Con questo Bach più luminoso e aperto Shaham ci fa riflettere ancora un po’ sul suo Bach un po’ controcorrente rispetto ai più estremi portabandiera della prassi storicamente informata, ma che ha come detto l’irrinunciabile pregio di portare estrema chiarezza e discorsività in composizioni a tutti note ma sicuramente non di facile ascolto.

Dopo quasi due ore di concerto Shaham, asseconda volentieri le numerose richieste da parte del pubblico senese, concedendo come fuori programma la Gavotte en Rondeau della terza partita.

Luca Di Giulio
(13 gennaio 2023)

La locandina

Violino Gil Shaham
Programma:
Johann Sebastian Bach
Sonata n. 2 in la min. per violino BWV 1003
Partita n. 2 in re min. per violino BWV 1004
Scott Wheeler
Isolation Rag
Max Raimi
Violin Etude: Anger Management
Reena Esmail
When the Violin
Johann Sebastian Bach
Partita n. 3 in mi magg. per violino BWV 1006

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.